Piccola premessa: io e i miei compari non siamo andati a vedere il live degli Scisma sull’effetto ormai consolidato negli ultimi anni del fenomeno reunion. Non che non ne capisca l’utilità per l’industria discografica: pochi costi, ristampe degli album più famosi che ancora qualcuno compra, stimolo della curiosità di un pubblico medio che ormai di curioso non ha però proprio più niente.
Siamo andati a vedere una band che da 14 anni era in stand by dopo aver realizzato due album tanto importanti quanto sottovalutati negli anni ’90 anche e soprattutto perché uno dei suoi componenti, Paolo Benvegnù è tra i più grandi, se non il più grande artista italiano dagli anni zero in poi.
Fatta questa sottolineatura è chiaro che la carica emozionale di rivedere i componenti della band insieme sul palco è stata molto forte e tale si è mantenuta per tutto il tempo del concerto.
Sara Mazo, voce che dovrebbe essere studiata nelle scuole di canto italiane come possibile risposta al 90% del modo di cantare odierno, Giovanni Ferrario, chitarrista e “pittore” dei suoni che avvolgono tutte le melodie, Michela Manfroi, tastierista dotata di quella capacità unica di creare mondi con pochi tratti, Giorgia Poli, bassista e comandante in capo del ritmo così peculiare e dinamico nelle canzoni del gruppo, Beppe Mondini, il nuovo batterista integrato in questo nuovo pezzo di storia e infine il già citato Paolo Benvegnù, “altra” voce, “altra” chitarra e “costante” meraviglia.
Alla Latteria Molloy di Brescia, gremita fino all’orlo, inizia la seconda data di questo mini tour: apertura di Fabio Cinti, di cui Benvegnù produrrà artisticamente il prossimo album, e poi si parte.
“Good Morning”, la canzone con cui si chiudeva l’ultimo album degli Scisma 16 anni fa è la prima ad essere eseguita: mi viene da pensare ad una dichiarazione d’intenti anche perché seguita da “Mr. Newman”, prima composizione del nuovo ep uscito in ottobre e “Metafisici”, anch’esso presente sul nuovo disco.
Da qui in poi il racconto diventa un po’ più difficile: i famigerati anni ’90 erano gli anni dell’università per il sottoscritto e canzoni come “Giuseppe Pierri”, l’inno “Troppo poco intelligente” e la ninna nanna sospesa nell’incastro perfetto delle voci di Sara e Paolo, sono stati la compagnia perfetta per tanti attimi mai più tornati.
Per “Tungsteno” poi c’è solo l’invito ad andare a cercare nella balele della modernità, Youtube, il video dell’epoca per cercare di percepire le diagonali su cui si muove(va) la musica e la fantasia degli Scisma.
Nota a margine che avrà senso al termine della recensione: su questa canzone il pubblico sembra ricordarsi di essere ad un live.
Le canzoni proposte continuano ad alternarsi tra pezzi nuovi, come la ballata slogan/pop “Musica elementare, la creatura cameristica “E’ stupido”, la grunge intima “Centro”, primo brano in scaletta tratto dal primo album del 1997, “Darling darling”, la mia preferita tra le nuove canzoni, e “Stelle stelle stelle”.
Uscita di rito, applausi e di nuovo sul palco: “Jetson High Speed” canzone da rincorsa euforica sotto il palco, “Neve e resina” nuova dolcissima poesia con atmosfere d’antan, “L’equilibrio” che mi ricorda quanto gli Scisma abbiano influenzato il così detto “indie italiano” e infine “Rosemary Plexiglass” brano con cui all’epoca sembrava che tutto sarebbe stato possibile, rotazione su canali radiofonici e televisivi, una generazione che si accorgeva di essere più numerosa di quanto pensasse. Sappiamo com’è andata a finire, purtroppo.
Nota a margine: tutti i presenti cantano in coro.
Nuova pausa e si ritorna con l’ultimo bis: “Simmetrie” e “L’universo”, due ballate da far impallidire nomi ben più noti, cariche di un romanticismo un po’ decadente ma non tristi e probabilmente gli apici della magica complementarietà di tutti gli elementi della band.
Ovazione finale, brividi da evento unico ed emozioni da portarsi a casa per molto tempo a venire.
Nota finale riassuntiva: probabilmente polemica personale di cui non frega niente a nessuno però vorrei richiamare il pubblico presente al concerto (in realtà quello della maggior parte dei concerti a cui assisto, ormai) al fatto che partecipare durante l’esibizione delle canzoni cantando, muovendosi o per lo meno cercando di assecondare il “sentire” dei musicisti non costa un sovrapprezzo sul biglietto. Capisco che già aver dovuto rinunciare ad alzare il vostro telefonino è stato un sacrificio (lo hanno infatti chiesto gli stessi Scisma, all’interno del messaggio registrato diffuso come intro del concerto), però questa indicazione è stata data proprio per permettere un maggior coinvolgimento. Ma probabilmente è un mio errore e basta quindi solo fischiare ed applaudire alla fine di ogni canzone per dire veramente grazie ad una band meravigliosa come gli Scisma, senza dover per forza muoversi assieme a loro, al ritmo della loro musica.
(Simone Nicastro)