Gli Shearwater, nati per volere di Jonathan Meiburg e di Will Sheff, per lungo tempo sono stati etichettati, forse erroneamente, come side band degli Okkervil River. I suoni degli Shearwater nel corso degli anni hanno maturato un timbro inconfondibile e i loro testi riflettono la passione di Meiburg per la natura e per l’ornitologia. Da ormai diversi anni la band di Austin vive di luce propria con uno stile ed una personalità ben definite: lo si può affermare con certezza almeno da quando i due leader si sono affrancati dalle rispettive collaborazioni per dedicarsi unicamente ai loro progetti originari. Infatti, poco dopo l’abbandono di Will Sheff dagli Shearwater, nel 2007 Jonathan Meiburg ha fatto lo stesso lasciando gli Okkervil River, band a cui era approdato come tastierista pressoché fin dagli inizi.
Da allora Jonathan è il leader, frontman e autore dei testi che ha saputo plasmare le musiche della band texana con un suono malinconico e melodioso. Canzoni che evocano la bellezza e la forza della natura ma che trasmettono nell’ascoltatore anche un senso di inquietudine. Che non guasta.
Prima dell’esibizione della data milanese, unica tappa italiana, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Jonathan Meiburg (JM come è solito firmare sui social e sul sito della band). La data del Circolo Magnolia è la penultima del “Fellow Travelers Tour” che ha visto gli Shearwater esibirsi in ben diciotto città europee. Come JM ha spiegato anche sul palco: “Finora sono stati diciassette giorni di fila senza neanche uno di riposo, non sappiamo nemmeno dove siamo, anzi no, dove siamo stasera lo capiamo dal caffè”.
Gli chiedo di raccontarci come sia nato l’ultimo lavoro della band: “Fellow Travelers è un album composto interamente da cover di artisti e di band che sono state in tour con noi in dodici anni di attività, tra questi i Coldplay, David Thomas Broughton, St.Vincent, Clinic. Non solo, molti artisti sono stati coinvolti nel progetto partecipando alla rivisitazione delle canzoni, ma non le loro bensì quelle di altri”. Anche ex membri della band come Kimberly Burke al basso (ex moglie di Meiburg) e il batterista Thor Harris (Swans) hanno dato il loro contributo. All’appello mancano gli Okkervil River e Will Sheff: “Giusto, in effetti è vero, c’è stato un anno, il 2002, in cui siamo andati in tour sia con gli Shearwater che con gli Okkervil River; semplicemente non sono presenti nell’album perché avevo già un sacco di canzoni particolarmente significative di grandi band che ammiro”.
Un passo indietro e gli chiedo delle origini delle due band e quale fosse la necessità di avere un progetto parallelo: “Che si creda o no gli Shearwater e gli Okkervil River sono nati nello stesso periodo, nel 1999, forse giusto con qualche mese di differenza l’una dall’altra. L’idea di avere una band col nome Shearwater addirittura risale al 1997. Inizialmente le due band erano del tutto separate pertanto è stato naturale continuare così”.
Gli riporto una sua affermazione: “Touring is an expression of faith” e gli chiedo se volesse riferirsi ad un’ipotetica chiamata divina: “Credo che Dio sia molto impegnato… mi sento comunque molto fortunato a fare quello che faccio. Non so se attribuirgli il nome di chiamata ma certamente quello del musicista è uno stile di vita fatto apposta per me, che mi calza alla perfezione e, in questo tour e con questa formazione, lo sento ancora più vero. La fede o la fiducia a cui facevo riferimento è quella che gli altri ripongono nel mio lavoro ovvero il valore che gli amici o il pubblico attribuiscono a quello che faccio. Bisogna tener presente che ci sono anche gli altri da contemplare, perché sai spesso c’è il rischio di esaltarsi, di riempirsi di ego e di seguire solo i propri interessi”.
La line up è mutata nel tempo ma la continuità della band è garantita dallo stesso Meiburg (voce e chitarra) che è rimasto l’unico membro originario: “In questo tour gli Shearwater sono Danny Reisch, che oltre ad essere il produttore di Animal Joy e Fellow Travelers, è anche il batterista; Lucas Oswald alla chitarra; Abram Shook al basso e Jesca Hoop, seconda voce e tastierista, che apre i nostri concerti e che si unisce a noi sul palco. Verosimilmente dopo questo tour la band cambierà ancora, mi riferisco in particolare a Jesca e poi vedremo per gli altri. È una decisione che prendiamo anno per anno, tour per tour. Chiaramente suonare è una cosa che facciamo per amore, per passione e non certamente per denaro. Questo è il mio lavoro ma i soldi mi servono giusto per pagare le bollette”!
Una delle canzoni che preferisco è You as you were di Animal Joy, un brano grintoso e particolarmente energico. Nel finale rabbioso e quasi urlato JM ripete più volte “I am leaving the life” in cui si percepisce un forte senso di liberazione: “Può capitare di giungere ad un punto di svolta della vita in cui ci si può sentire quasi colpevoli di qualcosa che si sta lasciando e che non ritornerà più. C’è stato un momento della mia vita, senza voler rinnegare nulla di quello che ho vissuto, in cui una perdita è stata invece utile”.
Dopo il Tour US di Fellow Travelers e quello Europeo quasi al capolinea, da diversi mesi JM sta lavorando al nuovo album. Sul sito della band è stato annunciato il nome “Jet Plane and Oxbow”, gli chiedo pertanto qualche anticipazione: “Parto spesso dal nome dell’album e talvolta anche da quello delle canzoni, mi serve per definire il contesto, per focalizzare la mia attenzione compositiva. Siamo a circa la metà della lavorazione e sarà molto diverso rispetto ai dischi precedenti. Sarà più tecnologico, ci sarà un richiamo alla musica del 1980, come ad esempio Peter Gabriel 3, Scary Monsters e Remain in light. In quell’anno c’era una forte aspettativa, ma anche il timore che la tecnologia potesse cambiare ogni cosa. Involontariamente il mio pensiero va nuovamente agli Okkervil River e al loro ultimo album “The Silver Gymnasyum” ambientato negli anni ottanta, specificamente nel 1986.
Il concerto poi non disattende le aspettative. Il longilineo JM al centro della scena occupa più “in lungo” che “in largo” un palco essenziale arricchito dalla presenza di ben tre tastiere. Il clima raccolto favorisce un contesto di intimità che rende l’esecuzione delle quindici canzoni ancora più introspettive di quanto già non siano. E lo spettacolo ne guadagna. Per intenderci non mancano le bordate rock (già apprezzate nelle versioni in studio) che si fanno talvolta volutamente fragili e in cui la voce solitamente vigorosa di JM talora dà l’impressione di spezzarsi. Le canzoni presentate sono tutte piuttosto recenti: “Vi presento un vecchio brano, Rooks” (del 2008)! I pezzi più datati sono quelli tratti dagli ultimi due album della Island Arc Trilogy (Rook e The Golden Archipelago) in cui prevalgono le atmosfere più orchestrali e i testi rimandano ad ambientazioni naturalistiche e al mondo degli uccelli. La Hit Rooks e la malinconica Castaways sono tra i momenti più intensi della serata.
Dall’ultimo album di inediti Animal Joy, il cui suono è invece più diretto ed incentrato sull’uomo e sui suoi bisogni primari, spicca certamente l’energica Animal Life e la già menzionata You as you were. Infine da Fellow Travelers da evidenziare il toccante duetto con Jesca (la Joan Baez della California?!?) di A wake for the Minotaur e la conclusiva cover dei Clinic Tomorrow. Domani è un’altra città, un altro palco, un altro caffè, perché “touring is an expression of faith”.