La storia si intreccia con le storie. La musica s’attacca come l’edera alla storia umana. Le vicende umane diventano un incredibile mistero facendo trasparire la loro parte di tradizione vivente. Questo accade sempre o spesso. Questo accade di certo intorno al Natale, momento di riconosciuta misteriosità incarnata. Questo è accaduto realmente nell’approssimarsi del Natale del dicembre 1914, così come raccontato in un ormai celebre film di Cristian Carion, quando truppe tedesche e britanniche diedero vita ad una informale tregua nel territorio belga di Ypres-Saint-Yvon.



La storia racconta qualcosa di imprevedibile: le truppe tedesche addobbarono in un qualche modo le loro trincee intonando un canto natalizio. Le truppe inglesi risposero con lo stesso canto, nella loro propria lingua. Il canto era Stille Nacht per i germanici, e Silent Night per i soldati della corona britannica. Un unico canto che sembrava sovrastare l’idiozia sanguinosa della prima guerra mondiale. Un unico canto in due lingue: era il 1914. La storia di quella canzone era cominciata circa 100 anni prima, ad Oberndorf, in Austria.



Nel 1816 Joseph Mohr aveva poco più di 22 anni. Era un giovane sacerdote dal temperamento piuttosto… turbolento. Appena ordinato prete, Joseph nel giro di tre anni aveva già cambiato cinque parrocchie. Amava il canto e la chitarra e si portava appresso il testo di una canzone da lui scritta che diceva:

Stille Nacht,
heilige Nacht,
Alles schläft
einsam wacht
Nur das traute
hochheilige Paar

Ma quella era ancora una canzone monca, senza musica. Ad Oberndorf, padre Mohr trovò Franz Xaver Gruber, musicista e maestro di cappella di poco più anziano, che su precisa richiesta mise su spartito quelle parole: durante la messa della notte di Natale del 1818 fu eseguita per la prima volta Stille Nacht, per coro e chitarra. Da quel momento il canto iniziò a diffondersi di paese in paese, di nazione in nazione, invadendo tutta l’Europa di lingua tedesca e presto travalicando i confini linguistici.



Durante il 1839 un quartetto vocale austriaco, la Rainer Family, portò Stille Nacht oltreoceano, cantandola in alcune esibizioni sulla East Coast americana. Pochi anni dopo, siamo nel 1863, padre John Freeman Young (pastore attivo in Florida) pubblica la prima traduzione inglese della canzone, divenuta Silent Night:

Silent night, Holy night,
Shepherds quake, at the sight,
Glories stream from heaven afar,
Heavenly, hosts sing Hallelujah,
Christ the Savior is born,
Christ the Savior is born

 

Quando le truppe fraternizzano, nell’inverno del 1914, le strade tortuose e insospettabili di quella canzone nata tra i boschi austriaci, si ricongiungono. Ma non si creda che la storia finisca qui.

In realtà poco dopo padre Young c’è un altro nome da mettere in agenda: è quello di Federico Fliedner, teologo e poeta di origine tedesca, che nel 1871 traduce in spagnolo e riarrangia la canzone, titolandola Noche de Paz:

 

Noche de paz, noche de amor,
Todo duerme alrededor,
entre los astros que, esparcen su luz,
viene anunciando al niño Jesús,
Brilla la estrella de paz.

 

Molto più tardi, negli anni 50, arriva la versione francese Douce nuit, sainte nuit pubblicata alla fine del decennio da due musicisti, Robert Reyon Marcel Combre:

 

Tranquille nuit, sainte nuit,
Profond sommeil, il est Minuit
Le saint couple, seul, est en éveil
Doux bambin aux beaux cheveux vermeils
Dans le silence du ciel, dore,
dans le silence, dors.

 

E l’Italia? Da noi è stato un sacerdote bergamasco, Angelo Meli, ad aver avuto il dono e la fortuna di dar vita ad Astro del ciel, che è la “nostra” versione del canto di Mohr. Era il 1937 e il prete di Trescore (organista, esperto di esegesi e più tardi rettore del seminario di Bergamo) si prese la briga di tradurre il canto dal tedesco. L’operazione gli riuscì così bene che le edizioni Carrara (a quei tempi tra le più importanti per la musica organistica) pubblicarono lo spartito in tempi brevissimi.

 

Astro del Ciel, pargol divin,
Mite agnello, Redentor,
Tu che i Vati da lungi sognâr,
Tu che angeliche voci nunziâr,
Luce dona alle menti,
Pace infondi nei cuor.

 

Oggi i manuali di storia della musica attribuiscono a Stille Nacht oltre 220 traduzioni, tra cui quellain lingua Swahili (Usiku Mtakatifu), cheyenne (Pavetaa’eva nehe’xoveva), maori (Marie te po, tapu te po) e zulu (Busuku obuhle). Ma ci sono anche traduzioni cinesi, arabe, turche, giapponesi, islandesi, a dimostrazione della diffusione senza eguali del semplice canto di un sacerdote ventenne. Difficile trovare un simile radicamento melodico sulla faccia della terra, una simile appropriazione linguistica, segno della necessità di “far proprio” un valore riconoscibile. Il tutto per una canzone bella e semplicissima che, per miracolo e per follia, ha fermato la guerra per alcune notti in quella “terra di nessuno”, perché stava arrivando il Natale e bisognava fare qualcosa per ricordare che “Christ the savior is born”.