Non si può prescindere dalle proprie origini, culturali e musicali che siano. In questi ultimi anni negli Stati Uniti c’è una nuova ondata di band e di artisti che ripartono dalla valorizzazione delle tradizioni per presentare un suono nuovo, fresco e divertente. Uno dei padri ispiratori di queste band è certamente Bob Dylan uno che, prima di cambiare il corso della musica moderna, a sua volta si è nutrito e ha pagato tributo ai grandi maestri del folk (Woody Guthrie e Pete Seeger), del country (Hank Williams e Johnny Cash) e del blues (Robert Johnson e Blind Willie McTell). 



Ormai da più generazioni sono in tanti quelli che sono cresciuti ascoltando le sue musiche e le sue parole, molti dei quali poi ne hanno tratto ispirazione per le proprie composizioni e carriere artistiche. Sono in pochi invece quelli che possono vantare una forma di collaborazione con il menestrello di Duluth. Tra questi gli Old Crow Medicine Show, una string band originaria della Virginia e trapiantata a Nashville, che propone un moderno country folk.  



La storia del loro insolito “incontro artistico” con il poeta del Minnesota è tutta particolare e vale la pena di essere raccontata: loro Dylan non lo hanno mai incontrato e non ci hanno nemmeno mai parlato assieme. Fin da ragazzi i due membri fondatori della band Chris “Critter” Fuqua e Ketch Secor erano fan di Bob Dylan: “Ho ascoltato Bob Dylan e basta. Nient’altro che Bob per quattro anni. È stato come andare a scuola. Ogni album e ogni outtake di ogni album, ogni album dal vivo che potevo avere tra le mie mani e ogni show che potevo andare a vedere”. L’amico Critter in un viaggio a Londra si imbatte in un suo bootleg “Peco’s Blues” e lo regala a Secor. Si tratta delle sessioni della soundtrack di “Pat Garrett and Billy the Kid” (quelle di Knockin’ on Heaven’s door per intenderci) risalenti al gennaio del 1973. Tra le outtake di quelle registrazioni, che non hanno mai visto la luce in pubblicazioni ufficiali, vi sono due versioni grezze e incomplete di una canzone a cui è stato attribuito il nome Rock me Mama



Conquistato dalla melodia, Secor completa il testo intorno al ritornello, lo arricchisce di suoni con strumenti a corda e trasforma il brano in Wagon Wheel. I crediti sono divisi al 50% con Dylan e la canzone viene inclusa nell’album “Old Crow Medicine Show” del 2004. L’ascolto è virale: decine di milioni di visualizzazioni su Youtube e la certificazione Platinum di vendita. Il brano viene successivamente rivisitato dall’artista country Darius Rucker, frontman di Hootie and the Blowfish, che nel 2013 ne fa un successo planetario. Diciannove anni dopo la prima pubblicazione il manager di Dylan si mette in contatto con la band: “Dylan vorrebbe farvi sapere che si congratula con voi”. Qualche giorno dopo, sempre per il tramite del suo manager, Dylan fa recapitare un frammento di canzone di 26 secondi inciso nello stesso periodo di Rock me Mama: “Dylan ha piacere che voi abbiate questa canzone magari ne potete fare qualcosa”. Dopo la sorpresa iniziale, Secor & Co. si mettono subito al lavoro: “In questo caso si è trattato di una riscrittura quasi completa, sebbene l’originale contenesse già la quintessenza delle caratteristiche di Dylan”. Una prima interpretazione del pezzo, una registrazione live, viene inviata a Dylan e, dopo giorni di silenzio e attesa, sempre tramite il suo entourage: “Dylan dice che il sound è grandioso, gli piace, ma voi ragazzi dovreste suonare il violino e non l’armonica, questo è il sound dei OCMS e il chorus dovrebbe essere regolato ad 8 e non a 16”. 

Le indicazioni vengono seguite alla lettera dai vecchi corvi, prende così vita una dolce e piacevole Sweet Amarillo (per una comparazione con la versione di Dylan anche questo spezzone di poco più di un minuto è contenuto in Peco’s Blues), “Sweet Amarillo, Tears on my Pillow, you never will know how much I cried”. Sweet Amarillo è anche il primo singolo tratto dal nuovo album in studio “Remedy” uscito agli inizi di luglio per l’etichetta ATO di Dave Matthews e prodotto da Ted Hutt (Flogging Molly, Dropkick Murphys, Gaslisght Anthem) con il quale hanno collaborato anche per il precedente Carry me back.

La peculiarità della band è la riscoperta del folk tradizionale e la sua diffusione di massa, un po’ come avveniva per i Medicine Show (da cui deriva il nome) ovvero quegli spettacoli teatrali e musicali itineranti che, nell’America dell’800, venivano portati di città in città per attrarre più pubblico possibile con la vera finalità di presentare e proporre prodotti medicinali miracolosi…

Il vero prodigio degli OCMS è invece l’utilizzo essenzialmente di strumenti tradizionali a corda come chitarre acustiche, banjo, violini, guitjo, contrabbasso, mandolini suonandoli “Loud and Fast” con un piglio combattivo da punk band. Gli OCMS con Remedy non hanno intenzione di porre rimedio ai “mali” della musica moderna ma propongono dell’ottima musica per tutti i gusti: il bluegrass di “8 Dogs 8 Banjos”; le veloci e frenetici suonate  di “Brave Boys” e di “Shit Creek”; le lente ballate come la dolce e toccante “Dearly Departed Friend” e come “Firewater”, brano di Critter riferito in parte ai suoi problemi di alcolismo che lo hanno tenuto lontano alcuni anni dalla band. E ancora il ragtime blues di “Doc’s Day” è un tributo a Doc Watson, l’icona folk che li ha scoperti mentre suonavano in strada davanti ad una farmacia a Boone nel Nord Carolina e che li ha invitati a suonare al MerleFest. Con Tennessee Bound viene ribadito il loro legame con Nashville  (la copertina dell’album è proprio la bandiera dello stato del Tennessee), mentre l’Hillbilly “Brushy Mountain Conjugal Trailer” sul penitenziario Brushy Mountain trova ispirazione dai celebri album live di Cash incisi nelle carceri.

I puristi lamenteranno un allontanamento dai suoni country degli esordi ma Secor puntualizza: “Siamo una country band e la nostra è musica country” e come già detto devono molto a Bob Dylan: “Ci ha insegnato la scrittura delle canzoni. Ha insegnato ai grandi cantautori come scrivere le canzoni” e ancora: “Ho imparato di più dalle canzoni di Bob Dylan che da quanto ho fatto in ogni classe, in ogni momento, in ogni scuola della mia vita”. Cattivi maestri?