Se potessi definire lo stile che, personalmente, credo lo caratterizzi, non utilizzerei altro che l’aggettivo “stupefacente”. È iniziato tutto per caso, in un pomeriggio triste di ritorno dalla mia amata Irlanda. Guidando dall’aeroporto a casa ho infatti acceso la radio, e inaspettatamente mi è tornata vitalità, allegria, e spensieratezza, quasi le vacanze io dovessi ancora cominciarle. Il merito è tutto suo, Paolo Simoni – romagnolo di nascita, cantautore per professione. Due i singoli che abilmente hanno conquistato la classifica radiofonica italiana, “Che stress” prima, e “15 Agosto” poi. Commovente il suo terzo album, prodotto da Warner Music, “Si narra di rane che hanno visto il mare”. Paolo Simoni viene da alcuni definito successore di Lucio Dalla, avendo con lui collaborato in studio qualche anno fa, per poi incidere insieme la canzone “Io sono io e tu sei tu’” Partecipa nella categoria “Giovani” al Festival di Sanremo 2013, e oggi torna a farsi conoscere coi suoi mille progressi e le sue 11 poesie. Sì, perché i brani del suo ultimo album non possono essere definiti altro che “piccoli capolavori”.
Me li sono ascoltata tutti con il cuore che sobbalzava, e l’emozione che mi portava le lacrime agli occhi. Non enfatizzo dicendo che Paolo riesce a scatenare in me quella comunemente definita “pelle d’oca” che credo si manifesti solo se ciò con cui hai a che fare è una magia d’arte vera e propria, né più né meno. L’ho contattato telefonicamente qualche giorno fa, per farmi raccontare qualcosa di più a proposito di quel giovane che in molti (e mi auguro ancora per poco) finora non conoscono. Era in viaggio anche lui, e la linea telefonica andava e veniva, tra una galleria e l’altra.
«Suono da quando ho 5 anni. La musica ha sempre fatto parte di me. Credo fosse già scritto sin dal mio concepimento che ne avrei irrimediabilmente avuto a che fare», mi dice. Ha aperto i concerti di Luciano Ligabue allo Stadio Olimpico di Roma e a Milano, a San Siro. «I miei cantanti preferiti sono italiani e vecchiotti. De Gregori e Vasco Rossi, tra gli altri. E poi Luciano (Ligabue, ndr), che adoro proprio perché non ha mai rinunciato a cantar ciò che voleva, come voleva. Nel contesto storico di oggi, trovo le sue canzoni certo un po’ mainstream, ma davvero belle storie raccontate altrettanto bene. A mia volta mi rifugio nella canzone autore, e penso che anche questo sia ciò che vuole ancora oggi la gente. Lui, Ligabue, non è banale né scontato».
Non ti aspettavi quindi tutto questo successo? Perché, diciamolo, ne stai guadagnando parecchio. Per altro a mio parere assolutamente meritatissimo…
Ti ringrazio e beh, no, non me lo aspettavo assolutamente. Finalmente arrivato al terzo album credo qualcosa si stia muovendo nella giusta direzione! Sono felicissimo di notare che la musica italiana non è affatto morta. Le mie sono canzoni d’autore, mentirei se dicessi il contrario. Riscontrare quanto piacciano alla gente mi fa ben sperare e sorridere. Non solo perché sto parlando del mio lavoro, e non di quello di un collega, ma proprio perché credo, allora, che nonostante col commerciale si guadagni di più, e si arrivi forse al successo prima, le orecchie della gente, però, ardono ancora il desiderio di buona musica, quella che ti ascolti solo in certi locali e non in televisione. Che soddisfazione!
I tuoi progetti “futuri” prevedono un tour invernale in mezzo alla gente. Sbaglio?
Niente affatto. Sarà una stagione ricca di appuntamenti, concerti un po’ ovunque, con o senza band, che anche l’idea “piano e voce” mi entusiasma moltissimo. C’è tanto tantissimo bisogno di portare la musica dal vivo anche in tutti quei piccoli spazi forse poco conosciuti, proprio per vivere un pieno contatto diretto con le persone. Insomma, una cosa che amo, e con la quale mi ci trovo molto bene.
Gli chiedo, in ultimo, se tra i gioielli del suo disco ce ne sia uno, di brano, che preferisce rispetto a tutti gli altri. Mi risponde sicurissimo, senza esitazioni, “L’Aldilà”. E lì per lì non gliel’ho detto perché volevo esser (quasi) professionale e non lasciarmi troppo andare. Ma, caro Paolo, “L’Aldilà” è per me uno dei brani più belli degli ultimi tempi. E fra i tuoi tutti, è quello che mi è rimasto nel cuore di più. Sarà, forse, che anche io, come te, amo la canzone d’autore, italiana e vecchiotta. Sarà che sei veramente bravo e meriti molto. Sarà che “Si narra di rane che hanno visto il mare” è uno di quegli album che personalmente regalerei a chiunque, proprio perché tutti dovrebbero sapere che anche in Italia i giovani sono grandi. Paolo Simoni emoziona, commuove, arriva al cuore delle persone. La sua musica è una gran bella musica. Non perdetevelo per nulla al mondo. Caro Paolo, solo complimenti, e a presto.
(Claudia Cabrini)