L’evento di teatro in musica questa settimana è la messa in scena (e registrazione) de Il Bajazet di Francesco GaspariniNato a Camaiore nel marzo del 1661, fu imitato da Haendel, ammirato da Bach, scrisse oltre 60 opere molto popolari all’epoca e contribuì alla formazione di musicisti come Benedetto Marcello, Joachim Quantz e Domenico Scarlatti. Il Bajazet del 1719 è una delle ultime sue opere, scritta quando aveva quasi sessant’anni, ed è considerata la sua miglior composizione insieme all’Ambleto di cui non è stata conservata la musica.
La produzione di Bajazet a Opera Barga nel delizioso Teatro Dei Differenti (meno di 270 posti tra platea e palchi), nell’ambito di un piccolo festival che con pochissimi mezzi dura da quasi cinquant’anni, rappresenta la prima mondiale in tempi moderni. Il cast, di appartenenza internazionale, è stato selezionato mediante audizioni tenutesi presso il Teatro Verdi di Pisa. Hanno partecipato oltre 100 cantanti. La protagonista femminile è il mezzo soprano polacco Ewa Gubanska, che poche settimane dopo le audizioni ha vinto la prestigiosa Haendel Singing Competition di Londra. A ricoprire il difficile ruolo che fu del famoso baritenore modenese Francesco Borosini, è stato scelto il pluripreminato tenore Leonardo De Lisi. Altra peculiarità della produzione è compresenza di tre controtenori italiani: Filippo Mineccia, Antonio Giovannini, Raffaele Pe. L’orchestra è composta da 9 archi, 2 oboi (flauto), 2 corni, fagotto, tiorba e clavicembalo.
L’intreccio è tipico dell’opera barocca. Bajazet, valoroso imperatore turco, è stato sconfitto dal tiranno turco-mongolo Tamerlano, che lo tiene prigioniero nel suo palazzo assieme all’amatissima figlia Asteria. La giovane ama riamata il principe greco Andronico, ma di lei si è innamorato anche Tamerlano, già promesso sposo di Irene, principessa di Trebisonda. Tamerlano, ignorando l’amore di Asteria e Andronico, si confida con il principe e gli chiede di convincere Bajazet a concedergli la figlia proponendogli in cambio la mano di Irene, liberandosi così dal suo impegno. All’arrivo alla reggia, Irene scopre cosa sta succedendo e, su consiglio di Andronico, si presenta a corte sotto mentite spoglie per impedire che i nuovi propositi vadano a buon fine. Dopo una serie di eventi nella sala del trono viene annunciato il fidanzamento tra Asteria e Tamerlano: Bajazet si oppone, Asteria confessa pubblicamente di aver accettato di sposare Tamerlano soltanto per ucciderlo, si riconcilia quindi con Bajazet e Andronico, ma viene tenuta prigioniera a corte. Durante un banchetto Asteria tenta di uccidere Tamerlano aggiungendo veleno in una coppa, ma Irene impedisce all’imperatore di bere e rivela la propria identità. Bajazet si presenta a Tamerlano annunciando di essersi avvelenato per sottrarsi alla sua tirannia, e gli promette di continuare a tormentarlo dagli inferi. Anche Asteria e Andronico progettano il suicidio, ma Tamerlano annuncia che sposerà Irene e lascerà Asteria e il trono di Bisanzio ad Andronico.
Come e dove si possono muovere un principe greco, un tiranno tartaro, un valoroso imperatore turco? Lo abbiamo chiesto alla regista, Paola Rota.
“Per noi si possono solo muovere in una rappresentazione, in un quadro che incornicia un palco nudo che è la prigione, ma anche semplicemente lo spazio scenico. Le cornici racchiudono e identificano uno spazio d’azione che non riesco a pensare come realistico, l’unico luogo che sembra adatto a questi personaggi è un luogo della mente che può prendere la forma di un quadro. Il nostro spazio, quello di noi spettatori, è invece la contemporaneità, il teatro vuoto. Il nostro sguardo si moltiplica e si confonde nell’andare indietro nel tempo, in un gioco di rimandi e di stili teatrali che va dal periodo della scrittura dell’opera, il Settecento, all’immaginifico Quattrocento nel quale è ambientata la storia.
Alla fine del secondo atto, nel momento di maggior tensione del dramma, la protagonista Asteria si rivolge con inquietudine prima al padre, poi all’amante, e infine alla principessa Irene, sua rivale, domandando “chi sono”? «Padre dimmi son più indegna figlia? Andronico son più l’infida amante? Amica son quella superba donna?». Questa sembra essere la sua maggior preoccupazione. Chi è lei? Come si deve rappresentare per venire accolta da chi le sta intorno? E chi è Andronico? E quanta ambiguità c’è nel suo muoversi assieme all’amato all’interno di quest’opera tragica? È da qui che siamo partiti nel pensare a come mettere in scena questo Bajazet. È centrale in questo senso- precisa Paola Rota- lo slittamento dei piani tra la volontà di autorappresentazione dei personaggi stessi, che determina dolorosamente la loro identità, alla possibilità per noi di rappresentarli cercando di rispettare la loro lontananza geografica e temporale”.
Pochi, ma significativi, elementi richiamano il teatro barocco, tutti nel segno della leggerezza e della possibilità di sparire. I costumi, che restituiscono l’idea dell’immaginifico tempo lontano dell’ambientazione attraverso una sapiente reinterpretazione della cifra barocca dell’epoca. I fondali all’antica, che definiscono via via gli ambienti e gli spazi pittorici all’interno dei quadri e si trasformano in oggetti scena. E le cornici, che sono il luogo delle identità riflesse, sono la reggia, il potere, racchiudono l’idea che ogni personaggio si fa di sé, luoghi magici e incantati di cui ognuno vorrebbe appropriarsi per dare la propria visione del mondo.