Facebook è davvero un mezzo straordinario, al di là delle tante polemiche sull’abuso della privacy (ma davvero si può parlare di abuso di privacy quando un sito è interamente gratuito, l’iscrizione volontaria e nessuno obbliga a metterci sopra le voto dei vostri bambini di 2 anni?) o dello sfruttamento a fini pubblicitari ed economici delle informazioni – liberamente – condivise. E’ un mezzo straordinario perché l’altissimo numero dei partecipanti permette di avere in pochi minuti il polso della situazione qualunque avvenimento accada: i commenti più disparati, spesso anche stupidi, sono lo specchio dell’umanità e li troviamo su Facebook. Anche quella parte di umanità piuttosto stupida.
La tragica morte di Mango, accaduta ieri sera mentre era sul palcoscenico a concludere un concerto, è stata ovviamente filmata come accade oramai a ogni concerto. Gli spettatori stavano semplicemente filmando l’esecuzione dell’ultimo brano in scaletta del cantante, il suo più popolare e amato, “Oro”. Improvvisamente la tragedia, e chi stava filmando non si è fermato: ecco che la canzone si è trasformata nella colonna sonora del video della morte di Mango in diretta.
I commenti su Facebook alla diffusione di questo video sono generalmente scandalizzati: chi li pubblica riprendendoli da Youtube dove sono stati caricati, viene definito uno sciacallo nel migliore dei casi. Si chiede di fermarne la diffusione. Si accusano i vari media che li stanno riprendendo in queste ore di non avere alcun senso dell’etica, di fare giornalismo spazzatura.
Nessuno ovviamente vuole vedere la morte in diretta di nessuno. Ma quello che è accaduto ieri sera al concerto di Mango non era previsto, semplicemente è accaduto. Nessuno giustamente vuole o dovrebbe pubblicare video di morti cruenti, sanguinarie, che incitano o esaltano la violenza senza senso, pensiamo agli ostaggi decapitati in Medio Oriente, o pensiamo a morti come quelle negli incidenti stradali.
La morte di Mango – ripetiamo: accaduta improvvisamente durante un momento di festa – ha invece una dignità straordinaria. Nessuno è comunque obbligato a vedere quel video, ma siamo onesti: se domani Mick Jagger morisse su di un palcoscenico tutti vorrebbero vedere quel video. Se esistesse un video di Mark Chapman che spara a John Lennon, lo avremmo tutti visto milioni di volte. Mango però non era una celebrità come queste, e dandoci questo alibi scateniamo allora un moralismo un po’ peloso, nell’epoca di Internet e della diffusione di qualunque minima corbelleria a gettito continuo. Il giornalismo ha perso ogni etica? Certamente, da decenni, e lo sa chiunque. Lo hanno perso anche gli utenti di facebook però, con certi post al limite dell’idiozia quotidiana.
Nella morte di Mango sul palco c’è invece una dimensione epica, quasi shakesperiana, eroica. Ci sono in giro due video: in uno di questi per le cattive immagini del telefonino, Mango seduto al pianoforte è indistinguibile mentre comincia a cantare “Oro”. E’ completamente avvolto dalle luci. Sembra già una immagine profetica di quello che sta per accadere, luci di un al di là e di un altrove che lo hanno preso con loro. E’ già quasi un angelo. Poi sbaglia qualche nota al pianoforte, si ferma, alza un braccio e chiede semplicemente scusa. “Scusatemi” dice soltanto, e piega il corpo verso la tastiera.
Un musicista sta dando l’addio al suo pubblico, non per la fine del concerto, ma per la fine della sua vita. E’ dolorosissimo, col senno di poi, ma è anche di una potenza che supera la morte stessa. Mango amava il suo lavoro e la sua musica. Qualunque musicista, se capitasse di chiederglielo, vi dirà che se deve morire, vorrebbe morire su un palcoscenico. Ne sono morti tanti in questo modo: Miriam Makeba, Mark Sandman dei Morphine, il sassofonista di Elio e le storie tese, Feiez. Gente che ha dato via fino all’ultimo istante della sua vita per quello che amavano di più, la musica. Allora il video di Mango è sì terribile, come è terribile la morte nel suo entrare nella vita senza chiedere permesso a nessuno, né all’artista né al pubblico pagante, ma ci viene da dire che invece di proibirne la visione andrebbe piuttosto visto. Nessuno ne è obbligato, lo abbiamo già detto, ma non c’è niente di cruento in questo video o di disumano, anzi, è una celebrazione della dignità dell’uomo. E’ drammatico, perché la vita è dramma. Perché quello che sostanzialmente non vogliamo vedere è la morte. La morte ci terrorizza o, forse ancora di più oggigiorno, ci infastidisce. Rompe le nostre regole di buon vivere e buon moralismo: come ci si permette a morire su di un palco? Un tempo si portavano i bambini piccoli a vedere i propri cari morti, oggi li si tiene nascosti davanti alla morte. La morte dà fastidio, ma è parte della vita. Ci rifugiamo in mille scuse per tenercene lontani: un freddo comunicato che avverte l’avvenuta scomparsa di una persona è sufficiente. Così non ci si pensa più. La morte di Mango è stata invece un sacrificio che andrebbe ricordato. In nome della bellezza della vita. E’ morto a pochi chilometri da dove era nato, nella sua regione, la Basilicata. Viene da pensare che in vista del Natale Mango abbia voluto tornare a casa, per concludere il suo viaggio. E lì, a casa, tra la sua gente, ha salutato e detto addio: “scusate”, alzando il braccio.