Prima di parlare del primo dei due testi che Raphael Gaulazzi presenterà al Festival di Sanremo 2014 con The Bloody Beetroots è bene fare una precisazione… leggere i testi delle sue canzoni senza ascoltare le musiche è come assaggiare un piatto prelibato quando si ha il raffreddore: non si riescono a cogliere in pieno tutte le sfumature. Ma passiamo al primo testo e partiamo proprio dal titolo: “Liberi o no”. Una questione certamente non secondaria, anche se su ciò che si intende per “libertà” non sempre c’è sintonia. Quindi, Liberi o no? Se lo chiede ripetutamente all’inizio della canzone Gualazzi per poi proporre delle immagini che sembrano vivere in bilico tra regole e libertà, come continua contrapposizione.



La terra gira intorno

E segue le sue regole

Mentre io giro intorno a te

Libero

Come se il mondo in quanto privo di volontà fosse, automaticamente, privo di libertà a differenza dell’uomo, che ha la possibilità di infrangere le regole e, quindi, è libero. Ciò che interviene, che segna una possibilità di cambiamento è il “suono”, inteso come brivido vitale, questo cambia il mondo e lo rende una luce che splende dentro, “un mondo libero splende in noi” ma ancora non basta, perché il mondo potrebbe anche essere libero ma io, noi siamo liberi?



Anche in questo caso la libertà è intesa come mancanza di legami, come distanza da ciò che viene vissuto come una costrizione e l’elenco non lascia molti margini di interpretazione: “Dimmi siamo liberi o no” è la domanda conclusiva, ma liberi da cosa? Dalle favole, dalle parabole, dalle prediche… libertà quindi è fare diversamente da quanto viene normalmente comunicato dalla tradizione ma non solo, libertà significa essere contro polemiche, abitudine, convenevole, controllabile e prevedibile. Insomma, per essere liberi occorre essere contro… ma proseguendo nella lettura si capisce che alla fine la libertà non è in realtà una domanda che viene posta, ma un’opzione molto meno decisiva di quanto potesse apparire all’inizio del testo.



Liberi o no resta un’alternativa che tutto sommato sembra non interessare, qualcosa che in fondo non conta? Liberi o no sembra un’espressione di indifferenza rispetto al mondo, un’opzione che di fatto non ha a che fare con me, come se la realtà stessa in definitiva fosse qualcosa di poco significativo e incidente:

Io voglio credere

Liberi o no

nell’impossibile

Quindi cosa conta? Cosa cambia il mondo? Forse l’amore è ciò che rende possibile cambiare il mondo, quel brivido che cambia non è più il suono, quindi la musica, ma è “amarti e perdermi” anche se pure in questo caso non è nulla di reale, è ancora un sogno:

Il mondo è libero

Un sogno ci trasforma

E questo brivido

Siamo noi

Nessuna risposta, nessuna certezza, e alla fine dei conti viene il dubbio che non ci sia neanche una vera domanda dietro questo testo, che pur girando attorno a parole importanti e determinanti sembra farlo sapendo fin dal principio che una risposta alla domanda “liberi o no” non ci sia e che, in fondo, si può vivere tranquillamente senza rispondere: perché “un sogno ci trasforma e questo brivido siamo noi. Yeahhhhh!!!”. E l’urlo finale, forse forse, è l’estremo tentativo di creare un rumore più forte della domanda…

 

(Paolo Simone Covassi)