In una Milano quasi estiva, con un sole primaverile che scalda le nostre facce incontriamo la band emiliana dei Rio che questa sera 14 marzo saranno protagonisti alForum di Assago con la data del loro tour “Fiori”. Seduti ad un bar, tra un caffè e due risate, Fabio Mora – la voce del gruppo – con il suo inconfondibile accento emiliano, ci racconta dei loro dieci anni di carriera tra strade in salite e sogni in discesa.



Ciao Fabio, come va la vita?

Come sempre. Incasinata. Per come la viviamo noi. Ma col sorriso (ride)

Il 13 maggio scorso è uscito “Fiori”, il vostro quinto album.

Già. In dieci anni di carriera. E’ il disco più solare e più sereno che i Rio abbiano registrato. Il più lucido a livello di musicalità e che identifica al meglio quello che sono i Rio oggi. Ed è solo il punto di partenza. E poi lo abbiamo registrato in un periodo buio per quanto riguarda la nostra carriera. Siamo venuti fuori da un buco molto molto stretto. E mentre registravamo è capitato anche il terremoto in Emilia. Per questo lavoro avevamo già con delle idee abbastanza chiare. Un suono, una sensazione ti porta sempre più in là artisticamente. Sapevamo di voler fare una cosa più acustica, spostando il suono su ciò che stavamo vivendo di più adesso emotivamente. “Gioia nel cuore” è stato il brano che ha dato il “la” per cui spostare tutto il nostro sound sulla Jamaica, sul reggae ed il mento. 



Come nascono i Rio? E come nasce il nome del gruppo?

E’ nato tutto da una passione. L’idea di una musica di confine come il tex-mex che ci piaceva molto. E portarlo ad una dimensione italiana ancora di più. Marco aveva già un gruppo dal nome Del Rio. La cosa divertente in realtà è che una sera il cantante del gruppo, che conoscevo, mi chiese d’insegnargli delle cose. Ci trovammo io, il cantante dei Del Rio e Marco Ligabue. Quando Marco mi ha sentito cantare, gli è scattata la scintilla che poi si é trasformata in questo percorso. Per dirla tutta, al vecchio cantante non interessava e non amava cantare in italiano, quindi… Per quanto riguarda il nome, Rio significa fiume, canale. Dalle nostre parti ci sono molti paesi che hanno la parola rio nel loro nome. San Martino in rio,  Rio saliceto, insomma tutti paesi irrigati da canali detti rigagnoli. Intorno al Rio si crea, si vive e ci si rinnova, continuamente. E questo é un po’ lo spirito del progetto Ril. La passione. 



Tre dischi in tre anni. Avevate molta “passione” da raccontare?

E’ vero! 2010 il Sognatore, 2011 Mediterraneo e 2013 Fiori. Siamo impazziti. Di solito ci si prendeva un lasso di tempo più ampio tra un disco ed un altro. Tra Sognatore e Mediterraneo non ci siamo accorti che da contratto con la Sony, entro un anno dovevamo dargli un altro disco. Ce ne siamo accorti ad un mese dal termine. Abbiamo fatto di corsa ma forse é stato uno dei lavori più riusciti, più forti dei Rio. Di cose vissute e da raccontare ne sono successe molte in quel periodo. E pio é stato l’anno in cui Marco Ligabue si é fermato per ripartire con il suo progetto da solista.

Cosa é cambiato all’interno dei RIO con l’uscita di Marco Ligabue?

Da noi è migliorato tutto. Ma non per Marco in sé, ma perché tutto quello che ruotava in torno al gruppo si conosceva. Prima si conosceva la metà. Venendo a mancare il confronto non si riusciva a capire cosa succedesse in torno al gruppo. Era terribile. In fondo la memoria storica dei Rio siamo io e Marco. Gli auguro buona fortuna. Ma la stessa l’auguro a noi. 

Il cambio di line-up con Fabio ”Bronsky” Ferraboschi al basso, Alberto “Paddo” Paderni alla batteria e Gio Stefani alla chitarra ha influenzato questo cambiamento?

Certo! Artisticamente non ci sono mai state delle catene. Prima c’erano degli scambi d’idee differenti. Ora ognuno porta la propria esperienza creando il nostro mood caratterizzante.

Noi siamo così solari. Negli anni abbiamo capito che volevamo sussurrare le nostre canzoni, di raccontarle con una luce diversa e più intimistica. Forse siamo sulla strada giusta. 

So che i Rio sono una band ad “impatto zero”. E’ corretto?

Sì hai ragione. Ormai questo é il terzo disco che realizziamo ad impatto zero. Ad un certo punto del nostro percorso abbiamo capito che oltre a far del gran casino e divertirci con la nostra musica, potevamo comunicare qualcosa di più, raccontare qualcosa di diverso ma sempre col nostro spirito. E’ nata la canzone il gigante che abbiamo accorpato al progetto Lifegate. Con la partecipazione di Fiorella Mannoia il progetto ha preso forma. Casualmente lo special della canzone dice “eppure il vento soffia ancora”. E’ una citazione del primo pezzo di Pierangelo Bertoli scritto per l’ecologia che cantò proprio Fiorella. E’ un cerchio che si chiude. 

 

A proposito di collaborazioni. Quest’anno Fabio ”Bronsky” Ferraboschi – bassista del gruppo – ha scritto con Cristiano De André la canzone Invisibili vincendo anche il premio della critica di Sanremo. Ma non vi é mai venuta la voglia di andare al Festival di Sanremo?

Sanremo? Ci abbiamo provato diverse volte, quest’anno no, ma diverse volte si. Ci sentiamo un gruppo che potrebbe suonare tranquillamente in un contesto come quello ma al Festival di Sanremo noi non interessiamo. Non so il perché. Chissà forse un domani. Riflettendo su Sanremo, direi che siamo un paese di “imbecilli”, poco lungimiranti. Potremmo sfruttare le nostre risorse in modo più costruttivo. Per una settimana si ferma l’Italia e si parla di musica. Lasciamo stare che é gestito male, non c’è più la passione in quel che si vede e la musica é diventata più un contorno. Ma é ancora una vetrina che può dare delle soddisfazioni. Comunque mi sembra che non vi via il giusto interesse fuori. I ragazzi non sono interessati alla musica. Quanto meno a quella italiana. C’è poca attenzione. Ormai siamo molto influenzati dall’estero culturalmente. Non più una cultura tradizionale italiana “pura” ma questo meltin-pot che può essere un bene per certe cose, ma non crea identità. Trovo che ci siano degli artisti fortissimi in Italia. Però non trovo un gruppo italiano, a parte l’eccezioni come Ramazzotti, Pausini e Tiziano Ferro, con un identità italiana. Sarei orgoglioso se i Rio riuscissero a realizzare questo Sound Italiano, mescolando il mediterraneo con la cultura, con il blues il rock creando una nuova identità italiana. L’Italia é bella. Ha del valore culturale e storico impareggiabile. 

 

Cosa ci dobbiamo aspettare dal concerto di stasera?

Una buona serata di divertimento e musica. Uno scambio d’energia positive. Un fiume di passionied emozioni che riempiranno il Forum di Assago e che spero accompagni tutti coloro che verranno a trovarci.