Fabio Fazio è un po’ il Matteo Renzi della televisione: dice così Maurizio Caverzan, esperto di spettacolo e televisione de Il Giornale. «Come Renzi ha attualizzato al presente il linguaggio politico, così Fazio è riuscito ad attualizzare il grande carrozzone nazionalpopolare di Sanremo che, ricordiamolo, è l’ultimo grande evento della Rai in cui la televisione di Stato riesce ancora ad attuare una egemonia totale come ai vecchi tempi». Adesso Fazio e Luciana Littizzetto sono attesi alla prova del fuoco: lo scorso anno sbancarono tutti i risultati di audience e nessuno poté criticarli, che fossero piaciuti o meno. Vedremo adesso se saranno in grado di bissare il successo, tenendo conto che il conduttore di Che tempo che fa ultimamente ha perso molti consensi anche a sinistra.



L’anno scorso Fazio e la Littizzetto ci imposero il tormentone dei matrimoni gay per tutta la durata del festival: che cosa dobbiamo aspettarci quest’anno?

Anticipare i temi è abbastanza difficile. La mia sensazione è che Sanremo come sempre occuperà tutto lo spazio del dibattito di attualità, lo si intuisce anche dalla scelta degli ospiti. C’è Paolo Nobile, c’è Renzo Arbore che nonostante l’età rappresenta ancora la televisione di qualità, il grande testimonial della tv. Nella stessa direzione si va anche in campo musicale con la presenza di Gino Paoli. Poi c’è Pif che potrebbe dare una chiave più di attualità, più attenta al sociale. Il suo film è stata una piccola rivelazione come lo è lui stesso su Mtv.



Quale è la sua opinione di Pierfrancesco Diliberto?

Non mi dispiace come documentarista e come intagliatore del presente e dei personaggi. Diverso il discorso che riguarda il suo outing politico recente, come in qualche modo ha fatto anche il presidente della giuria, Paolo Virzì. Come ha scritto bene Paolo Giordano su Il Giornale c’è il rischio che il baricentro di questo festival sia renziano, una “Leopolda sul mare” come ha detto lui. Questo è il grande tema che dovremo verificare. Riguardo a Pif, bisognerà vedere se la sua curiosità rimarrà tale o verrà virata in chiave politica come magari potrebbe far pensare il format Fazio-Littizzetto.



Fazio l’anno scorso è stato un vincitore. Considerando che in questi ultimi mesi sta perdendo consensi anche tra il suo pubblico di sinistra, riuscirà a bissare questo successo?

Sanremo e Che tempo che fa sono due cose diverse. A Che tempo che fa si è forse irrigidito su una routine ripetitiva. Il programma è diventato una liturgia ormai prevedibile, lui ha il ruolo della minestrina e la Littizzetto del peperoncino piccante. Prova ne sia già due anni fa il tentativo di aggiungere Saviano a questa liturgia, si cercava di rinnovarla. È andata bene per i primi tempi poi si sono persi. Sanremo ha un carattere diverso, è l’ultima grandissima sopravvivenza della Prima repubblica della tv, come se fosse la Democrazia Cristiana della televisione.

Ci spieghi meglio questa metafora politica.

Sanremo è l’ultima espressione dell’egemonia della Rai sulla tv, non ci sono altri esempi così forti come Sanremo nel panorama dei grandi eventi nazionalpopolare, capaci di sopravvivere allo stesso modo. Altri tentativi sono stati legati a one man show tipo Fiorello o Celentano, ma si è trattato di episodi unici.  Se nella televisione sportiva, come dimostra il ritorno dei diritti della Champions a Mediaset, siamo davanti a un mercato più libero e più fluido, con Sanremo si torna all’antica egemonia.

 

Ma il Fazio di Sanremo cosa ha di così particolare?

Forse Fazio ha la capacità di attualizzare quello schema, portare nel presente quella formula legata al passato, per ribadire l’egemonia nazionalpopolare del festival. Insistendo con le metafore politiche, Fazio è il Renzi della televisione di oggi. Come Renzi attualizza il linguaggio politico con tentativi spontanei di buon senso, Fazio fa lo stesso in tv, aggiorna lo show nazionalpopolare in forza di una tradizione decennale con un ecumenismo di linguaggio che prende dentro il pubblico dai 30 ai 70 anni. 

 

Dal punto di vista musicale, Fazio insiste nel proporre una contaminazione tra musica popolare e musica d’autore, mettere insieme il Club Tenco con Sanremo. Secondo lei, allo spettatore medio del festival questa cosa interessa davvero?

Credo serva molto come griffe da mettersi in pubblico, del tipo: ho fatto anche questo tentativo, di ascolti non ne perdo, però mi iscrivo al club degli impegnati. Il tentativo di mescolare show popolare con quello intellettuale, con musica d’autore, è una cosa che ha sempre fatto. Il primo in realtà fu Morandi con la vittoria di Vecchioni che ruppe il predominio dei cantanti usciti dai talent show. Secondo me, Fazio non perde niente e guadagna invece qualcosa.