Il Teatro dell’Opera di Roma Capitale conclude la stagione 2013-2014 con nuovi allestimenti di Cenerentola di Prokofiev e di Rigoletto di Verdi. Sono due lavori densi di politica. Che lo sia Rigoletto è cosa nota. Non lo si scorge , invece, in numerosi allestimenti di Cenerentola di Prokofiev – soprattutto in quello che si è visto per diversi anni a Roma. In primo luogo, occorre pensare che la composizione del balletto iniziò nel 1940, ma il lavoro terminò nel 1945, e la prima si ebbe al Bolshoi il 21 novembre si quell’anno. La composizione fu laboriosa per due motivi: la ‘grande guerra patriottica’e le interruzioni dovute ad altri impegni, tra cui musica da concerto e da film relativa alla contingenza bellica; difficoltà con il librettista Solomon Vlokov, il quale peraltro seguì molto fedelmente la favola di Charles Perrault. 



Cenerentola ha un forte contenuto politico poiché, concepita dopo l’inizio della guerra e terminata dopo la fine vittoriosa, è un appello alla capacità dell’arte di rappresentare il lirismo dell’utopia ed il percorso verso il realizzarsi di un sogno (di pace e di serenità). Come nota acutamente Pietro Rattalino nel suo libro sul compositore (Sergej Prokofiev: la vita, la poetica, lo stile Zecchini Editore 2003), la vicenda dava modo all’autore di esplicare i suoi doni e per il lirismo (l’amore del Principe e di Cenerentola) e per il grottesco (la madrigna e le sorellastre che, nel libretto originale, sono impersonate da ballerini di genere maschile, mentre è invalsa la prassi di affidarli a ballerine). Nella breve nota di presentazione per la prima assoluta al Bolshoi , Prokofiev scrisse: Ciò che volli esprimere soprattutto nella mia  musica di Cenerentola fu l’amore poetico di Cenerentola e del Principe, la nascita ed il fiorire di questo amore, gli ostacoli al suo cammino ed alla fine il completamento del sogno.



 

Questa ricerca dell’utopia avveniva mentre Prokofiev componeva le musiche dei film Alexandr Niùewvsky e Ivan il Terribile di Eisenstein, grandi capolavori ma con dichiarato intento didascalico e politico, oppure le opere Luogotenente Kijé e Semyon Kokto di chiaro intento propagandistico – patriottico. 

E con questa chiave di lettura che occorre accostarsi a Cenerentola. Lo fa la nuova coreografia di Derek Deane, a lungo alla guida dell’English National Ballet, nello spettacolo che ha debuttato il 25 settembre dal Teatro dell’Opera di Roma capitale e che si replica sino al 5 ottobre. Mentre gran parte delle edizioni, si basano sulla coreografia originaria di Petipa e Lev Ivanov (specialmente quella curata da Carla Fracci vista in passato a Roma), in questa versione Derek Deane, segue la ‘scuola britannica’, principalmente  Frederick Ashton. Quindi, una Cenerentola molto British in cui la Madrina accompagna la fanciulla verso il suo sogno di vita.



 La coreografia di Deane è solare (e si differenzia da quelle ‘gotiche’ che la hanno preceduta) .E’  una sfida per i protagonisti e per tutto il corpo di ballo in quanto comporta un ritmo molto serrato .Semplici ma interessanti le scene di Michele Della Cioppa (vengono dai magazzini del teatro- di questi tempi è saggio fare economia) ; i costumi di David Walker sono molto British, specialmente nei colori del corpo di ballo al secondo atto), e possono non piacere a qualche spettatore, ma li ho trovati di impatto ed in linea con il resto dello spettacolo.

 

La grande scoperta per il pubblico italiano è Maria Kochetkova, giovane prima ballerina del balletto di San Francisco (dove ha creato il ruolo). Ha iniziato la carriera come ginnasta, passando alla danza moderna e portando queste esperienze nel balletto sulle punte.  Il Principe di Giuseppe Picone e la Madrina di Alessandra Amato (nonché i comprimari ed il corpo di ballo) confermano l’alta qualità del balletto del Teatro dell’Opera di Roma Capitale. Si alternano tre cast nelle dieci repliche.