“Sentirsi tristi, ma proprio tristi tristi, tanto da chiedervi il senso della vita: a mio padre capitava spesso”. Margherita è la figlia di Roberto Freak Antoni, il leader degli Skiantos, il gruppo – a torto o a ragione – definito di “rock demenziale”, scomparso nei giorni scorsi. Quando Margherita finisce di parlare, di dire la sua orazione funebre ai funerali del padre, qualcuno alza un cartello con la scritta ovazione, in quello stile che sarebbe piaciuto al padre scomparso.



Chi sia stato veramente Freak Antoni è difficile dirlo, ma a questo punto non conta più. Figlio di una stagione particolarissima della storia italiana, quella che vide negli indiani metropolitani alla fine degli anni 70 porre domande implacabili a cui nessuno seppe rispondere, mentre la rivoluzione del movimento studentesco finiva inghiottita negli anni di piombo, dello spirito di quella stagione fu l’interprete migliore. Fece sua la cinica ironia di chi aveva perso tutto: le speranze, le utopie, le ideologie dei fratelli maggiori e si trovava a guardare i carri armati nelle strade di Bologna, mentre – eresia – questi perdenti fischiavano e insultavano i leader sindacali, i leader intoccabili dell’ideologia che li aveva traditi per primi. Chi c’era, ricorda quella stagione come un ultimo grido alzato al cielo: vogliamo il mondo e lo vogliamo adesso. Un grido disatteso.



Musicalmente, Freak Antoni portò in Italia una ventata di freschezza eccitante, cogliendo lo spirito dell’anarchia punk che esplodeva a Londra prima di ogni altro, abbattendo i monoliti dei cantautori che avevano dettato legge, anche ideologica, fino ad allora. Qualcuno ha detto, sbagliando, che inventò il rock demenziale, cioè la pazzia come via di fuga. Gli Skiantos erano ben altro: due accordi rock e il potere della parola, come diceva Patti Smith. In quel senso furono dei rivoluzionari autentici. 

L’ultimo loro disco, uscito nel 2009, aveva un titolo che adesso ha preso tutto un altro significato, non a caso Margherita lo ha citato nel suo discorso. Si intitolava “Dio ci deve delle spiegazioni (possibilmente convincenti)” e allora sembrava una delle loro tante ironie. Invece nascondeva qualcosa che Freak si era portato dentro tutta la vita. Nel disco c’è un brano che si intitola Senza il libretto delle istruzioni: già, perché alla vita si nasce proprio così, senza istruzioni. Ce le dobbiamo fare vivendo, e se siamo fortunati qualcuno ce ne insegna un po’ di istruzioni. 



“A mio padre capitava spesso di sentirsi triste” ha detto ancora Margherita “triste perché gli mancava qualcosa. Ma cosa manca nella vita? Ognuno cerca a modo suo di colmare il vuoto che sente, mio padre ci provava con la droga, con i concerti, con storie d’amore improponibili. Era un infelice e un irrequieto”. Parlando con Margherita, ieri, mentre le spiegavo che io ero uno di quelli che ascoltava le canzoni di suo papà negli anni 70, e lei sorrideva, mi ha detto che in una sua tasca aveva trovato un biglietto che citava una frase del libro di Giobbe, dalla Bibbia: “Perciò io non terrò la bocca chiusa, parlerò nell’angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell’amarezza del mio cuore”. Al funerale, lei ha detto così: “Mio padre era un grande che gridava,  il suo desiderio di felicità era più grande della droga e dei concerti e delle storie d’amore. Era un grande perché gridava di non accontentarsi, urlava il suo desiderio di felicità. Dio ci deve delle spiegazioni, speriamo che adesso gliele dia”. 

Adesso capiamo il titolo di quel disco. Non era un artista demenziale, Freak Antoni, non era soltanto un ribelle, come hanno detto in molti applicando cliché buoni per una stagione.  In un mondo sempre più anestetizzato dalla banalità e dalla superficialità, chi urla il suo desiderio di felicità e chiede che essa si avveri può apparire un artista “demenziale”. Il mondo cerca di chiudere la ferita che ognuno si porta nel cuore, quella mancanza di cui ha parlato così bene Margherita, ma è solo dalle ferite che passa la luce. Cercare di chiudere le ferite con la droga o con i concerti o con le storie d’amore non basta. Siete tristi perché vi manca qualcosa, ha detto Margherita, altrimenti avreste l’animo soddisfatto. In fondo, siamo tutti come Giobbe: urliamo, malediciamo, bestemmiamo anche la nostra condizione, perché siamo tristi: ci manca qualcosa. Se siamo veri, come lo è stato Freak, non ci accontenteremo mai. E continueremo a chiedere.

Adesso Dio gli starà spiegando il perché, e saranno sicuramente spiegazioni convincenti. Ma Freak aveva già raggiunto lo scopo per cui ognuno di noi nasce. Non avrebbe avuto una figlia capace di dire quelle cose, se così non fosse stato.