La Settimana Musicale Senese dell’Accademia Musicale Chigiana, in programma dal 10 al 17 luglio, è uno dei festival musicali estivi più raffinati che vengano offerti in Italia. E’ nata sette decenni fa da una costola dei corsi di perfezionamento in Italia e dovrebbe essere fatta conoscere all’estero (dati i grandi flussi turistici a Siena in luglio) meglio di quanto non avvenga. Non solo ogni settimana segue rigorosamente un tema, ma ogni anno viene presentata una prima esecuzione mondiale. Probabilmente il fatto che per decenni la principale banca di Siena sponsorizzasse la manifestazione ha indotto a una certa pigrizia nei confronti del marketing internazionale. Tuttavia, è un peccato che alla prima serata del festival, nel delizioso Teatro dei Rinnovati, da pochi anni rimesso a nuovo, i palchi e metà della platea fossero vuoti ed il pubblico composto in gran misura da italiani del settore.



E’ di ottimo auspicio che “questa settimana” ha avuto un anteprima il’8 luglio a Bruxelles con un concerto al Parlamento Europeo con cui si è dato l’avvio ad eventi culturali che accompagneranno il “semestre” in cui l’Italia presiede gli organi di governo dell’Unione Europea. Al termine del programma – con l’esecuzione della Sonata a quattro n. 1 in sol magg. di Rossini e dello Stabat Mater per mezzosoprano e quintetto d’archi di Boccherini – lunghi applausi e standing ovation hanno salutato l’eccellente interpretazione che ne hanno dato il mezzosoprano senese Laura Polverelli, i musicisti del Quartetto Bernini (Marco Serino e Yoko Ichihara violini, Gianluca Saggini viola, Valeriano Taddeo violoncello) e il violoncellista Francesco Pepicelli. In occasione della trasferta a Bruxelles. Gli organizzatori dovrebbero pensare ad un’azione di commercializzazione e stampa all’estero, anche in collaborazione con le agenzie turistiche che in luglio riempiono Siena di stranieri. Purtroppo, numerosi ospiti dell’albergo dove ho alloggiato non avevano contezza di un festival dove sarebbe corsi.



Il debutto vero è proprio ha avuto luogo nel Teatro dei Rinnovati a Piazza del Campo a Siena. Ideata dal direttore artistico Aldo Bennici, la “settimana” si presenta ricca di rarità e novità, in un ideale gioco di specchi e di rimandi in cui i più antichi repertori di musica e danza popolare del nostro paese e non solo, si confrontano con la musica dei tanti compositori – di oggi e di ieri – che ad essa si sono ispirati. Ne sono interpreti voci femminili straordinarie, artisti, musicisti, ensemble di fama internazionale. “In questa stagione ho voluto coniugare le passioni musicali del conte Chigi Saracini, fondatore dell’Accademia Musicale Chigiana, con le mie – spiega Bennici -. Mi sono molto divertito a costruire questo festival che unisce musica popolare e musica colta. Il titolo ‘Specchi’ deriva proprio da questa duplice prospettiva della stessa realtà”.



Anche in questa edizione del festival, non manca attenzione alla musica contemporanea con la commissione di un nuovo lavoro, quest’anno affidato ad Azio Corghi per oltre dieci anni docente ai corsi della Chigiana. Ed è stata proprio questa novità, eseguita in prima assoluta, ad inaugurare la “settimana” il 10 luglio al Teatro dei Rinnovati: si tratta di Blanquette (2014) musica di scena che Corghi ha composto sul racconto La chèvre de M. Séguin di Alphonse Daudet. Protagonista l’attrice Chiara Muti nome di spicco nel panorama teatrale italiano, qui voce recitante affiancata dall’Orchestra della Toscana diretta da Marco Angius – fra i direttori italiani più stimati per il repertorio della musica d’oggi – e dal Coro dei Polifonici Senesi (maestro del coro Raffaele Puccianti).

Il racconto di Daudet riguarda una a capretta dal manto bianco, che spinta dal desiderio di libertà fugge dal gregge per raggiungere la montagna e qui trova la morte, dopo una forsennata lotta contro un lupo famelico, di cui era stata inutilmente allertata. Nella “tematizzazione” del personaggio emerge l’indole curiosa, vitale e ribelle di Blanquette di fronte all’atteggiamento aggressivo e feroce del lupo (specchio musicale della prima). Il che dovrebbe determinare nell’ascoltatore l’istintiva reazione di opporsi a una realtà intimidatoria che impedisce di assaporare anche le “gioie rischiose” della vita per il timore di finire in bocca al lupo nel tentativo temerario di sconfiggerlo a cornate. La musica di Corghi rifugge da tentazioni sperimentali: accompagna il melologo con una partitura diretta da un lato a creare l’ambiente provenzale in cui si svolge la vicenda e dall’altro l’inno alla libertà della capretta (consapevole comunque di soccombere nel suo tentativo di uscire dal recinto ed “andare verso la vita”). Magnifica Chiara Muti che ha recitato integralmente il testo di Daudet con una dizione francese perfetta ed inflessioni della Provenza.

Alla novità di Corghi si riflette la musica di scena ha seguito, nella seconda parte della serata dell’Arlésienne capolavoro di Georges Bizet, anch’essa composta su un testo di Daudet, in un gioco di destini incrociati che accomunano i protagonisti delle due differenti storie, quel desiderio di amore e libertà brutalmente negato: nell’Arlésienne ne è protagonista l’amore infelice di Fréderc per una ragazza di Arles che lo porterà alla morte. L’Arlésienne è stata eseguita nella revisione critica della versione originale per 26 strumenti (a cura di Giacomo Zani) e nella traduzione italiana del testo e riduzione per voce recitante di Vincenzo De Vivo. Il lavoro di Bizet è troppo noto per dovere essere commentato. La novità è che mentre di solito si esegue la suite composta da Bizet per il dramma in cinque atti di Daudet (perdendo i breve ma magnifici cori), in questa produzione la partitura è eseguita integralmente ed il dramma riassunto in italiano da Chiara Muti. Una riflessione critica: una sforbiciatura alla parte parlata (specialmente nella prima parte), con l’eliminazione di intrecci e personaggi secondari, avrebbe reso in maggiore tensione, ed anche migliore attenzione ad una musica che, al pari di quella di Carmen, è densa di presagi dell’espressionismo.