È in corso dal 25 luglio al 31 agosto, il sessantesimo Festival Puccini a Torre del Lago. È stato inaugurato il 10 agosto a Pesaro la trentacinquesima edizione del Rossini Opera Festival  ROF) che durerà sino al 22 agosto. Le due manifestazioni offrono l’occasione di parlare dell’importanza dei festival monografici non solo perché quelli dedicati a Puccini e Rossini – dato e studi analitici alla mano – apportano un contributo considerevole alle economie delle aree dove hanno luogo ma perché grazie a un pubblico “fidelizzato” consentono riscoperte ed esecuzioni di lavoro poco eseguiti. In effetti rispetto ad altri festival (si pensi agli sviluppi recenti di quelli di Spoleto e di Macerata) non mancano né di pubblico né di attenzione da parte della stampa internazionale. Solo i Festival intitolati a Bellini e Donizetti non sono mai decollati (in gran misura a ragione della carenza di voci adatte) e quello intitolato a Verdi ha avuto vicende molto alterne: Gianandrea Gavazzeni amava dire che Verdi viene celebrato tutte le sere in tutti gli angoli del mondo e, di conseguenza, non necessità di un festival ad hoc,



Analizzeremo, tra breve, il ROF. Soffermiamoci sul Festival Puccini che solo tre anni fa ha rischiato di scomparire. Il 57° Festival Pucciniano di Torre del Lago ha rischiato di non essere realizzato in quanto Arcus (la società mista tra ministero dei Beni Culturali e ministero delle Infrastrutture incaricata di supportare la cultura) ha “dimenticato” (secondo quanto riferito dal management della rassegna) di mettere in programma il relativo finanziamento. Quindi, il Festival (il cui staff fisso è composto di solo otto persone) si è trovato in serie difficoltà. Allora, l’appello “Salvate Puccini” ha fatto il giro del mondo; a pochi anni dalla celebrazioni del 150° anniversario della nascita del compositore italiano, e a tre dall’inaugurazione del grande teatro costruito in suo onore, sarebbe stato gravissimo perdere non solo il Festival ma anche l’eredità di studi e ricerche della Fondazione. La risposta è arrivata. Dall’Estremo Oriente, dalla Francia e da altri teatri italiani. L’allestimento Bohème allor presentato è venuto da Hong Kong e Macao. Quello di Madama Butterfly è giunto dal Npo di Tokyo e ha  girato le isole del Giappone. I teatri di Lucca, Mantova, Ravenna, Pisa si sono coalizzati per una tournée della ripresa della grandiosa Turandot (in scena sino al 26 agosto). L’Opéra National di Nizza è corsa in aiuto mettendo in cartello l’allestimento di Bohème curato da Scaparro-Folon che ha trionfato per oltre un lustro a Torre del Lago. C’è stata una vera mobilitazione degli Istituti di cultura italiani e stranieri per Puccini, particolarmente attivi quelli del nostro paese a Tokyo e Pechino, ricordiamo questa vicenda perché salvare il Festival Puccini è una leva non solo per lo sviluppo locale ma anche per le relazioni interazionali dell’Italia.



La “sala” non ha le caratteristiche acustiche per un lavoro che comporta una partitura complessa per un vasto organico orchestrale e il maestro concertatore; Bruno Nicoli (dello staff della Scala dove è assistente del direttore del coro) non ha ridotto l’organico a dimensioni cameristiche, come a volte avviene. Il Trittico è un poema sinfonico in tre movimenti; inizia con un “agitato”(il grand­guignolesco Tabarro), continua con un “largo”(Suor Angelica) e si chiude con uno “scherzo” (Gianni Schicchi). Il Trittico comporta un maestro concertatore in grado di rivelare la raffinatezza di un Puccini in una delle sue partiture più moderne. Bruno Nicoli, non è stato all’altezza: solo in “Gianni Schicchi” ha tenuto bene l’equilibrio tra buca a palcoscenico. Nelle altre due opere gli impasti hanno lasciato a desiderare, le voci sono state spesso coperte e l’approccio alla direzione è stato più da didatta che da interprete. Oltre ad Alberto Mastromarino (il cantante senior della partita), alcune giovani voci si sono fatte notare come promesse di buone carriere (in particolare, Mirko Matarazzo, Laura Brioli, Francesca Cappelletti, Ugo Tarquini).

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