Da sempre acuti e originali osservatori della realtà che li circonda, i Perturbazione propongono un testo che offre un’interessante riflessione su cosa voglia dire essere italiano oggi, raccogliendo vari spunti che è possibile ritrovare in diversi brani della loro storia, con una maturità e lucidità tuttavia inedita.
Come avevano dichiarato a IlSussidiario.net poco più di un anno fa, il loro percorso artistico ha subìto una svolta decisiva proprio quando hanno deciso di “uscire dalle loro camerette” – sia letteralmente, lasciando il nido familiare, che nella loro poetica – per parlare della vita adulta, di un io non ripiegato su se stesso, che vive e interagisce con una realtà complessa e affascinante, di cui non può fare a meno. “La musica italiana è troppo spesso malata di un certo solipsismo – aveva dichiarato Gigi Giancursi, chitarrista e coautore di quasi tutti i brani – e in troppi sono ancora troppo legati al proprio mondo interiore e personalissimo. A noi questo non interessa più”. Questa intuizione iniziale ha portato alla stesura di moltissimi brani che spiccano per l’originale capacità di parlare dell’intimità delle persone senza mai reciderle dal loro ambiente, dai rapporti, dal peso di una realtà sociale e politica che non è estranea.
L’Italia Vista Dal Bar raccoglie appunto una serie di immagini brevi ma subito riconoscibili, come fossero delle polaroid scattate all’improvviso: avete presente una foto fatta senza avvertire? Il soggetto non è preparato e non usa un sorriso di circostanza; ma spesso, proprio per questo, viene catturato per quello che è, naturale e spontaneo. La stessa cosa potremmo farla anche noi, entrando in un bar una mattina qualsiasi, con gli occhi e le orecchie tese: quali parole, frasi, argomenti potremmo captare nel chiacchiericcio? Quali sguardi e quale umore? Sicuramente si parlerà di calcio, politica, pettegolezzi, nostalgie passatiste… Il tutto accompagnato dall’immancabile cinguettio dei cucchiai che mescolano il caffè, il rumore dei bicchieri di vino bianco appoggiati sul bancone e quello della cassa.
Questa sarebbe la superficie, diciamo, la prima osservazione. Il brano va oltre questo, ci rivela qualcosa in più, scava un po’ più nel profondo. Ci fa notare un sottile tono di pesantezza e di rassegnazione che effettivamente caratterizza questo tempo presente: il governo non sarà in grado di cambiare nulla, nel calcio si evidenziano gli errori questo o di quell’altro, gli anziani sono “inebetiti con il passato” e l’unico guizzo di positività è rivolto a chi ce l’ha fatta “Ed è volato via. Ma quanta nostalgia”. Siamo ormai un popolo di “Poeti santi ed avventori, e mediamente eroi”: il proverbio che ci dipingeva come instancabili ricercatori del vero dall’animo nobile, viene trasformato nell’inno alla nostra mediocrità.
Nella canzone si susseguono, accompagnate dagli immancabili giochi di parole che aggiungono un tocco di ironia al racconto, una serie di immagini che, per accumulazione, ci assorbono e ci descrivono in modo quasi impietoso. Quale via d’uscita? Quale punto di fuga in questa quotidiana meschinità?
I Perturbazione ci offrono qui l’ennesima prova della loro profonda sensibilità, riportando la questione al suo livello più interessante: la domanda personale, il desiderio umanissimo di ciascuno che – nonostante tutto – brucia come brace sotto la cenere, unico vero motore del singolo che diventa motore di tutta la società. In questo guazzabuglio di immagini, infatti, emerge con forza una domanda di significato concreta e accorata, una speranza che non cede il passo a quella negatività in qualche modo imposta da un clima culturale invadente e ossessivo:
Ci deve essere un nesso
Tra la felicità e l’espresso
Proprio adesso
Proprio adesso
L’Italia vista dal bar
È un’istantanea di noi
Quasi impossibile da spiegare
Ed io che cerco un nesso
Tra un desiderio espresso
E la felicità qui e adesso