L’estate  (diciamo pure l’autunno) consentono al recensore recuperi sull’ascolto di cd,  libri, oltre a qualche ripresa di concerti e manifestazioni. Fra i libri particolarmente interessante  “Wild Tales” di Graham Nash pubblicato in Italia da Arcana. Il libro è scritto da uno dei più importanti protagonisti della storia del rock arrivato al successo prima in Inghilterra con gli Hollies, poi negli Stati Uniti con Crosby, Stills, Nash & Young. Appassionante la prima parte  nella  quale vengono raccontate le miserie e le speranze nell’Inghilterra del dopo guerra con il sogno della musica. Gli  incontri e l’amicizia con i grandi del beat inglese (Beatles, Rolling Stones, Eric Clapton etc) fino al primo leggendario show in mondovisione  (Our World, 25 giugno 1967)nel quale comparvero i Beatles dagli Abbey Road con lo studio zeppo di ospiti Nash incluso. L’arrivo in America, l’incontro con David Crosby, la nascita di una amicizia che dura da una vita. L’amore con Joni Mitchell che ne influenzerà composizioni, accordature per chitarra, stimolandone l’interesse  per la fotografia e la pittura. 



La lunga cavalcata con Crosby, Stills & Nash, la difficoltà di rapporti con Stills e Young, la vita a dir poco dissennata di David Crosby sprofondato nella dipendenza più estrema tanto da cedere chitarre ed edizioni musicali agli spacciatori; la sua rinascita a seguito del trapianto di fegato, la paternità di un nuovo figlio e la ricomparsa di James Raymond avuto in gioventù e cresciuto in un’altra famiglia con Il genio di Crosby che finalmente torna  a nuova vita. Tutto questo è raccontato nei particolari senza indulgenza. Criticabile il breve e misero accenno ai Beach Boys, praticamente ignorati in tutto il libro  e il tollerante approccio alla cocaina, sia per l’esperienza vissuta in prima persona, sia per la dir poco tragica esperienza di David Crosby. 



Oggi i due godono di buona salute e rimangono fra i nostri musicisti favoriti di tutti i tempi , ma ci sembra doveroso stigmatizzare la tollerante visione della droga da parte di Nash, quasi fosse uno degli strumenti indispensabili accanto a penna e chitarre per creare musica. Proprio questo atteggiamento ci lascia profondamente delusi, segno evidente che oltre agli anni che rincoglioniscono un po’ tutti, l’uso della droga  ha annebbiato le capacità critiche di un fior di musicista come Graham Nash che finisce per mitizzare la sostanza quasi fosse un normale ricostituente. Il libro si consiglia per chi volesse rivivere una grossa fetta della storia del rock che conta, raccontata con dovizia di particolari da uno dei protagonisti. Molto bello l’apparato iconografico con foto oramai entrate nella storia della foto rock. Sul fronte letterario musicale, segnaliamo il bell’esordio di Otil Farg con il racconto  “Aldilà dei sogni” (Youcanprint) che si muove con tratto elegante fra realtà ed immaginazione, oltre al libro “Accordi di vita” (Narcissus.me) di Luke Jazzato nel quale  vengono narrati incontri e concerti con tanti grandi della musica.



Molti concerti, alcuni saltati causa maltempo (Pat Metheny a Villa Manin), l’interessante festival Udin & Jazz svoltosi in Friuli   giunto alla ventiquattresima edizione nel quale abbiamo potuto apprezzare l’elegante Peter Erskine European Trio formato dal grande batterista americano, dalla bravissima  Carla Marcotulli al piano insieme al contrabbassista Palle Danielsson. 

Soporifera la serata del  Jack DeJohnette  Trio in prima europea insieme a Ravi Coltrane al sax  e Matt Garrison al basso elettrico. Chiusura dinamitarda  con The Crimson ProjeKCt. Un concerto importante di una band composta da  grandi talenti alcuni dei quali cooptati nella nuova visionaria formazione dei King Crimson (con ben tre batteristi) che sta spopolando nel tour americano. Udin & Jazz ha dedicato ampi spazi al jazz di casa nostra: di particolare interesse l’esibizione del Dario Carnovale Emersion Quartet. Con questo progetto il pianista di origine siciliana ha voluto rendere omaggio allo scomparso sassofonista Dewey Redman  al quale è dedicato il cd “Emerson”. Accanto a lui la ritmica composta dal Luca Colussi alla batteria e Simone Serafini al contrabbasso e, come coprotagonista, il sax incendiario di Francesco Bearzatti.  Bearzatti che abbiamo avuto occasione di ascoltare con il sestetto di Luigi Masciari e con la Zero Orchestra (interessante ensemble che con repertorio proprio accompagna film muti ) è un sassofonista friulano da anni residente in Francia dove è conosciutissimo proprio per la trasversalità del suo linguaggio che spazia dal jazz a Zappa a Hendrix. Il suo sassofono trattato elettronicamente attraverso distorsioni ed effetti quasi fosse una chitarra, acquista possibilità inaspettate andando a percorrere mille praterie  con una duttilità di linguaggio che gli ha fruttato  il grande successo d’oltralpe con il cd “Monk’n’Roll (Camjazz7859-2)  uscito come Francesco Bearzatti Tinissima 4et  (Francesco Bearzatti  sax, clarinetto, electronics e voci, Zeno De Rossi batteria, Danilo Gallo basso e Giovanni Falzone  tromba). Sedici i brani di Thelonious Monk, riarrangiati e a volte  (con)fusi con repertorio rock (Michael Jackson, Sting, Aerosmith, Pink Floyd, Led Zeppelin). 

Attentato ai mostri sacri del jazz? voglia di stupire? divulgare la conoscenza del jazz attraverso tutto questo? Anche. E’ lo stesso Bearzatti a chiarirlo “Attirato irresistibilmente dai processi rivoluzionari purché liberi, mutevoli e non rigidi”. Un album che ha sollevato un autentico polverone,  contestazioni e pareri contrastanti dei vecchi bacchettoni, ma che è stato premiato dal  pubblico francese con incredibili riscontri di vendita.

Altra bella conferma da Antonio Onorato che con il cd “Rainbow Warriors” (Wide Sound 203) si è ancora più avvicinato alla spiritualità degli indiani d’America, fondendo la melodia napoletana alle musiche dei nativi come nella suggestiva Into The Wind. Album nobilitato dalla presenza di ospiti come James Senese, Rosario Jermano e Toni Cercola insieme al suo storico quartetto  guidato da Mario De Paola alla batteria. Intensa l’attività live del chitarrista si è esibito in tutta Italia con differenti formazioni oltre al tour che lo ha visto protagonista in duo con la magica chitarra di Toninho Horta.

Album di gran classe “Spaces” (Alfa Music, AFMCD160) interamente composto ed arrangiato dal chitarrista siciliano Francesco Cataldo ad eccezione del brano Vito scritto da Salvatore Bonafede. Stellare la formazione che lo accompagna: Scott Colley al contrabbasso, Clarence Penn alla batteria, David Binney al sax, Salvatore Bonafede piano. Album interamente registrato e missato negli Studi Sear Sound a New York. Cataldo in questo nuovo lavoro ha focalizzato la sua attenzione  sulla composizione in modo da stimolare  il giusto interplay con musicisti di tale caratura. Il risultato è un cd di grande valore che oltre a confermare le capacità chitarriste di Cataldo, asciutto ed intrigante quanto basta, ne evidenzia la bravura di leader e compositore. Eccellente prestazione della band  ed in particolare del sassofonista David Binney che si inserisce alla perfezione nella musica del leader con un solismo calibrato e dalla forte e originale impronta melodica. Di gran classe l’apporto di Salvatore Bonafede al piano. Un album che conferma le grandissime capacità di certo jazz italiano capace di sorprendere con solidità, idee, senza ruffianerie di comodo. Fra le tredici tracce segnaliamo Ortigia, Spaces, Algerian Waltz.

Segnalo fra i miei ascolti “estivi” l’album “Ballad and rhythmic songs” a firma del batterista Stefano Cicconetti che alla guida del suo quintetto, propone repertorio originale ad eccezione di due standard, focalizzando l’attenzione sulle ballad e su brani che “sono caratterizzati da un forte aspetto ritmico istintivo e primordiale” quasi a voler ricreare climi e momenti di improvvisazione delle grandi orchestre jazz del passato.

Gran concerto di Bill Frisell in anteprima europea l’altra sera al Comunale di Cormòns, dove ha aperto il Jazz& Wine of Peace festival. Il chitarrista americano che insieme a John Scofield e Pat Metheny ha dato nuova linfa alla chitarra jazz (non a caso i tre devono molto al grande Mick Goodrick), in questa occasione ha presentato il suo progetto Guitar in The Space Age. Accompagnato da musicisti di estrazione non propriamente jazz  (Kenny Wollesen batteria, Tony Scherr basso e Greg Leisz chitarra e pedal steel guitar) ha deliziato il pubblico riproponendo fra gli altri classici dei Byrds, Beach Boys e Wes Montgomery. Un concerto per certi versi sorprendente che in alcuni momenti ci ha ricordato i mitici Grateful Dead, il tutto riproposto con gusto e grandissima classe da chi non ha mai nascosto il grande amore nei confronti del rock e del country.