In questo primo trimestre 2014, non particolarmente ricco di novità discografiche, le sorprese più gradite arrivano ancora una volta dalla famiglia Cash. John Carter Cash, l’unico figlio nato dal matrimonio tra Johnny Cash e June Carter, ha letteralmente scovato e curato la messa in commercio di un album di inediti del padre risalenti al periodo 1981-1984. Davvero notevole non solo perché ha il pregio di far luce su un periodo di scarso successo commerciale del Man in Black (dopo la fama degli anni 60/70 e prima della rinascita con l’American Recordings di Rick Rubin), ma anche perché ci consegna un’opera di inaspettata attualità e bellezza.



Ci siamo poi spinto nell’ascolto del nuovo album di Rosanne Cash “The River & The Thread” pubblicato ad inizio anno. Un ascolto non facile, prima abbandonato, poi ripreso. 

Un nuovo ascolto a distanza di qualche settimana mi ha fatto completamente ricredere. Non so se farmene una colpa, ma non ho mai saputo apprezzare davvero le donne del rock: le voci rock al femminile d’impatto mi colpiscono e mi emozionano, ma poi, alla lunga, mi stancano.  Problema mio. Certamente adoro le icone rock Janis Joplin, Grace Slick (Jefferson Airplane) e Sandy Denny (Fairport Convention) ma si parla di musiche di 40/50 anni fa. La poetessa del rock Patti Smith fa scuola a parte e, in epoca più recente, le vocalità e le musiche di Susan Tedeschi (Tedeschi Trucks Band) e Dolores O’Riordan (The Cranberries) mi hanno coinvolto ma senza una soluzione di continuità. E poi l’olandesina Anouk, quella di Nobody’s Wife… ma in tal caso le valutazioni non erano solo prettamente musicali.



Pertanto mi scuso per il ritardo ma sto riscoprendo Rosanne Cash solo ora. Non conosco molto della sua vita artistica e della relativa produzione musicale; mi basta però sapere che Rosanne, nata a Memphis nel 1955, è la figlia maggiore di Johnny Cash avuta dal primo matrimonio con Vivian Liberto. Il suo percorso artistico, favorito anche dalla sua relazione con il cantautore Rodney Crowell, nasce e affonda le radici proprio nel country, genere musicale che le fa conoscere ben presto il successo commerciale e che l’ha premiata con un Grammy Award e che per undici volte l’ha vista al primo posto tra i singoli country. La rottura della relazione, il trasferimento da Nashville a New York e il secondo matrimonio con il chitarrista e produttore John Leventhal, le consentono di ampliare ulteriormente le influenze musicali.



“The River & the Thread” è il tredicesimo album in studio pubblicato a quattro anni da “The List”, album di cover scelte da una lista di 100 Essential Country Songs consegnatole dal padre Johnny Cash al compimento della maggiore età e dopo ben otto anni l’ultimo album di inediti, il sofferto e malinconico “Black Cadillac”, pubblicato poco dopo la morte della madre Vivian, della matrigna June Carter e del padre Johnny. 

Il nuovo lavoro è ispirato da una serie di viaggi in macchina nel Sud degli Stati Uniti che Rosanne ha compiuto con il marito John in questi ultimi anni. Il Sud è il tema dominante, il filo conduttore dell’intero disco. Il tema geografico è centrale e riecheggia in ogni aspetto delle musiche e delle liriche. “The Long Way Home” non è il miglior pezzo dell’album ma è certamente il più evocativo e autobiografico: “You grow up and you moved away… you thought you left it all behind, you thought you’d up and gone; when all you did was figure out how to take the long way gone”. Il lungo cammino verso casa: decidi di andare via ma prima o poi torni a fare i conti con il passato perché un giorno, c’è sempre una strada verso casa da ripercorrere.

Luoghi come Memphis, Arkansas, Nashville, Tennessee, Mississippi, Virginia sono richiamati in maniera ricorrente. Anche le ambientazioni e le condizioni climatiche sono tipiche delle regioni calde: “What’s the temperature darling? 100 and more” (quasi 40 gradi Celsius). E ancora: “It’s hot from March to Christmas” senza però dimenticare le piogge battenti “The Southern rain was heavy”. E poi le strade, le “Dark highways” e le “Country roads” e ancora le “Neverending Roads”, quelle lunghe strade sconfinate e desolate che rendono ogni viaggio un’impresa epica e regalano una storia da raccontare. 

Le vicende, i luoghi e le persone narrate sono le più disparate: si va dalla Guerra di Secessione “non tornerò più da lei, non che non ci abbia provato”  in cui il marito ritorna si sulle colline della Virginia ma “six feet under” (When the Master Calls the Roll). Poi la mitica stazione radio WDIA di Memphis (50.000 Watts), ed Etta la vedova di Marshall Grant, il bassista del padre a cui Rosanne era molto legata (Etta’s Tune). Ancora Money Road dove si trova la tomba di Robert Johnson, la drogheria dove è stato ucciso Emmett Till (di cui Bob Dylan aveva scritto The Death of Emmett Till) e il Tallahatchie Bridge (luogo dove è ritratta Rosanne di spalle nella foto di copertina). 

Le melodie sono piacevoli e i generi variano dal country al folk, dal gospel allo swamp blues in cui il marito John Leventhal suona la chitarra (e non solo). Le vere collaborazioni sono però altre: “World of Strange Design” è impreziosita dalla slide guitar di Mister Derek Trucks. “When the Master Calls the Roll”, è invece una stupenda e commovente ballata arricchita dal contributo del The Master’s Choir, che non è il nome del coro della vicina Chiesa Parrocchiale, bensì un manipolo di vecchi amici e musicisti affermati come Kris Kristofferson, John Prine, Tony Joe White, Rodney Crowell e Amy Helm chiamati a raccolta semplicemente per prestare la propria voce in questo brano. Riduttivo? Troppo fiato sprecato? Niente affatto visto che l’intenzione di questo coro è di rievocare la voce di Dio! 

Ma la vera voce celestiale è quella di Rosanne, sempre elegante, talvolta soave e melodiosa e quando serve grintosa e potente. Una menzione speciale per “Tell Heaven” in cui la Cash con una grazia particolare riesce a tramettere parole di speranza: “Quando le tue preoccupazioni non ti fanno dormire la notte, quando le lacrime non se ne vanno mai via”, insomma quando non resta niente, tutto va male e sembra che la speranza stia per morire allora “Tell Heaven” e “Something Good will someday come our way”. Questo è il gospel di Rosanne in cui, sebbene il nome di Dio o della provvidenza non vengano mai nominati, traspare un forte senso di spiritualità.

Con questo disco, ripercorrendo il corso del fiume, Rosanne, se mai ce ne fosse stato bisogno, ha avuto occasione di riconciliarsi con il passato. Per anni ha vissuto la sindrome del figlio d’arte tanto che in giovane età ha avuto l’esigenza di ritagliarsi uno spazio proprio lontano dalla presenza ingombrante del padre. Da tempo Rosanne sta percorrendo la propria strada e come avrebbe dichiarato qualche anno fa: “sono fiera di essere la figlia di Johnny Cash”. Non possiamo che rallegrarci: le sue musiche, come quelle del padre del resto, continuano ad arrivare a noi come un frutto nuovo e prelibato.