Se n’è andato anche Joe Cocker. Uno alla volta se ne vanno tutti. Uno alla volta ce ne andiamo tutti. Per chi è innamorato di musica perdere un cantante di quelli che ti hanno accompagnato negli anni dell’adolescenza è un po’ come perdere uno di famiglia. Ci sei cresciuto insieme, c’hai trascorso ore pensando a quella ragazza che non ne voleva sapere di te o chiedendoti cosa veramente il cuore tuo desiderasse. Cocker per me è stato il primo grande ponte verso l’infinito. Mentre lui viveva la sua giovane vita disordinata, spericolata e disastrata,  io cominciavo a guardare la mia, trafitto dall’intensità del suo cantare, ferito dal suo grido viscerale. Un grido del cuore, probabilmente inconsapevole, eppure appassionato e struggente. Cocker, ex operaio del gas di Sheffield, era improvvisamente diventato qualcuno trasformando la bellissima “With a little help from my friends” dei Beatles in un tempesta rock. Woodstock l’aveva portato ai vertici della musica internazionale. La sua parabola però era stata breve come per tante stelle (cadenti) di quegli anni. Troppe droghe, troppo alcol, troppa confusione, troppo di tutto eccetto di quel che vale davvero. Eppure Joe, a differenza di tanti altri, era sopravvissuto. Rimasto senza contratti discografici, perso nel marasma di un mondo che continuava a cambiare, “piallato” da innumerevoli tentativi di omologarlo così da renderlo ancora vendibile, Cocker ha miracolosamente continuato a percorrere le strade di mezzo mondo. Fino all’incontro con Pam, la donna incontrata e sposata nel 1987. La donna che in questi anni l’ha tenuto a galla.



Non l’ho mai incontrato. Da chi lo ha conosciuto di persona ho sempre sentito parlare di una grande, semplice ed umile bravura che si rifletteva in una umanità schietta e piena di tenerezza.

Ho sempre sognato di poterci parlare. Ho sempre sognato di potergli dire che quel suo grido mi ha spalancato la porta al desiderio di una Bellezza con la B maiuscola. Lo so, magari per tanti, cresciuti in altri tempi ed altri luoghi questo è avvenuto con personaggi come Dante, Leopardi, Beethoven… Beh, per me il primo a forzare la serratura del mio cuore serrato è stato lui, il vecchio Joe. E gliene sarò sempre grato. Avrei voluto capire se lui stesso avesse mai capito davvero, fino in fondo che cosa significasse quel suo grido.



Adesso lo sa di sicuro.

Merry Christmas old Joe.

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