Il tango… un ballo, una filosofia, un sentimento, figlio di un’emigrazione di massa che all’inizio del secolo scorso popolò l’Argentina; una musica, un ritmo di ascendenze europee e africane, nato da un connubio che, come il jazz, inizialmente si diffuse nei bordelli per poi uscirne ed espandersi, incurante delle censure di molti ambienti per il suo carattere lascivo nel ballo. Negli anni ‘20 esplose e si diffuse in tutta l’Argentina fino a diventare l’idolo di tutte le classi, abbienti e non. In quegli anni approdò in Europa, rispettivamente in Francia e in Italia, ma questa musica che siino ma specialmente il bandoneon, una fisarmonica di origine tedesca inizialmente creata per poter essere suonata dalle bande di strada e poi arrivata fin qui, chi dice per mano di un brasiliano, chi di un italiano… di sicuro su quelle navi che approdavano quotidianamente scaricando in queste terre il sogno dell’America.
Il Bandoneon, principe di una musica che pareva finita negli anni Settanta, dimenticata, non più alla moda, ritmo di un’epoca passata e invece come un gatto dalle sette vite eccolo resuscitare proprio a Parigi per mano di un bandeonista e compositore che rompe tutti gli schemi e lo trasforma in musica da camera, suonato da orchestre classiche in magici connubi con gruppi di tango. Stiamo parlando di Astor Piazzolla, che però nella sua evoluzione pare metta in secondo piano il ballo. Niente paura, nel 1983 nasce un musical, “Tango argentino”, che di colpo reinventa tutte quelle movenze dandogli un carattere artistico di notevole livello.
Tutto merito di una coppia di ballerini, Maria Nieves e Juan Carlos Copes. Un successo internazionale senza precedenti rilancia, anzi completa, l’opera di resurrezione e il tango si evolve fino a diventare un patrimonio di tutta l’umanità, riconoscimento concessogli dall’Unesco. E come sempre accade in un revival, rinasce anche tutta la storia e i suoi personaggi del passato diventano leggenda, come il bandoneonista Anibal Troilo, detto Pichuco, un musicista incredibile, un vero maestro di cui ricorre il centenario della nascita. Celebrato da un evento che, come tutti gli anni, attira a Buenos Aires gli aficionados del tango da tutto il mondo.
Stiamo parlando del festival mondiale del Tango: due settimane che si svolgono principalmente negli auditorium di un bellissimo centro culturale denominato l’Usina del Arte situato nel quartiere della Boca in un metafisico palazzo di stile medioevale, un vero e propri castello che fu sede di una compagnia dell’energia elettrica e che da alcuni anni ne produce di culturale di altissimo livello attraverso manifestazioni che confermano quanto Buenos Aires ne sia una delle capitali mondiali.
Iniziata il 13 di agosto (e chiuderà il 26) con uno spettacolare concerto dell’Orchestra di tango della città di Buenos Aires, la manifestazione propone concerti, dibattiti, proiezioni di film, corsi di tango a tutti i livelli. Il tutto assolutamente gratuito…. Ma come sempre il clou risiede nella gara di ballo alla quale partecipano coppie provenienti da tutto il mondo, dimostrando l’internazionalità di questa musica la cui fama, ma sarebbe meglio definirla furore, è approdata anche in Cina.
Credo che la ragione sia da ricercarsi nella straordinaria comunicazione corporale che implica il ritmo porteno, che assume sempre più importanza specialmente nella situazione attuale, in controtendenza con la virtualità della comunicazione tipica di una società sempre più “videns” invece che “sapiens “.
L’enorme quantità di pubblico presente può godere di qualcosa di unico che non si limita alla musica o alla filosofia tanguera, ma anche della resurrezione architettonica e culturale del quartiere della Boca, luogo dove pare approdò lo scopritore di queste terre, il navigatore Don Pedro de Mendoza, nel 1537 a bordo di caravelle che avevano la metà dell’equipaggio composto da marinai sardi, che vollero dare al luogo scoperto il nome della propria patrona, la Madonna della Bonaria. Difatti si chiamo Città di Nostra Signora della Bonaria (Ciudad de Nuestra Senora de los Buenos Aires). Senza saperlo questi marinai sardi rappresentarono l’inizio dell’influenza italiana, dato che l’enorme emigrazione dalla seconda metà dell’Ottocento approdò nello stesso luogo, fondando poi una vera e propria succursale della Madre Patria che ebbe anche pretese, subito sopite, di fondare una Nazione: la Repubblica della Boca.
Caduta in disuso dagli anni Settanta La Boca attraversò un periodo di decadenza, fino a trasformarsi in un quartiere non proprio raccomandabile, sempre con una ricostruzione promessa che però, finalmente, è iniziata anni fa e i risultati si vedono, anzi si godono nella straordinarietà architettonica dei suoi edifici, totalmente recuperati e con un destino diverso, quello di far parte di un quartiere culturale dove si continua a respirare il passato, ma finalmente si inizia a intravedere un roseo futuro. Proprio come il tango.