Trent’anni fa quasi, un giovane cantante, per la verità già un po’ dimenticato dalle cronache rock dopo un successo istantaneo di qualche anno precedente, pensava e dava vita al più grandioso evento musicale della storia, superiore anche al festival di Woodstock del 1969 e rimasto oggi ancora inimitabile, nonostante le centinaia di tentativi di imitazioni. Il Live Aid, che Bob Geldof, musicista nord irlandese noto solo a un pubblico ristretto, rese possibile fu l’evento degli eventi, per impatto mediatico, numero di spettatori, intento benefico. Si voleva rispondere al dramma della morte per fame di milioni di africani, specie quelli dell’Etiopia, e cosa c’è più bello, di più nobile e più coinvolgente di impegnarsi per rispondere a una catastrofe del genere? In fondo la musica rock lo aveva sempre gridato: noi possiamo cambiare il mondo.
Un evento pensato in simultanea sui palcoscenici di Londra e di Philadelphia, dall’altra parte dell’oceano, e poi la diretta televisiva mondiale per miliardi di spettatori. Sui due palchi, i più grandi nomi della scena musicale di allora e di sempre, clamorosa reunion dei Led Zeppelin compresa.
Il Live Aid fu un discreto fallimento, i soldi destinati ai bambini africani per anni finirono non si sa dove, poi ne giunsero a destinazione solo una parte, considerando anche le spese ciclopiche dell’evento. Bob Geldof tornò nel suo anonimato di musicista rock incompiuto nonostante il suo nome diventasse un po’ una sorta di Gandhi del rock, diventando anche baronetto per il merito benefico della sua iniziativa.
Ieri, nella sua casa nel Kent, la figlia di 25 anni di Bob Geldof, Peaches, è stata trovata morta per overdose, sembra, anche se al momento non è stata trovata traccia di droga nella sua abitazione. Era sposata e aveva due figlie. “Era la più selvaggia, la più divertente, la più intelligente e la più spiritosa e la più matta di tutti noi. Scrivere ‘era’ mi distrugge. La mia bambina bellissima… Come può essere possibile che non ti rivedremo? Come può essere sopportabile?…” scrive oggi il padre nel tentativo di far fronte al dolore immenso.
Che è un dolore aumentato dal fatto che la madre di Peaches e moglie di Bob Geldof, fu trovata morta anch’essa di overdose nel 2000. Un dolore folle, un sommarsi di disperazioni, solitudini del cuore, risposte non date e mai trovate. Il primo pensiero che viene in mente è ovviamente questo: come può un uomo che ha cercato di salvare la vita di milioni di persone, in parte pure riuscendoci, non essere riuscito a salvare la vita del suo bene più caro, la moglie e la figlia? E’ una domanda che non indagheremo, nel riserbo della privacy del dolore più devastante che un uomo possa vivere nella sua carne, in attesa poi di sapere le reali cause della sua morte, evitando la bassa speculazione gossipara che ammorba il giornalismo di oggi, specie quello online. Che contraddizione infernale, è l’unico commento che si può fare,
Viene però da pensare a quanto successo solo poche settimane fa, il suicidio della compagna di Mick Jagger. Ecco uomini che dalla vita hanno avuto tutto, hanno anche dato tutto se stessi all’arte, al prossimo, ma nel privato hanno – apparentemente – perso. Non basta organizzare un Live Aid per risolvere il dramma della vita, una vita che rimane come ferita lacerante a interrogare il cuore dell’uomo sulla sua reale consistenza e sul suo significato, sulla sua effettiva impotenza ad amare tua moglie, i tuoi figli, il tuo stesso sangue e proteggerli dal male di vivere, su quel desiderio disperso in mille attività, fosse anche la presunzione buona di salvare chi muore di fame. Poi, alla sera, sei da solo davanti alla tua umanità che nessuno, sembra, possa accogliere e redimere. Nessuno può salvare nessuno, verrebbe da dire, se non suonasse come una volgare bestemmia.
Resta l’ultimo post pubblicar su twitter da Peaches prima di morire per una dose di eroina di troppo: lei, bambina piccolina, insieme alla mamma morta, con una frase lapidaria: “me and my mum”, io e mia mamma. Ecco allora forse di cosa abbiamo bisogno nella vita, al di là dei concerti faraonici e della presunzione di salvare il mondo: un abbraccio, uno solo, ma che duri per sempre. Un abbraccio che Peaches e Paula adesso hanno trovato.