Spettacolarità, coinvolgimento, creatività, innovazione, ricerca, contemporaneità, originalità: sono i tratti che contraddistinguono la trentunesima edizione di “Aperitivo in Concerto, un vero e proprio caleidoscopio di esperienze inusitate. Undici straordinari eventi – ai quali parteciperanno grandi artisti che di rado frequentano o hanno frequentato le sale concertistiche italiane – che sono testimonianza delle innumerevoli risposte che i ritmi e le musiche dei nostri tempi possono dare alle nostre domande, dall’Europa all’Asia e alle Americhe. Uno sguardo verso il futuro attraverso la conoscenza degli altri mondi: come nella tradizione di “Aperitivo in Concerto”.



In programma al Teatro Manzoni si Milano fra l’8 novembre 2015 e il 20 marzo 2016, la domenica mattina alle ore 11, prodotta e organizzata da Mediaset e Publitalia ’80 in collaborazione con Peugeot e Imetec, con la Direzione Artistica di Gianni Gualberto, la nuova stagione di “Aperitivo in Concerto”prenderà avvio con un progetto che non è esagerato definire eccezionale, sia come esperienza musicale e culturale che come esperienza umana: Yemen Blues.  Guidato dal cantante israeliano di origini yemenite Ravid Kalahani, Yemen Blues è, infatti, un entusiasmante ed entusiasta ponte verso gli altri, verso le altre culture, una mano tesa verso la conoscenza altrui: grazie alla collaborazione di alcuni ottimi musicisti (fra i quali spiccano il trombettista Itamar Borochov e il celebre bassista Shanir Blumenkranz), Kalahani crea un meraviglioso patchwork dove le millenarie tradizioni mediorientali con le loro estatiche melodie, e la policroma cultura ebraica si fondono con i ritmi africani del Falasha, il jazz, il funk, le poliritmie latinoamericane e afrocaraibiche.



Dal Messico, per la prima volta in Europa, giungeranno i Klezmerson (15 novembre), un impressionante gruppo di musicisti virtuosi (scoperto da John Zorn) che esplora in modo spettacolare e originalissimo, in un tripudio di colori e ritmi, il klezmer e la tradizione ebraica trapiantatasi nel Nuovo Mondo con influenze latinoamericane, caraibiche, zingare e mediorientali, facendo uso anche di strumenti peculiari come il dobro o la chitarra huapango, di un’orchestrazione che si rifà alla musica popolare messicana e di un linguaggio mutuato dal jazz, dal rock e dal funk.

L’acclamato Marc Ribot (22 novembre), chitarrista unico per inventiva e sofisticazione, accompagnato dal mitico bassista Jamaladeen Tacuma (che molti ricorderanno al fianco di Ornette Coleman), dalla chitarrista Mary Halvorson e dal batterista Grant Calvin Weston, nonché da una sezione di archi, tornerà a Milano per presentare un omaggio, poetico quanto intrigante, alla grande soul music di Philadelphia degli anni Settanta, quando gruppi e artisti come MFSB, Gamble & Huff, O’Jays e la Salsoul Orchestra diffondevano in tutto il mondo il cosiddetto Philly Sound.  



All’espressività del jazz, e proprio alla sua capacità di rinnovare costantemente la contemporaneità rileggendo la propria e l’altrui tradizione, “Aperitivo in Concerto”, come ogni anno, dedica alcuni unici eventi: innanzitutto, il recital, il primo in Italia, di Roger Kellaway (29 novembre), uno fra i più grandi pianisti degli ultimi cinquant’anni di storia del jazz, solista enciclopedico, inventivo e raffinato che ha saputo collaborare nel mondo dello spettacolo a tutto tondo, come direttore musicale di Bobby Darin ma anche come collaboratore di artisti assai diversi fra di loro (da Sonny Rollins a Lena Horne, da Barbra Streisand a Carmen McRae, Van Morrison, Joni Mitchell, Natalie Cole, Caterina Valente, Oliver Nelson, Liza Minnelli, Henry Mancini e molti altri ancora).  Un concerto che si preannuncia fuori dell’ordinario ed in cui Kellaway rileggerà alcuni capisaldi del  Great American Songbook.

Per il tradizionale “Concerto di Natale” (13 dicembre) sarà quindi ospite del Teatro Manzoni, per la prima volta in Italia, la magnifica cantante Catherine Russell. Beniamina del pubblico newyorkese, vincitrice di un premio Grammy, star ospite ormai fissa del Lincoln Center, della Carnegie Hall e delle stagioni musicali firmate da Wynton Marsalis, la Russell è una fra le più grandi cantanti americane sulla scena internazionale. Figlia d’arte (la madre era Carline Ray, contrabbassista di Mary Lou Williams, il padre era il celebre band leader Luis Russell, a lungo direttore dell’orchestra di Louis Armstrong), per anni partner vocale in concerti e incisioni discografiche di David Bowie, Catherine Russell è sensibile interprete del repertorio africano-americano degli anni Venti e Trenta: proprio nella Harlem della Swing Era ci condurrà il suo appassionante concerto.

Dopo la pausa natalizia la trentunesima edizione di “Aperitivo in Concerto” riprenderà il suo cammino il 17 gennaio con un’altra primizia italiana: l’Afro-Latin Jazz Octet guidato dal notevole pianista Arturo O’Farrill, figlio del grande e indimenticato arrangiatore Chico O’Farrill (che molti ricorderanno con Stan Kenton, Dizzy Gillespie, Machito, Gato Barbieri). Di recente insignito con il Grammy Award, O’Farrill dirige da anni strepitosi gruppi strumentali che illustrano in modo trascinante l’eredità afro-cubana e afro-latina nella musica improvvisata, aggiornando la sua travolgente carica ritmica e arricchendola di una incredibile varietà di timbri e accenti.

 

In un viaggio in Ungheria, attraverso il millenario incrociarsi fra tradizioni ebraiche e zingare, ci guiderà il grande trombettista Frank London (24 gennaio), conosciuto come solista dei Klezmatics così come eccelso improvvisatore ed esploratore musicale alla corte di John Zorn. Alla vigilia della Giornata della Memoria, London ricorderà con il suo The Glass House Project le vittime della Shoa in Ungheria nel 1944 e la famosa Glass House (Casa di Vetro, Üvegház), in cui il diplomatico svizzero Carl Lutz dette rifugio a migliaia di ebrei a Budapest. Lutz (1895-1975) salvò 62.000 ebrei dalla deportazione verso i campi di concentramento nazisti. Un’impresa ora riconosciuta come lo sforzo di salvataggio più grande che sia stato intrapreso nell’Europa dominata dai nazisti.

 

Altrettanto significativo sarà il ritorno a Milano (31 gennaio), dopo lunghissima assenza, di uno fra i più grandi artisti africano-americani, uno dei padri della Great Black Music, il geniale pianista Muhal Richard Abrams, artista dal glorioso passato e indiscussa autorità spirituale dell’AACM, “Association for the Advancement of Creative Musicians” (AACM) in cui confluirono i migliori musicisti di Chicago. Il suo è stato sempre un jazz sofisticatamente sperimentale in cui egli ha saputo portare tutta l’eredità della tradizione africano-americana riletta nella sua interezza, influenzando artisti diversi come Anthony Braxton, Leo Smith, Roscoe Mitchell, Marion Brown, Chico Freeman. Un concerto imperdibile, dunque, in cui Abrams si presenterà con il validissimo supporto del trombettista Jonathan Finlayson (già con Steve Coleman), del fenomenale vibrafonista Bryan Carrott, del contrabbassista Brad Jones e del batterista Reggie Nicholson.

 

Da Haiti sgorga invece il meraviglioso talento melodico e ritmico di un affascinante violinista e compositore come Daniel Bernard Roumain (7 febbraio), oggi fra gli artisti africano-americani di punta sui palcoscenici di New York e che si presenterà per la prima volta in Italia. Roumain, autore che ha collaborato con una pletora di artisti da Matthew Shipp a Philip Glass, da Ryuichi Sakamoto a Dj Spooky, fa interagire jazz, rock, hip hop, minimalismo, elettronica e le sue origini haitiane in un originale e coinvolgente connubio che lo vedrà affiancato dalla più applaudita artista popolare haitiana, l’affascinante cantante Emeline Michel.

 

Il 28 febbraio sarà la volta del ritorno nel nostro Paese di un geniale musicista come il leggendario compositore, pianista e cornista David Amram,  vero e proprio antesignano del multiculturalismo in musica che ha accolto nei suoi lavori –  fin dalle sue collaborazioni con artisti quali Oscar Pettiford e Charles Mingus – strutture accademiche, improvvisazione jazzistica, sonorità africane e afro-caraibiche, spezzoni tratti da lontane tradizioni folkloriche e dando vita così a uno spettacolare quanto unico e originalissimo linguaggio.

 

Alla sua nativa Turchia e alle culture e tradizioni del Vicino Oriente ci riporterà invece, in finale di stagione, il recital di uno fra i grandi protagonisti del concertismo contemporaneo, il celebrato pianista Fazil Say (20 marzo), uno dei massimi interpreti della letteratura musicale romantica e post-romantica e altresì geniale compositore ed eccellente improvvisatore. Amante del jazz e profondamente influenzato dalla musica turca e dalle sue origini che affondano nel mondo bizantino, Say ha creato una serie di opere musicali evocative e incantatorie, di sapore arcaico e modernissimo al contempo: un’esibizione, la sua, che si preannuncia unica come unico come artista è Say, cantore inarrivabile di un connubio affascinante fra Occidente e Oriente in cui sono racchiusi millenni di culture, tradizioni, arte, lingue, musiche e pensieri.