“Corporation sucks” era solo uno dei tanti slogan di quando la musica rock urlava orgogliosa la sua indipendenza. Fantasie da hippie fuori tempo massimo o da punkettari sognatori si dirà, in un mondo dove anche la musica rock non può fare a meno del motore propulsore del capitalismo e dove star come David Bowie si quotano a Wall Street. Se poi uno come Paul McCartney sia arrivato a fatturare più della British Airways si capirà come certi discorsi siano contradditori o ipocriti davanti alla realtà in cui ci muoviamo ed esistiamo.
La Apple poi è la creatura di un ex hippie, uno che è stato fidanzato con Joan Baez che era stata fidanzata di Bob Dylan, che dello stesso Dylan faceva collezione di registrazioni pirata e si faceva anche un sacco di spinelli. Che questo ex hippie secondo certe notizie piuttosto attendibili poi abbia instaurato un sistema aziendale basato sullo sfruttamento del lavoro nel terzo mondo, lo spionaggio industriale, il licenziamento coatto di chi lo contraddiceva, ci fa scandalo? Un po’ sì, in effetti. La Apple non ha in realtà niente di diverso oggi dalle grandi corporazioni industriali che hanno fatto il bello e il cattivo tempo nel mondo, più spesso il cattivo tempo in realtà.
Ma non è questo il punto. Il punto è che la presenza degli U2, una band nata in piena etica punk, quella del “do it yourself” (fattelo da solo, in sostanza), in tempi non sospetti sia apparsa sul palco della Apple al termine della presentazione del nuovo prodotto, l’iPhone 6, questa volta in coppia anche con un orologio, suscita scompensi emotivi e sta aprendo dibattiti e discussioni nel mondo della Rete. Ci sono andati per pubblicizzare il loro accordo con il gigante americano per il lancio in contemporanea della nuova oggettivistica Apple del loro nuovo disco, “Songs of Innocence”. Che fino al 13 ottobre sarà possibile scaricare gratis dalla piattaforma di Apple, iTunes. Non solo: stamattina, la gran parte senza saperne il perché, solo perché iscritti a iTunes, circa 500 milioni di persone si sono trovate il disco degli U2 nella loro piattaforma musicale, nei loro cellulari, nei loro iPod e iPad. Intrusione bella e buona? Perché obbligarmi ad ascoltare un disco che non mi interessa? I commenti di molti utenti sono simpaticamente indicativi: a dire la verità, inserire un disco degli U2 nel mio telefono senza il mio permesso è come obbligare un vegetariano a mangiare bistecche. Oppure: Perché c’è un disco degli U2 nel mio telefono? Sto ancora dormendo? E’ un incubo? Una maledizione? Perché c’è un disco degli U2 nel mio telefono e come accidenti faccio a eliminarlo? Ecco. Appunto. Ascolto forzato, si direbbe, qualcosa che neanche George Orwell aveva immaginato. Tim Cook della Apple lo ha spiegato: “Stiamo facendo la storia della musica perché è il più grande lancio di un disco di tutti i tempi”. Una volta la storia della musica però si faceva semplicemente facendo un disco bello, ma ecco di quanto sono cambiati i tempi. Quantità, non qualità. Il gigantismo per chi conosce la storia degli U2 è stato quasi sempre il punto fondante della loro proposta musicale, basti pensare alle scenografie faraoniche dei loro spettacoli.
“Abbiamo sempre voluto che la nostra musica raggiungesse più persone possibili. Questo è il disco più personale che abbiamo mai scritto e potrà essere condiviso con mezzo miliardo di persone, soltanto con un click” ha detto Bono dal palco di Cupertino. “Lavorare con Apple è sempre una esplosione, vogliono fare cose che non siano mai state fatte prima è un brivido anche solo farne parte”. Ecco. Anche lasciando perdere considerazioni importanti come quelle accennate sulle distorsioni di un sistema capitalistico quali lo sfruttamento e l’inoculamento di bisogni fittizi (chi ha bisogno veramente di un nuovo iPhone che costa pure una cifra esorbitante? In realtà nessuno, è feticismo per ricchi spensierati, è far credere alla gente che abbiano bisogno di qualcosa di cui non hanno veramente bisogno) la mossa di Bono e compagni appare inquietante.
Quanto fatto dagli U2 con la Apple è piuttosto l’ammissione che la musica come l’avevamo sempre vissuta e pensata non è più il centro. Il supporto non esiste più, e se è vero che oggi i dischi anche gli U2 ne vendono pochi, e i soldi li fanno con i concerti oceanici, è anche vero che passerelle come questa alla Apple hanno contribuito alla morte del mercato discografico. Il supporto non è più una realtà commerciale neanche, la musica è invece un gadget da allegare al nuovo iPhone (dietro ci sono, come ha detto lo stesso Bono, accordi commerciali da un sacco di soldi).
In realtà una cosa analoga l’avevano già fatta i Radiohead, dando via un disco a offerta libera, anche a un centesimo di euro se uno voleva spendere un centesimo di euro. Ma il loro era un gesto di denuncia, di indipendenza, di ribellione alle logiche asfissianti del mercato globale e corporativo. Gli U2 invece abbracciano in pieno questo mercato, lo esaltano e ne fanno veicolo della musica, il gesto degli U2 è da band corporativa, che non ammette rivali e che uccide la concorrenza con mosse nel più bieco stile capitalistico: io posso, voi no. O per dirla con Alberto Sordi: io sono io, voi non siete un c…