I Perturbazione, ho già avuto modo di scriverlo, sono una band strana. Sono in giro da vent’anni, non hanno mai sbagliato un disco e sono stati tra i primi ad unire rock e suggestioni cantautorali in un connubio raffinato e intelligente che, grazie ad un songwriting di primo livello e ad una band composta da singoli bravissimi e straordinariamente amalgamati tra loro, li ha portati ad essere una delle più belle realtà del nostro paese. 



Peccato solo che non se ne accorga nessuno. Sulla carta avrebbero tutti i requisiti per fare il grande salto: scrivono canzoni meravigliose, che sono sufficientemente orecchiabili e immediate per piacere a tutti ma anche sofisticate ed impegnate quel tanto che basta per non bollarle di eccessiva commercialità. Eppure, nonostante questo, il grande salto non è mai arrivato. I riscontri di pubblico sono sempre stati molto positivi ma la band torinese non ha mai abbandonato lo status di gruppo di culto e l’etichetta “indie” gli è sempre rimasta in qualche modo appiccicata addosso.



Quest’anno sono approdati a Sanremo, vi hanno portato un brano dal tiro incredibile, con tutti gli ingredienti giusti dei loro grandi successi. Non sono arrivati in fondo ma il palcoscenico dell’Ariston (in qualche modo ancora tappa obbligata per chi vuole salire a certi livelli) potrebbe aver fatto bene: il tour che hanno appena intrapreso, il primo dopo questa esperienza, è per ora il più seguito della loro storia e ha già fatto registrare qualche sold out, cosa certamente non comune per un gruppo come il loro. 

Questa sera si fa tappa al Magnolia, uno dei club più importanti d’Italia per questo tipo di musica. È indubbiamente la data più importante del tour e le aspettative sono alte. È dunque con grande dispiacere che, entrando nel locale, constatiamo che l’affluenza non è quella che avremmo voluto: il posto è pieno, per carità, ma rimangono ancora degli spazi vuoti e nel complesso ci si attesta sugli stessi livelli degli anni precedenti. 



Alla fine però quel che conta è esserci. Perché quando i sei torinesi salgono sul palco e attaccano “Musica X”, title track del loro ultimo lavoro, l’atmosfera è già caldissima e l’intesa tra gruppo e pubblico si crea immediatamente. Il set di questa sera è serratissimo e non conosce soste: “Se mi scrivi”, “Diversi dal resto”, “Il senso della vite”, “Buongiorno buona fortuna”, “Mondo tempesta” si susseguono uno di fila all’altra ed è impossibile non cantarle tutte d’un fiato mentre si salta e si balla. Un mix perfetto tra vecchio e nuovo, una selezione delle cose che dal vivo si sentono più spesso e che funzionano meglio, l’ideale per trasformare tutto in una grande festa collettiva. 

Aggiungiamo che questa è una band che, nella sua dimensione live, ha ben pochi rivali: non solo per il tiro dato ai vari brani (che brillano sempre di vita nuova, rispetto alla versione in studio) ma anche perché l’affiatamento e la preparazione dei singoli componenti ha raggiunto livelli altissimi: il gusto e la bravura dei due chitarristi Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele (così opposti nel look e nella presenza scenica, quanto perfettamente complementari sul palco), la potenza della sezione ritmica del bassista Alex Baracco e del batterista Rossano Lo Mele, il gran lavoro di Elena Diana al violoncello e alle tastiere, indispensabile nel dare ad ogni brano un vestito proprio, e infine il cantante e paroliere Tommaso Cerasuolo, che tiene il palco come non mai e funge da catalizzatore  dell’energia del pubblico, lui che è un comunicatore nato.  

Stasera poco o nulla si concede ai brani riflessivi: nella prima parte, eccezion fatta per “Del nostro tempo rubato” (che racconta un dialogo tra Tommaso e suo fratello sul tema della vita, delle scelte e dei percorsi che ci si trova a percorrere), si viaggia via veloci a tempo di rock. Entusiasmi a mille per la marziale “Questa è Sparta”, “La vita davanti” e, ovviamente, per i due brani sanremesi, che sono poi quelli che hanno probabilmente portato al Magnolia nuovi fan. Ascoltati in sede live, confermano le impressioni che avevano già suscitato al festival e poi in versione studio: poco incisiva musicalmente e vittima dei luoghi comuni del testo “L’Italia vista dal bar”, che sembra sia stata composta con un occhio di riguardo alle preferenze del pubblico dell’Ariston. Al contrario, “L’unica” è un brano al 100% Perturbazione, con una melodia trascinante e un testo ben scritto che si muove tra l’ironico e il nostalgico. È una di quelle che riscuote il maggior successo tra i presenti e capiamo bene perché sia potuto accadere. 

Chicca per intenditori è invece “Portami via sto male”, trascinante rivisitazione di un brano dei Belle and Sebastian mentre sempre rimanendo in tema di cover (che in un loro concerto non mancano mai) diverte tantissimo la “Let’s spend the night together” degli Stones, con cui chiudono il main set. 

I bis sono numerosi e sono un’autentica dichiarazione d’amore per il pubblico milanese che viene per altro anche esplicitata a parole. Tra le altre arrivano “Agosto”, “Nel mio scrigno”, una commovente “Il palombaro”, in cui Tommy e Gigi si dividono le parti vocali, e una conclusiva “Arrivederci addio” che Tommaso canta interamente in mezzo al pubblico (una cosa che fa spesso e che ha contribuito negli anni a creare un rapporto tutto speciale tra il gruppo e i propri fan). Poi, non contenti, dopo gli ultimi saluti, i sei escono di nuovo e sparano a tutto volume una “Mi piacerebbe” che scatena nuovamente tutti in una danza indiavolata. 

Non verranno al Miami, il popolare festival tutto italiano organizzato proprio al Magnolia nel mese di giugno, per cui è probabile che toccherà attendere ancora qualche mese prima di rivederli in questa zona. Nel frattempo, se anche non faranno il salto di qualità che si meriterebbero, siamo comunque certi che i Perturbazione continueranno ad essere una delle più belle realtà del nostro panorama musicale.