Alla terza produzione scenica de Il Barbiere di Siviglia, il Rossini Opera Festival (ROF) finalmente ci azzecca. E produce, a costo bassissimo, uno spettacolo che merita di andare in tournée nei principali teatri storici italiani (purché di dimensioni contenute come il Teatro Rossini di Pesaro) nonché di presentare l’Italia in festival internazionali come quelli di Vienna e Aix-en-Provence che hanno sale adatte. Eppure, non sarebbe dovuta essere una produzione scenica. 



Programmata a ragione della riduzione del budget complessivo della manifestazione a causa della riduzione delle sponsorizzazioni (per ragioni di crisi aziendali e bancarie nell’Italia centrale), non potendo presentare Il Barbiere ancora una volta in versione da concerto, si era pensato ad una versione semi-scenica che fosse poco più di un saggio di fine corso dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino, affiancandoli però con cantanti di rango, una buona orchestra ed un maestro concertatore giovane ma già affermato. A poco a poco il progetto si è trasformato in un allestimento scenico vero e proprio. E che allestimento scenico!



A Pesaro mettere in scena  Il Barbiere fa tremare i polsi. Si pensi che per presentare un Barbiere che fosse filologicamente esemplare il Festival iniziato nel 1979 ha aspettato sino al 1992. Gli aspetti musicali erano buoni (ma non eccelsi); tuttavia, la regia di Luigi Squarzina trasportava l’azione nella sala di anatomia dell’Archiginnasio dell’Università di Bologna. Tra scheletri e fiale. Allegria! Il pubblico entrava in teatro pensando di divertirsi (come di solito avviene quando è in scena una delle maggiori commedie in musica del diciannovesimo secolo) e ne usciva triste. Peggio ancora nel 2005: grandissime voci, ma nell’enorme palcoscenico Luca Ronconi leggeva Il Barbiere come apologo sociale in cui il capitalista Bartolo teneva in prigione la povera Rosina. 



L’Accademia delle Belle Arti di Urbino (tutti i componenti dell’équipe sono elencati nel programma di sala ma non c’è né un regista né uno scenografo in senso stretto) ha concepito invece uno spettacolo multimediale divertentissimo che mantiene l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna nella tradizionale buca ed è concertata con sapienza da Giacomo Sacripanti) ma utilizza tutto il teatro- palcoscenico, palchi, platea-  per l’azione scenica. I costumi sono ovviamente contemporanei, tranne quello dell’ufficiale che al termine del primo atto entra in sala in uniforme napoleonica e su un cavallo impagliato di grandezza naturale. Rosina (Chiara Amarù) è ‘grassottella’ come richiede il libretto ma non ha difficoltà con una coloratura che la porta a registri da contralto. Juan Francisco Gatell è un Conte d’Almaviva che affronta spavaldamente , e con grande naturalezza, l’aria finale Cessa di più resistere che molti tenori scansano con il pretesto che non è essenziale all’azione ma anzi la rallenta. Figaro è il francese Florian Sempey, un vero diavolo di vivacità atletica e canora. Don Bartolo e Don Basilio i veterani Paolo Bordogna ed Alex Esposito. Felicia Bongiovanni è una Berta a tutto tondo.

Azione spigliatissima con visual aids di classe. Ritmo incalzante da film comico. Tante risate, tanti applausi e tante speranze che questo Barbiere viaggi a lungo in Italia ed all’estero.