La casetta di campagna del Principe Nikolaus Esterhazy sorge in Ungheria, a Fertod.

Voluta dallo stesso principe nel 1760, forse per tener fede al suo appellativo (“il magnifico”), imita per bellezza e grandiosità addirittura lo stile del palazzo di Versailles e comprende 126 stanze, ampi saloni, ettari di parco, un teatro per l’orchestra di corte…



Ma nonostante questi spazi spettacolari, nel palazzo di Esterhaza proprio non si era trovato posto per le famiglie dei musicisti, le quali, durante il periodo estivo, dovevano rimanere presso la residenza invernale di Eisentad (distante una sessantina di km da Vienna).

Oltretutto il Principe mal sopportava le urla dei marmocchi e le chiacchiere delle mogli e pretendeva che le attenzioni della sua orchestra fossero tutte per sé.



Anche in quell’estate del 1772 quindi solo i quattro musicisti più importanti ebbero il permesso di invitare i propri cari.

Tra questi fortunati vi era Franz Joseph Haydn, trentottenne stimato compositore di corte, il quale preferì comunque non abusare della munificenza del principe…

In realtà lavorava molto meglio da solo ed aveva un rapporto a dir poco conflittuale con la moglie Maria Anna.

Quell’anno il periodo di vacanza ad Esterhaza però si protraeva più del solito. 

Gli orchestrali e i cantanti cominciavano ad esserne esasperati; la nostalgia per le famiglie lontane diventava un tormento, bisognava assolutamente agire per porre rimedio alla situazione . 



Haydn si sentiva responsabile. Era sempre stato molto protettivo nei confronti dei “suoi” musicisti, lo chiamavano “papà Haydn” proprio per questo suo atteggiamento paterno.

Spesso interveniva personalmente per dirimere attriti e dispute, ed intercedeva volentieri difendendoli anche davanti al Principe. 

Ora il malcontento era palpabile, ma era evidente che non si poteva mancare di rispetto a Nikolaus con richieste troppo esplicite.

Cosa fare dunque?

Anche questa volta ci pensò papà Haydn: compose una sinfonia così particolare e sorprendente, dalla struttura così singolare, dalla tonalità d’impianto (fa diesis minore) così inusuale, che agli orecchi colti ed attenti del principe non sarebbe certo passata inosservata.

Dopo un primo movimento energico e drammatico (nello stile sturm und drangdell’epoca), si apre unAdagiocantabile in cui i violini con sordina alternano frasi distese, ora serene ora più malinconiche, a “singhiozzi”ottenuti da appoggiature su crome puntate.

Ma le vere stranezze iniziano con il Minuetto: la tonalità decisamente ostica di fa diesis maggiore possiamo immaginare abbia provocato un’intonazione poco sicura, dando un’impressione di disagio.  Inoltre per l’occasione si dovettero costruire appositamente delle ritorte ad hoc per i corni che altrimenti non avrebbero potuto suonare le note nella tonalità di fa diesis maggiore.

A questo proposito sembra proprio che la melodia principale, appunto affidata ai corni, citi l’incipit gregoriano delle Lamentazioni di Geremia: un altro messaggio di sofferenza recapitato all’attento Principe?

Ma se non fosse stato ancora palese il “grido di dolore” dell’orchestra, ecco arrivare uno dei più sorprendenti movimenti della storia della sinfonia.

Quando il Finale, veloce, intenso, ritmico, sembra condurre al termine della composizione, accade l’impensabile: dopo un accordo di dominante inizia un Adagio in 3 ottavi in cui gli strumentisti, ad uno ad uno, cominciando dai fiati, letteralmente si congedano suonando un piccolo soloe poi andandosene dopo aver spento la candela del leggio.

La scena e le sonorità si svuotano pian piano finché restano soltanto due violini (quella sera il primo violino Luigi Tomasini e lo stesso Haydn) quasi al buio e con sordina, che così accompagnano questa sinfonia a spegnersi assieme alla luce delle candele.

L’arguto Principe recepisce la richiesta, piacevolmente colpito dall’inventiva del suo Kappelmaister, e ordina l’immediato rientro a casa.

La Sinfonia degli addii aveva raggiunto lo scopo. Anche una vertenza sindacale, in mano ad un genio, può diventare un capolavoro.