Cosa è l’amore, e soprattutto l’amore coniugale, se non fiducia reciproca e totale? Questo il messaggio che Ranieri de’ Calzabigi e Christoph W. Gluck lanciarono nel 1762 alla Corte di Vienna con un lavoro che innovò profondamente il teatro musicale: ‘Orfeo e Euridice’. Era una corte cattolica, dove, però, l’adulterio era di casa. Lo lanciarono in modo ancora più pronunciato nel 1774 (adattandolo ai gusti locali, dove la fedeltà era merce rara) nella versione parigina del lavoro (più ricca di azione e di danze).



Dopo troppi anni in cui si è privilegiata la versione francese su quella italiana e dove il ‘mito di Orfeo’ è stato presentato mettendo l’accento sulla doti quasi sovrumane del poeta che con il suo canto calmava le fiere, nell’ultima opera presentata al Maggio Musicale Fiorentino 2014 (nel delizioso Teatro La Pergola), il drammaturgo, regista, scenografo, costumista ed autore delle luci, Denis Krief (in esilio da alcuni anni a Berlino a ragione di allestimenti troppo economici per teatri dove piace il grasso), ha imperniato unicamente su questo tema la lettura del lavoro di Calzabigi e Gluck, lanciando una sfida agli altri allestimenti in programma dato che quest’anno si celebrano i trecento anni dalla nascita del compositore. Nella messa in scena di Krief (80 minuti intensi senza intervallo) l’ambientazione è contemporanea, la scena pochi pannelli e proiezioni (ad esempio, l’inferno è una discoteca di periferia al temine di un’angosciante autostrada). Tratta, infatti, dell’amore di due giovani di oggi, del dolore alla perdita di lei (un dolore che fa presa non solo sui loro amici e parenti ma anche sull’Alto). Della prova di fiducia assoluta a loro richiesta ma  a cui non reggono Delle pene ancora più severe per non essere stati in grado di mantenere il giuramento reciproco, ed all’Alto . E della misericordia che consente ai due giovani sposi di riunirsi. Per sempre.



Perché ad una vicenda così semplice viene attribuito il merito di avere rivoluzionato, per sempre, il teatro in musica? Calzabigi e Gluck misero tutti i mezzi espressivi (parola, musica, danza, mimo) al servizio della verità scenica, sostituendo i ‘recitativi secchi’ con recitativi accompagnato ed introducendo un accordo di sesta aumentato, che può essere considerato come il prozio del wagneriano ‘Tristan Akkord’, a sua volta anticipatore del cromatismo più spinto e della atonalità della prima parte delm Ventesimo Secolo.

‘Orfeo e Euridice’ è una delle poche opere del Settecento rimaste nei cartelloni nei secoli successivi. Nell’Ottocento la si è rappresentata nell’adattamento (ai gusti dell’epoca) fattone nel 1859 da Hector Berlioz. Nel Novecento nella versione edita nel 1889 da Ricordi che interpolava l’adattamento di Berlioz con le due versioni originali di Gluck (una del 1762, in italiano, per Vienna ed una del 1774, in francese, per Parigi), nonché con arie di altre opere del compositore boemo. Ha sopravvissuto il melodramma, il grand opéra, il verismo e tante altre mode proprio a ragione del messaggio forte che propone.



Il grande merito dell’allestimento fiorentino – un candidato certo al ‘Premio Abbiati’ , l’onorificenza conferita dall’Associazione Nazionale dei Critici Musicali, in breve l’Oscar della Lirica – è di avere riscoperto la grande purezza della versione 1762, che in Italia non si proponeva in forma scenica da diversi anni. Orfeo è l’eccellente contralto Anna Bonitatibus; non viene utilizzato (come si è ascoltato di recente ) un tenore lirico o peggio ancora un baritono (abbassando il registro di almeno tre ottave). Euridice è Hélène Guilmette, che ricordiamo alla Scala come protagonista dei Dialogues des Carmelites di Poulenc diretto da Muti; qualche tremolio rispetto ad allora, la sera della prima. Perfetti, però, nell’impersonare  una giovane coppia di oggi. Il Dio Amore è Silvia Frigato, nelle vesti di uno scugnizzo comprensivo di buon cuore. ‘La gente’ è il coro del Maggio Musicale, preciso come sempre. Le danze sono affidate a sei elementi con una coreografia del Ventunesimo Secolo su musica del Diciottesimo. L’orchestra è scarna, come nella Vienna di Gluck. Concerta Federico Maria Sardelli, un barocchista di vaglia- anche se come Krief costretto a lavorare più all’estero che in Italia.

Il Ministro Franceschini farebbe bene ad assistere ad una replica per vedere come è possibile coniugare alta qualità anche con bilanci all’osso. Ed indurre Krief e Sardelli a operare in Italia.