Viene pubblicato un documento di grande importanza per la storia del rock. Sono le registrazioni, rimaste nel cassetto per 40 anni, di alcuni strepitosi concerti che i Queen tennero al celeberrimo Rainbow di Londra nel 1974. Il materiale completo presenta il repertorio di due concerti, il primo del 31 marzo 1974, e il secondo del novembre dello stesso anno, dopo l’uscita del primo album che li portò nella Top 20 degli LP, Sheer Heart Attack.
Il concerto di marzo ci presenta i Queen durante il loro primo tour come gruppo di punta, ancora caldi dal tour dell’anno prima come supporter (si diceva così) di Mott and the Hoople, gruppo che ebbe in seguito meno fortuna di loro. I concerti di novembre invece rappresentano un passo avanti per la band, dopo l’uscita di uno dei loro album migliori, Sheer Heart Attack. Ma andiamo con ordine.
Nelle esecuzioni di marzo li troviamo molto più vicini al progressive rock di quanto si direbbe, ma con una venatura spiccatamente hard. Dopo la breve intro di Procession, troviamo subito Father to son, grande pezzo che li avvicina notevolmente a quello che nello stesso periodo stavano facendo gli Yes. Si prosegue con Ogre battle, la battaglia dell’orco, per arrivare poi ai riff pesanti, verrebbe da dire zeppeliniani di Son and Daughter. Il brano è spezzato in due da un a solo di chitarra, davvero avanti nei tempi. Brian May viene lasciato solo dal resto della band e sviluppa un inciso strumentale sorprendente per l’epoca, arricchito da un uso massiccio del delay a creare atmosfere avvolgenti e melodie che si duplicano e si rincorrono.
Ma mi fermo un momento a scorrere la lista dei pezzi e mi accorgo che il CD è doppio e il numero totale delle tracce è 41. Non posso dettagliarvele tutte. Menzioniamo la cavalcata possente di Great King Rat e la potenza mostruosa di Keep yourself alive, che trasuda hard rock da ogni poro, lasciando spazio in mezzo al brano, ad un a solo di batteria.
Seven Seas of Rhye è all’epoca il nuovo singolo dei Queen, che avevano eseguito poco prima di questo concerto alla celeberrima trasmissione televisiva Top of the pops. Andarono lì coprendo un buco dell’ultimo momento: un imprevisto rese indisponibile David Bowie, e quella performance televisiva contribuì a spingere il singolo che arrivò quasi subito nella top 10.
Modern Times Rock’n’Roll sembra quasi una citazione/scimmiottamento/tributo della quasi omonima Rock and Roll dei Led Zeppelin, uscita un paio di anni prima. Subito dopo un medley di veri rock’n’roll dona il dovuto tributo alle radici, anche se annodate e aggrovigliate in suoni duri e aggressivi.
La breve intro di Procession apre anche il secondo CD, così come il primo, lasciando immediatamente spazio alla grandissima Now I’m Here. Ogre Battle, Father to Son e White Queen offrono la possibilità di confrontare queste versioni con quelle contenute nel primo CD e risalenti a qualche mese prima.
In the Laps of the Gods a detta dello stesso Freddie Mercury, rappresenta un po’ l’antecedente di Bohemian Rhapsody e più in generale dell’intero album A Night at the Opera. Brano in cui effettivamente appare il pianoforte ed è sensibile l’amore verso romanze ed arie d’opera.
Dopo le riproposizioni di alcuni brani già ascoltati nel concerto di marzo e nel frattempo diventati hits, va menzionata almeno la presenza di uno dei pezzi più hard e più forti dell’album Sheer Heart Attack, la potenteStone Cold Crazy, in una versione mozzafiato, rapida, nervosa, esplosiva.
Il concerto si chiude con In the Laps of the Gods… revisited e il suo la-la-la che prelude a We are the Champions, ma c’è spazio ancora per una serie di bis, che consistono niente meno che in Big Spender, Modern Times Rock’n’Roll, Jailhouse Rock (da sola e non in Medley) e God Save The Queen.
Ecco, alla fine li ho citati quasi tutti. D’altronde questo doppio CD fotografa i Queen all’apice della loro esplosione, in forma splendida, galvanizzati dai primi successi e in possente crescita creativa. Dopo il concerto del 31 marzo, il materiale registrato era pronto per la pubblicazione, ma i Queen vollero chiudersi in sala di registrazione e realizzare subito un nuovo album, che fu appunto Sheer Heart Attack, in cui si spinsero avanti nella definizione del loro suono e del loro stile, decidendo poi di proporre quasi subito dal vivo i brani del disco, che furono anch’essi registrati nei concerti, sempre al Rainbow, del novembre 1974.
Solo oggi tutto questo materiale viene alla luce, in tutta una serie di formati, pronti a far ingolosire i fan e i collezionisti. Ma non è roba solo per loro. È un documento ricchissimo per chi volesse conoscere una band all’epoca emergente nel momento dell’ascesa; questo dona alle esecuzioni live una tensione ed una forza uniche, mettendo in luce compattezza, grandi (non nuove certo, per chi conosce la storia a venire) doti strumentali e vocali, brani scritti con maestria ed eseguiti in maniera convincente e possente.