Anche quest’anno la redazione e i collaboratori della pagina musicale del sussidiario.net si cimentano a identificare quali possano essere stati i dischi più interessanti usciti nel corso dell’anno e anche il concerto che è sembrato il più significativo nel corso di questi dodici mesi. Ci siamo limitati a cinque dischi per ogni redattore, consapevoli che in realtà ce ne sono molti di più che potevano finire in classifica, ma siccome siamo fedeli alla Bibbia del rock’n’roll, il verbo dettatoci da Nick Hornby nel suo libro capolavoro “Alta fedeltà”, abbiamo fatto una top five dei migliori. Ovvio no? La vita in fondo è una top five. Ogni giornalista ha poi dato la sua particolare visione dell’anno in musica che sta per finire. I lettori sono come sempre invitati a segnalarci i loro dischi preferiti. Le classifiche che seguono, cinque dischi per ognuno, sono stilate senza particolare ordine meritorio. Sono stati selezionati sia dischi nuovi che ristampe con canzoni inedite di dischi del passato, purché usciti nel 2014. Buona lettura, buon Natale e un 2015 ricco di bella musica.
Walter Muto
Diciamo che in questo 2014 non ho avuto il tempo necessario ad ascoltare tutta la musica che avrei voluto. Mi pare si stia divaricando sempre di più la forbice fra il mondo della musica fatta per esigenze televisive e commerciali (talent e altro) e una consistente ripresa delle radici da parte di gruppi e solisti giovani (naturalmente non nel nostro paese, ma a livello internazionale). In Italia il rap sembra essere l’unico genere a vendere, trattandosi tuttavia di una forma musicale primitiva. Il fenomeno degli youtuber sta spopolando specialmente fra i giovanissimi e cambiando ulteriormente le regole del gioco. Fra un po’ forse non avrà più senso nemmeno parlare di album. Anyway, le mie scelte pescano da quello che sono riuscito ad ascoltare e tritare per un tempo necessario ad enucleare un minimo giudizio. Quest’anno è così.
Damien Rice – My Favourite Faded Fantasy
David Crosby – Croz
U2 – Songs Of Innocence
Queen – Live at the Rainbow 1974
Fabi, Gazzè, Silvestri – Il padrone della festa
Concerti: Passenger, Milano, 24 ottobre
Paolo Vites
E’ paradossale lo stato in cui si trovano oggi gli appassionati di musica. Mai infatti come in questi ultimi anni si assiste a uscite discografiche così numerose e inarrestabili. I dischi arrivano da ovunque – soprattutto i link che invitano al download dato che il supporto fisico ormai sta diventando una cosa del passato. Da minuscole etichette con sede in Alaska o in Siberia, dalla stanza da letto di uno sconosciuto cantautore di Quarto Oggiaro, dal vostro vicino di casa. Siamo sommersi da una produzione musicale isterica e senza alcun controllo di qualità. Ecco allora che oggi la musica buona siamo costretti ad andarcela a cercare in modi avventurosi e a selezionarla col lanternino per non rimanerne sommersi. La folksinger italiana emigrata a Londra Emma Tricca ne è buon esempio, un segreto fino a oggi ben custodito che merita essere maggiormente conosciuto. L’irlandese Damien Rice invece si conferma come il più autorevole songwriter vivente, mentre il grande vecchio Leonard Cohen ci rassicura. La notizia buona è che escono sempre più prodotti che allargano lo squarcio di quella che fu la golden era del rock, gli anni 60 e i 70. Quest’anno in questo senso le proposte di lusso non sono mancate, Allman Brs Band e Bob Dylan su tutti.
Damien Rice, My Favourite Faded Fantasy
Allman Brothers Band, The 1971 Fillmore East Recordings
Bob Dylan and The Band, The Bootleg Series Vol. 11: The Basement Tapes (Complete)
Emma Tricca, Relic
Leonard Cohen, Popular Problems
Concerto: Counting Crows, Milano 23 novembre, Alcatraz
Luca Franceschini
Un’annata musicale ottima, in linea del resto con le due o tre appena trascorse. La conferma ulteriore che, nonostante l’inflazionarsi delle uscite e l’agonia sempre più irreversibile del disco come supporto fisico, di cose buone se ne pubblicano ancora un bel po’. Ed è soprattutto il nostro paese che quest’anno dev’essere contento: non mi era mai capitato di inserire quattro dischi italiani nella mia top list. Ci sono però certe cose che non cambieranno mai e che, al contrario, sembrano peggiorare: ai concerti, eccettuati quelli dei grandi nomi, c’è sempre meno gente, cosa che non fa che confermare il bassissimo livello di cultura musicale che c’è da noi. Praticamente, fuori da X Factor, e dal Festival di Sanremo non c’è modo di farsi conoscere. Da ultimo, lasciatemi dire che non se ne può più di assistere a concerti che iniziano sistematicamente dopo le 23, giorni feriali compresi. I gestori dei locali prendano nota: noi ci siamo completamente fracassati i cosiddetti…
Damien Rice – My Favourite Faded Fantasy
Abiku – La vita segreta
Edda – Stavolta come mi ammazzerai?
Paolo Benvegnù – Earth Hotel
Cheap Wine – Beggar Town
Concerto: The Notwist, 6 novembre, Parma Teatro Regio
Gabriele Gatto
Se si guardano le liste delle principali riviste musicali mondiali, la prima evidenza a saltare all’occhio è la frammentazione. Non esistono più quei dischi che mettono d’accordo tutti: viviamo in un’epoca di nicchie. Ciascuno ha la propria e ci vive dentro. In più, le uscite sono migliaia e diventa difficile ascoltare tutto ciò che esce in un anno. In tutto questo marasma, i grandi vecchi sono sempre più in ombra e, a parte Young che almeno prova sempre a rischiare, con risultati alterni, gli altri (U2, Springsteen, il tanto sbandierato ritorno dei Pink Floyd ecc.) paiono navigare a vista. Panorama desolante quindi? No, tutt’altro. I dischi belli sono tanti. Basta avere la pazienza di cercarli. Così, ecco le zampate di classe di Joe Henry e Lucinda Williams, la profondità di Damien Rice, i ritmi ipnotici dei War On Drugs, un Bollani sempre più maturo sul versante jazz, e poi sorprese come Ryley Walker, capace di toccare le stesse corde di Bert Jansch, John Martyn e Bruce Cockburn, e Blake Mills, capace di togliere la polvere alla scena “roots americana”, o ancora la freschezza dei New Mendicants, col loro mondo pop. Insomma, un altro anno di piccole canzoni, se vogliamo, ma abbastanza grandi da rendere la vita migliore.
Damien Rice – My favourite fantasy
Lucinda Williams – Where the spirit meets the bone
Joe Henry – Invisible hour
Stefano Bollani – Joy in spite of everything
The War on Drugs – Lost in the dreams
Concerto: a pari merito Neil Young (Barolo) e Counting Crows
Stefano di Palma
Il 2014 è stato segnato dal ritorno di alcuni nomi storici dell’hard’n’heavy, dall’affermarsi di un sound, decisamente aggressivo, dalle tinte gotiche, che vede il growl trionfare sull’acuto e il Death/Black su generi più orecchiabili: il maggior successo di Behemoth, Insomnium, Agalloch, Septicflesh, At The Gates, rispetto a quello di Edguy, Freedom Call o Gamma Ray ne è la dimostrazione. Tra le band rivelazione nomino gli australiani Ne Obliviscaris e i Menace che si sono ritagliati un posto tra i best metal album della stagione.
Judas Priest – Redeemer of Souls
AC/DC – Rock or Bust
Machine Head – Bloodstone & diamonds
Ronnie James Tribute – This is your life
Vader – Tibi et igni
Walter Gatti
Le cose più convincenti e affascinanti le ho trovate laddove c’è ancora amore incosciente e non calcolato per il suono, per la suite, per la contaminazione. Oppure per l’assoluta tradizione riletta, rimasticata, riportata ai fasti migliori. E quindi: in questo 2014 ci sono state cose nuove da dire, oppure modi nuovi di dire cose vecchie ma impossibili da tacere? Sì, ma lontano dai centri del business musicale, discografico, produttivo. Insomma l’annata conferma una redente intuizione proposta da un noto argentino: occorre sempre guardare alle periferie.
Railroad earth- Last of the Outlaws
Artisti Vari – All My Friends: Celebrating The Songs & Voice Of Gregg Allman
Walter Trout- The Blues Came Callin
The Gloaming – The gloaming
Stevie Nicks – 24 Karat Gold
Lorenzo Randazzo
In un anno caratterizzato dalle offerte propinate essenzialmente dai reality (il fenomeno Suor Cristina in particolare) e dalle roboanti trovate commerciali (U2 e Pink Floyd su tutti), non sono comunque mancate le proposte musicali di qualità. Sharon Van Etten ha confezionato un album di rara bellezza in cui canta della necessità del dolore. La collana bootleg series ci regala una preziosa rarità di Bob Dylan: tutta la sessione con The Band dei Basement Tapes registrati a Big Pink nel 1967. Mark Lanegan continua sul filone blues elettronico e i risultati sono davvero ai massimi livelli. I mostri sacri del rock Tom Petty, Neil Young (dopo il controverso A Letter Home si è riscattato alla grande con Storytone), John Mellencamp e la famiglia Cash (sia Johnny con gli inediti 1981-84 che la figlia Rosanne) ci consegnano dei lavori di pregevole fattura, mentre le giovani band americane Black Keys, OCMS, TBT e Turchi continuano a sorprendere.
Sharon Van Etten – Are we there
Bob Dylan and the Band – The Bootleg Series Vol. 11: The Basement Tapes (Complete – 6 cd)
Mark Lanegan Band – Phantom Radio (Deluxe including No Bells on Sunday)
Black Keys – Turn Blue
John Grant – John Grant with the BBC Philharmonic Orchestra: Live in Concert
- Concerto: Pearl Jam a San Siro
- Luigi Viva
L’annata musicale mostra anch’essa i segni della crisi, è infatti difficile trovare generi, artisti, movimenti musicali che possano far gridare alla novità. Per questo a volte ci vediamo costretti a “ripiegare” sui vecchi amori che ancora oggi fanno di tanto in tanto sentire la propria voce. Molti cd di buona qualità ben costruiti con grande mestiere piacevoli ma nulla di più. Qualche nome nuovo si affaccia alla ribalta mondiale con una citazione per gli Snarky Puppy, con il loro funk jazz; giovani e bravi che sul palco suonano ogni singola nota senza ricorrere a tecnologie. A Londra sold out alla Roundhouse di fronte ad un pubblico di giovanissimi. E’ un evidente segnale che molti giovani stanno riscoprendo la musica vera quella spontanea che viene da dentro e fa battere il tempo. Buon 2015.
Joni Mitchell – “LOVE HAS MANY FACES: A QUARTET, A BALLET, WAITING TO BE DANCED”
Snarky Puppy – WE LIKE IT HERE
David Crosby – CROZ
Doctor 3 – DOCTOR 3
Pat Metheny Unity Group- KIN
Concerto: Snarky Puppy, 17 novembre Londra, Ronnie Scott’s Club
Maria Chiara Sacchetti
Metto mano alla penna per parlare dei miei cinque dischi rappresentativi per il 2014. In realtà potrei mettervi in tutte e cinque le posizioni lo stesso disco, che non rappresenta per me solo il 2014 ma tutta una vita di musica da quando ho iniziato a dare i miei primi respiri, comincerò proprio da lui, dalla mia prima posizione: Vivavoce di Francesco De Gregori. Ero ancora piccola quando per la prima volta ascoltai “Niente da Capire” e rimasi affascinata dal suo modo di raccontare in nota quella che è la vita di tutti noi, chiunque ascoltando le sue parole poteva e doveva rispecchiarsi in quello che stava dicendo. Vivavoce è una raccolta di canzoni registrate in modalità quasi live, fuori dalla portata dei giovani cantautori che si cimentano in questa carriera, Il principe si è dimostrato nuovamente l’eroe della musica italiana pur rivisitando i suoi stessi brani.Vivavoce, non è solo il mio disco 2014, ma è il mio disco di sempre.
Secondo in classifica si prende un posto nel mio cuore, un brano, che non è datato 2014, ma io l’ho scoperto nel 2014, e non è un intero disco, ma un solo pezzo. Via delle storie infinite di Luca Barbarossa. Dovrei attenermi a ciò che mi è stato chiesto, ma sono dell’idea che non esistono dischi datati o etichettati, esiste l’anno in cui li scopri e te ne innamori, questo brano ha riscoperto una parte di me stessa che neanche io conoscevo, ha rivisitato i miei ricordi e le mie emozioni, ha fatto uscire il peggio ed il meglio di me, ha reso tante cose possibili e le ha lasciate li a prendere memoria di qualcosa che non so ancora bene cosa sia stato, ma senz’altro ha un posto importante nel mio cuore. Terzo in classifica ancora una volta un brano e non un disco uscito da Sanremo 2014, Il cielo è vuoto di Cristiano De Andrè, anche qui a giocare sono le emozioni, scritto da Dario Faini, ha una lettura coinvolgente, una musica perfetta degna di ogni ascolto ed emozione. Quarto in classifica “Amare non è mai uno sbaglio di Marika, un ep ricco di amore, di sociale e di reale coinvolgimento emotivo. Quinto ma non ultimo, Pene d’amore di Sergio Sironi, è quinta nella mia classifica perchè tratta un argomento diverso, quello della comicità. Sergio Sironi ha fatto centro nel mio cuore, con la sua musica e con la sua risata.
Francesco De Gregori – Vivavoce
Luca Barbarossa – Via delle storie infinite
Cristiano De André – Il cielo è vuoto
Marika – Amare non è mai un sbaglio
Sergio Sironi – Pene d’amore
Alessandro Berni
C’è sempre chi dice male o nel migliore dei casi gioca di snobismo sulla musica di oggi, per intenderci quella degli ultimi tre lustri. Spesso anche il sottoscritto. A settembre si pensa di non poter riempire neppure cinque posizioni di una ideale graduatoria delle cose migliori dell’anno. A ottobre succede qualcosa di strano. Dischi di rilievo in sequenza tale da farti accarezzare l’idea di avere già in mano la shortlist delle cose migliori, poi la segnalazione di un amico e scopri nella rinnovata epopea folk-psych-jam dei Railroad Earth di “Last of the Outlaws” il tesoro misconosciuto del 2014, mentre con il long lost Damien Rice cominci
A rimpiangere di non poter avere quindici posizioni da riempire. Dal canto loro i Novecento facevano già parte delle splendide conferme della prima parte dell’anno così come la vena visionaria e maliarda di Nicole Atkins e, in quest’ultimo scorcio di stagione, della carismatica Alice. Dulcis in fundo un Alberto Fortis in stato di grazia come nei suoi forcing rock-cantautorali dei tempi d’oro. E ci sarebbe anche da dire su ciò che non figura nei cinque e che tuttavia si segnala per altra via (canzoni particolarmente significative nel raccontare il mondo d’oggi) come Amelie, Suzanne Vega, Imogen Heap o la sorprendente sortita del duo
Bevilacqua/Aria su cui si avrà modo di tornare ben presto. Insomma, siccome non è mai troppo tardi per aver voglia di scoprire cose nuove e belle e considerato i mezzi che consentono una
Rapida e agevolata fruizione ormai si sprecano, non perdete altro tempo e preparatevi il vostro buon ascolto quotidiano.
Railroad Earth – Last of the Outlaws
Alberto Fortis – Do l’Anima
Nicole Atkins – Slow Phaser
Alice – Weekend
Novecento – A New Day
Concerto
Aldo Tagliapietra – Celebration Tour Magenta 10 ottobre 2014 ex aequo con Nicole Atkins – Biko Club Milano 8 ottobre 2014.
Raffaele Concollato
Ripensando a tutto quello che è passato per le cuffie nel 2014 e riguardando la classifica che avevo abbozzato a giugno non molto è cambiato da sei mesi a questa parte. Giusto le posizioni di testa (per quello che contano) nella mia personalissima top 5.Benché Edda, News for lulu e Non voglio che Clara abbiano fatto uscire dei lavori di alto livello nessun italiano è riuscito a sfiorare il quinto posto. Purtroppo per loro St. Vincent che dopo l’esperienza con David Byrne ha raggiunto una statura compositivo che a stento, ne sono sicuro, riuscirà a contenere nel prossimo lavoro, i Cloud Nothings hanno ridato statura e vitalità al rock più furioso come da anni non si vedeva mentre Damon Albarn è riuscito a staccarsi dai suoi mille progetti(Blur inclusi) e relizzare qualcosa di veramente personale e appassionato. La coppia di testa, diametralmente opposta e protagonista di un litigio a distanza, fatto di insulti e prese in giro a tratti veramente divertenti, è autrice di due lavori maiuscoli: l’uno pregno di rock epico e indolente (War on drugs) e un magistrale e cesellato cantautorato (Mark Kozelek aka Sun Kill Moon) direttamente dal profondo dell’anima, l’altro e si sa l’anima vince sempre, anche live.Per il 2015 si prospettano molte uscite nei primi quattro mesi, staremo a vedere (sentire) se il livello riuscirà a mantenersi così alto, almeno in testa.
Sun Kil Moon – Benji
The war on drugs – Lost in the dream
Damon Albarn – Everyday Robots
Cloud nothings – Here and Nowhere Else
St. Vincent – St Vincent
Concerto: Mark Kozelek – Biko, Milano