Quando un libro ti prende a tal punto che non vedi l’ora di riprenderlo in mano il giorno dopo, è certo che ha qualcosa di particolare che attrae ed affascina come è accaduto per la autobiografia di quello straordinario musicista ed essere umano che risponde al nome di Herbie Hancock.
..La sera di Stoccolma, cinquant’anni fa, in cui ero convinto di aver suonato un “accordo sbagliato”. Che imbarazzo, commettere un errore così plateale sul palco con il grande Miles Davis. Invece, trasformando quell’ostacolo in una possibilità nuova, Miles mi diede una lezione che non ho mai dimenticato… (Herbie Hancock)
Con queste righe Hancock chiude il suo libro POSSIBILITIES – L’Autobiografia (Minimum Fax) scritto con Lisa Dickey un racconto da leggere tutto di un fiato, nel quale il grande artista ripercorre gli episodi più significativi della propria vita, confermando la sua straordinaria umanità.
Come tutte le autobiografie contiene molte zone d’ombra, non apparendo esaustiva su incontri e collaborazioni importanti con tanti grandi nomi che, non a caso probabilmente, non vengono citati . Eppure la lettura rimane scorrevole ed appassionante, l’infanzia, con Herbie bimbo prodigio, l’avvicinamento al jazz, il fondamentale ruolo di Donald Byrd suo primo mentore, l’ingresso nel mitico quintetto di Miles Davis con Ron Carter, Tony Williams e Wayne Shorter, l’incontro con Michelangelo Antonioni. Sapienti ed affettuose pennellate nel tratteggiare la figura del grande trombettista che emerge in tutta la sua genialità ed umanità, le descrizioni dell’amico di sempre Wayne Shorter o la grande ammirazione per Joni Mitchell.
Intenso e disperato nel corso del racconto, il suo rapporto con la droga culminato nella drammatica dipendenza da crack. Verso fine libro, in poche righe, quasi come in uno dei suoi soli più belli, Herbie Hancock riesce a rendere partecipe al lettore lo stato d’animo, l’erosione del dolore , la disperazione dalla dipendenza. Ecco narrato il rimorso nei confronti della amatissima moglie, della figlia e degli amici più cari, rimorso che gli permette drasticamente di chiudere per sempre con le droghe. Di fondamentale importanza nel suo percorso il rapporto con la pratica buddista Nichiren (Soka Gakkai international) alla quale è devoto da circa quaranta anni, introdotto dal contrabbassista Buster Williams, suo compagno nella band Mwandishi.
Negli ultimi tempi abbiamo letto diverse biografie quella di Graham Nash (vedi recensione), quella di Pete Townshend degli Who, molto bella, ma devastata da un pessimo editing, quella di Santana molto interessante ed in qualche modo superficiale in alcuni punti. Fatta la premessa che un conto è leggere una biografia ad opera di terzi (occorrono anni di lavoro), un conto è raccontarsi al giornalista di turno o scriversela da soli con il risultato di dare una visione comunque parziale, accentuando particolari personali come nel caso di Townshend a discapito di opere e album di fondamentale importanza nel percorso artistico.
Hancock con senso di equilibrio riesce invece a raccontare particolari che faranno piacere sia agli appassionati, sia a chi nel libro cerca di scoprire l’essenza, qualcosa di diverso sul protagonista. Il risultato è un libro di una grande densità umana ed anche spirituale, con ritratti di musicisti e personaggi poco conosciuti. Hancock con generosità dedica, infatti, ampio spazio al merito di alcuni collaboratori che gli si sono affiancati nella sua carriera , tecnici, ingegneri del suono che gli anno consentito di rendere reali delle sue semplici intuizioni, come un primo rudimentale ma efficace sistema di collegamento delle innumerevoli tastiere quando il sistema midi era lontano anni luce; oppure la nascita di Rock It contenuto nell’album FUTURE SHOCK con il quale si data la nascita del l’hip hop, con l’inserimento dello scratch dei piatti dietro consiglio dei Material ed in particolare di quella eminenza grigia di Bill Laswell.
Dalla narrazione emerge il ritratto di uno sperimentatore, di una persona di grande sensibilità con un entusiasmo incredibile, anche adesso che a settantacinque anni continua a girare il mondo con i suoi progetti e ad accoglierci con il suo sorriso nei back stage di tutto il mondo. Buona l’edizione italiana, assente l’apparato iconografico, qualche incertezza nella traduzione nelle parti più tecniche e qualche piccolo errore, cose di poco conto per un libro che raccomandiamo più che “vivamente” anche a chi non è un appassionato di Hancock. Una storia di vita, la storia di una leggenda della musica.