In numerose famiglie si segue la prassi di alcuni ambienti americani di scambiare i regali la notte del 31 dicembre. Oppure quella romana di farlo nella notte tre il 5 ed il 6 gennaio in occasione dell’Epifania. Qualche snob aspetta il Capodanno cinese che quest’anno è il 19 febbraio. Dietro lo snobismo – attenzione- si cela sovente un modo raffinato per ‘riciclare’ doni avuti a Natale, a Capodanno o per l’Epifania e di cui non si sa cosa fare. In breve, c’è ancora tempo per scegliere doni.
Per chi vuole qualcosa a buon prezzo (20 euro) ma davvero prezioso consiglio il volume con CD allegato, appena edito da Zecchini Editore: Andrea Gabrielli Cessate Cantus curato da Giuseppe Clericetti e con una postfazione di Carla Moreni, docente al Conservatorio di Brescia, critico musicale de Il Sole – 24 Ore e Vice Presidente dell’Associazione Nazionali Critici Musicali.
Chi è stato Andrea Gabrielli? Nacque a Venezia intorno al 1533 (e non nel 1510 o nel 1520 come viene indicato nella maggior parte dei repertori biografici): l’anno di nascita, infatti, può essere stabilito con buona approssimazione in base al necrologio dei provveditori alla Sanità che attesta il decesso di Gabrieli nel 1585 all’età “d’anni 52 incirca” (documento pubblicato da Bryant – Morell, pp. 69 s.).
Più conosciuto come Andrea da Cannaregio, è probabile fosse nato nell’omonimo sestiere di Venezia. Non molto si conosce sulla famiglia del Gabrieli: che fosse figlio di un certo Domenico lo si apprende da un atto notarile conservato nell’Archivio di Stato di Venezia, ove egli stesso si qualifica “Andreas de Gabrielibus quondam Domini Dominici” (ibid.); quanto alle presunte origini aristocratiche, queste non troverebbero alcun riscontro nei documenti del tempo; è più probabile del resto che il suo nome fosse legato a quei Gabrieli, residenti nel sestiere di Cannaregio e che alcuni riferimenti coevi collocherebbero tutt’al più negli ambienti degli artigiani.
Fu attivo presso il Duomo di Verona attorno al 1550 al 1564. Successivamente, lavorò per la Basilica di San Marco a Venezia. Ha lasciato numerosi componimenti di musica sacra (mottetti, salmi, messe un Gloria a 16 voci e altro) e profana (quasi 250 madrigali). Tra i suoi componimenti strumentali vanno ricordate le toccate organistich, le canzoni, i ricercari e la musica d’insieme. Ebbe tra i suoi allievi il nipote Giovanni Gabrieli e Hans Leo Hassler.
Tutto può far pensare ad un testo pedante per pochi musicologi. Il volume, che contiene il suo epistolario dal 1557-1585, ci presenta invece uno spaccato insolito delle Venezia del Cinquecento. Il manoscritto torna alla luce dopo quattro secoli non tratta solamente o principalmente di musica ma – in uno stile terso che, sottolinea acutamente Carla Moreni, ricorda Italo Calvino. Include di tutto: da dottrine eretiche a rimedi contro la calvizie, da considerazioni di prassi esecutiva a trasporti ed abbandoni dedicati ad una misteriosa amante. Il curatore Giuseppe Clericetti afferma che Gabrieli è un virtuoso del plagio dato che le sue scorribande in tanti campi differenti potrebbe essere frutto non del suo sacco ma di riscrittura. Forse dimentichiamo che nella Venezia del Cinquecento le persone ‘colte’ erano realmente tali: leggevano al lume di candela e non venivano inebetite da eccesso di talk show.