I musicisti che strane creature… Ebbene sì, all’improvviso quando nessuno se lo aspettava sono tornati. I Doctor 3, il gruppo formato da Danilo Rea (piano), Enzo Pietropaoli (basso) e Fabrizio Sferra (batteria), hanno appena pubblicato il loro nuovo album intitolato semplicemente con il loro nome (Etichetta Parco della Musica MPR 59). Tre strade, tre amicizie che finalmente si ritrovano dopo anni di silenzi, forse qualche incomprensione (il che ci può stare fra musicisti di altissimo livello).
Nel 2009 nessuno avrebbe mai presagito la fine di una band che dal suo apparire (1998) aveva raccolto unanimi consensi tra critica e pubblico di tutto il mondo (Europa, USA, Brasile, Cina, Nord Africa), oltre a numerosi riconoscimenti tra i quali miglior disco jazz e migliore formazione della rivista Musica Jazz nel 1998, 1999, 2001, 2003.
Ascoltare le loro esibizioni è stato sempre qualcosa di entusiasmante per la riscoperta della musica più bella, riproposta in maniera originale, attraverso temi e melodie (jazz, rock, classica) trattati con lirismo, quasi a sembrare una sorta di viaggio nelle pieghe dell’anima.
Il percorso Doctor 3 nasce quando Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli, agli inizi degli anni 80 formano insieme a Roberto Gatto il Trio di Roma, che può essere considerato una sorta di progenitore della attuale formazione (non a caso un paio di anni fa il Trio di Roma ha pubblicato un nuovo album). Danilo Rea, nel corso della affollata presentazione avvenuta all’Auditorium Parco della Music nella sala ascolto ha sottolineato un aspetto importante.
“Fabrizio Sferra ed Enzo Pietropaoli hanno suonato insieme per otto anni nel trio di Enrico Pierannunzi e il loro interplay è ai massimi livelli, come del resto quello che mi lega ad Enzo dai tempi del Trio di Roma, era quasi naturale che ci si ritrovasse”. Con lo Space Jazz Trio di Pieranunzi, Sferra e Pietropaoli nel 1988 e nel 1989 vincono il referendum di Musica Jazz come miglior disco e migliore formazione dell’anno.
Straordinari improvvisatori, i tre si ritrovano e danno vita ad un album in alcuni momenti entusiasmante che prelude al ritorno all’attività dal vivo. Medesimo l’approccio del passato nella scelta del repertorio, vengono infatti riproposti alcuni standard accanto a classici rock e pop, sempre con l’intenzione di distillare, quasi, la melodia nella sua purezza. Una ricerca non certo facile. Tre purosangue si potrebbe dire, ascoltandoli in conferenza, battute a volte pungenti, dotati di abbondante sense of humor, hanno ricordato trascorsi e spiegato i perché di questa reunion .
“E nato tutto per caso – racconta Rea – come spesso avviene, tra una chiacchiera e l’altra grazie all’iniziativa del nostro manager Aldo Mercurio e di Giandomenico Ciaramella. Ci siamo ritrovati subito tant’è che la gran parte dei brani è stata registrata al primo take”.
La scelta del repertorio è stata come al solito attenta anche se, dopo alcune prove, sono sopraggiunte delle difficoltà.
“Avevamo pensato di inserire anche qualche brano di Eminen ed altri artisti contemporanei tipo Coldplay, Radiohead – prosegue Danilo Rea. In effetti la gran parte della produzione attuale presa in esame era piuttosto debole sia melodicamente, sia armonicamente ed era praticamente impossibile staccarsi dagli arrangiamenti originali ed improvvisare .Alla fine abbiamo deciso di guardare più indietro con pezzi che ovviamente amiamo e che hanno della melodie e delle armonie talmente potenti che ti guidano quasi all’interno dell’improvvisazione”.
Ecco spiegata la scelta di brani dei Bee Gees (How Deep is Your Love) , Beatles (Let it Be), Leonard Cohen (Hallelujah), Carole King (Will You Love me Tomorrow), Doors (Light my Fire), Henry Mancini (Moon River) e standard come Cheek to Cheek (Irving Berlin) e The Nearness of You(Carmichael/Washington).
Le radici e l’amore per la musica rock e pop è piuttosto manifesta e i tre propongono due ascolti: il brano dei Bee Gees, che apre il cd, seguito da uno standard Cheek to Cheek. Uno dei giornalisti in sala, incuriosito, chiede di poter ascoltare la riproposizione di Life on Mars uno dei capolavori di David Bowie, brano che suscita il convinto entusiasmo di tutti i presenti grazie anche allo splendido impianto (casseBowers & Wilkins).
“Abbiamo voluto essere fedeli alle nostre origini e al nostro modo di improvvisare, attraverso un materiale preesistente, al quale siamo affettivamente legati, verso un mondo, verso una musica, verso un epoca – è Fabrizio Sferra a parlare -. L’approccio del trio, soprattutto in questo disco, è quella di uscire dalle tradizionali tecniche esecutive con la successione dei soli, utilizzando invece una modalità differente quasi fosse un unico solo collettivo dove la musica tende ad essere molto tematica e condotta sempre collettivamente con una grande impronta melodica di tutti e tre”.
L’intervento di Enzo Pietropaoli amplia il discorso circa il loro modo di suonare ed improvvisare.
“E’ vero, anche se vi domanderete come può una batteria essere melodica, ma quando è suonata da Fabrizio tutti glielo riconosciamo. Abbiamo cercato di fare degli assoli che sembrano temi e dei temi che sembrano assoli evitando il cliché assolo, tema, assolo. Un altro aspetto interessante è che nei vari brani registrati abbiamo evitato, come in passato, di intersecare altre composizioni anche se in concerto ancora non sappiamo cosa succederà”.
Quando Enzo Pietropaoli stava parlando, abbiamo ripensato ad alcune considerazioni di Danilo Rea pronunciate poco prima: “senza l’amicizia e l’affinità umana, è quasi impossibile raggiungere certi livelli, il nostro ritorno è frutto di questo forte legame che ci lega da quando eravamo ragazzi”.
Dopo l’esordio in concerto avvenuto l’8 giugno all’Auditorium di Roma, grande appuntamento a Perugia dove, nel corso di Umbria Jazz, al Teatro Morlacchi i Doctor 3 sanciranno il loro ritorno, davanti agli appassionati e alla stampa internazionale. Un cd da non perdere “vivamente” consigliato agli appassionati di buona musica.