“In lui la musica ha rappresentato il tutto, lo rappresentava, lo raccontava, lo motivava, lo animava ed è stato così da sempre, fino all’ultimo respiro” (Antonella De Pascale)
Purtroppo in questi ultimi anni abbiamo assistito alla scomparsa di tanti cari amici e artisti che sono stati parte importante della nostra vita. Nel nostro continuo girovagare, quasi fossimo una tribù nomade, intrecciamo rapporti, amicizie, che, nonostante le sporadiche frequentazioni, rimangono salde e sincere.
All’interno dell’ambiente giornalistico, sicuramente uno dei più limacciosi del nostro paese, autentica casta nella quale vivono in simbiosi amici degli amici, figli di politici, personaggi che, come purtroppo di frequente accade, non meritano il posto che occupano, ne tanto meno si contraddistinguono per qualità umane, si incontrano anche persone di gran valore umano e professionale.
Ernesto De Pascale è stato uno di questi , prematuramente scomparso il 13 febbraio 2011 nel giorno del suo cinquantatreesimo compleanno. Era giusto, da parte chi è rimasto, ricordarne la figura con qualcosa di duraturo, in cui emergesse la sua storia professionale e umana, ricca di mille esperienze e fortemente pervasa da una smisurato amore per la musica.
La sorella Antonella De Pascale, brillantemente affiancata dalla penna di Antonello Anzani, pubblica proprio in questi giorni MY NAME IS ERNESTO (Zona Editrice) che ne ricorda con affetto e partecipazione la figura. Il libro ricostruisce in maniera originale il percorso di Ernesto De Pascale e, con garbo e misura, fa sì che il volume diventi indirettamente una sorta di guida per i giovani che volessero intraprendere la strada del giornalismo musicale.
Nato a Firenze nel 1958 Ernesto De Pascale inizia ad avvicinarsi alla musica grazie al padre che gli regala una copia di Ciao 2001, il leggendario settimanale, per anni compagno inseparabile degli appassionati di musica. Di lì lo studio del piano, le prime esperienze musicali, la folgorazione per il progressive assistendo ad uno dei primi tour dei Van Der Graaf Generator, fino all’esperienza radiofonica che lo vedrà impegnato per diversi anni a Rai Stereonotte.
Qui divenne una delle voci più amate e rappresentative (ricordiamo in quel periodo i nomi di Giancarlo Susanna, Alessandro Mannozzi, Maria Laura Giulietti), mostrando subito le qualità del grande conduttore, istrionico, professionale, curioso, sempre alla ricerca di nuove forme musicali, per questo imprevedibile.
Collaboratore di numerose testate (La Nazione, Rolling Stone, Jam, Musica Jazz, Record Collector, Rocksbackpages etc), probabilmente Ernesto De Pascale non ha mai cercato la “sistemazione” in un giornale o in Rai proprio per seguire i suoi molteplici interessi di musicista, produttore e giornalista. Un susseguirsi di iniziative stimolate dalla passione nei confronti della musica. Passione che emerge in maniera evidente in questo libro, passione per la vita, diremmo. Ricordiamo le sue disquisizioni sugli stivaletti texani, sul buon cibo, pronto a raccogliere e rilanciare le scoperte musicali di ognuno di noi. Ernesto era sempre sul pezzo, aveva un carattere forte, a volte spigoloso, ma era persona generosa.
Terminata la lunga stagione Rai mantenne forte il legame con il “suo” pubblico dando vita al Popolo del Blues, programma nato nella fiorentina Controradio, ora in network nazionale con Radio Popolare. Popolo del Blues, diventato poi anche una etichetta discografica nella quale Ernesto mise in mostra anche eccellenti doti di produttore.
Il libro si muove intrecciando testimonianze e una linea romanzata nella quale il protagonista Matteo L. in occasione di un concerto di Tom Waits si reca a Firenze con la segreta speranza di conoscere di persona Ernesto De Pascale del quale è un appassionato ascoltatore. In attesa dell’agognato incontro il protagonista si reca nei posti quotidianamente frequentati da Ernesto: Controradio ,i negozi di dischi, il caffe Giurovich, raccogliendo molte tracce del suo passaggio, ma Ernesto, come sempre, è inafferrabile. Gli sono di aiuto gli avventori tutti in qualche modo a lui legati: semplici appassionati, operatori musicali, amici, compagni di avventura come Bruno Casini.
I personaggi diventano protagonisti raccontando il comune cammino di vita, esperienze, momenti divertenti, viaggi. E’ un affresco, bello e sincero, per certi versi malinconico, soprattutto nel constatare che quella splendida stagione musicale rock che pervase Firenze a cavallo fra gli anni ottanta e gli anni novanta, quel fermento musicale e culturale del quale Ernesto De Pascale fu uno degli animatori, si è in qualche modo dissolto, abbattuto come i sogni di molti di noi.
La sua figura aleggia nel racconto, ma il tanto desiderato incontro non avviene, il protagonista ritorna a casa comunque soddisfatto per aver conosciuto nuovi e “comuni “ amici che, indirettamente, lo hanno messo in contatto con Ernesto.
Giornalista colto e preparato, De Pascale venne cooptato da Renzo Arbore per DOC il programma televisivo della Rai, nel quale si esibirono dal vivo alcuni dei più grandi musicisti rock e jazz della scena internazionale, presentati da Gegè Telesforo e Monica Nannini per la regia di Pino Leoni. DOC, per chi ama la musica ha rappresentato il programma dei sogni, non a caso rimane uno dei must della televisione di tutti i tempi.
“Ernesto era uno di quelli sui quali si poteva contare sempre, perché lui era sempre, come si dice in gergo, puntuale, che non significa rispettare l’orario, ma rispettare la ragione sociale di quello che gli si chiedeva. Grande esperto di musica. Io lo leggevo, prima ancora di prenderlo con me… Lui era un vero appassionato di musica. Voglio ricordare che quando agiva, Ernesto De Pascale, non c’era ancora questo ossequio così strepitoso che c’è adesso ai diktat del commercio, dell’industria, della discografia. Si sceglievano i cantanti, la musica, per passione. Poi se la casa discografica era interessata eccetera, vi si aggiungeva anche quest’interesse, ma la verità è che noi eravamo un autentico gruppo d’appassionati. Io lo sono rimasto e Ernesto certamente lo sarebbe stato per tutta la vita” (Renzo Arbore).
La testimonianza di Arbore si affianca a quella di altri nomi più o meno famosi, amici, musicisti, giornalisti: Roberto Terzani, Bernardo Lanzetti, Gege’ Telesforo, Franco Godi, Massimo Altomare, Enzo Gentile, Pierluigi Tabasso (creatoredi Rai Stereonotte), Franco Carratori ed altri. Sicuramente e volutamente mancano dei nomi, evidente l’approccio della sorella che probabilmente ha privilegiato chi, nel profondo dolore della perdita, le ha fatto arrivare una partecipazione sincera.
Interessante l’apparato iconografico nel quale vengono ripercorsi esperienze e incontri, tante foto di Ernesto con grandi della musica (Frank Zappa, Canned Heat, Elvis Costello, James Brown, Nicola Arigliano, Danilo Rea, Patti Smith, Solomon Burke, Jack Bruce etc.) oltre a quelle riprese negli studi di Rai Stereonotte e Controradio.
“Voglio terminare con le parole di Ernesto De Pascale, pescate su internet in occasione dei vent’anni della trasmissione: “Rimpianti? Nessuno. Nessun rimpianto perché poi scopri che una cosa bella vive anche da sola e questa sensazione più volte mi appare chiara. E’ come aver inciso un grande disco che adesso è di tutti. Con Rai Stereonotte è andata così. E’ stato bello” (Pierluigi Tabasso).
Al momento di chiudere l’articolo ci vengono in mente due immagini di Ernesto: sul palco del Classico a Roma dove si esibì come frontman del suo gruppo Hypnodance, dimostrandosi cantante e animale da palco straordinario e l’ultima volta che ci siamo incontrati, a Orvieto, nel corso di Umbria Jazz Winter, era sorridente, stretto ad una bella signora, forse sua moglie, non sapevo infatti che si era sposato. Ci salutammo, due battute.
MY NAME IS ERNESTO: no guru, no method, no teacher. Un bel libro sincero, autentico. Si consiglia “vivamente”.