Dalla finestra di fronte alla sua, una bambina lo guardava. Nè triste nè felice, lo guardava e basta, immersa nella luce bassa di una stanza vuota. Lui chiuse la porta e pensò che avrebbe pianto quella sera. Era tutto il giorno che gli girava in testa una canzone dei Pogues: “Fairytale Of New York”. Fiaba di New York. L’aveva ascoltata moltissimi anni prima, in un pub a Londra, in quella che adesso gli pareva la vita di un altro. Quella canzone parlava di sogni spezzati. Più di tutti, gli erano rimasti nella memoria i versi della prima strofa: “Era la vigilia di Natale, piccola. Nella cella degli ubriachi un vecchio mi disse: non ne vedrò un’altra”.
C’erano già troppe sedie vuote nella sua vita, e quella era davvero la vigilia di Natale. Per questo pensò che avrebbe pianto. Tornò a casa dopo una passeggiata. Era stato prima in negozio di liquori, a comprare un paio di bottiglie di vino e una di rum. Poi aveva deciso di fare due passi. Fuori c’era solo il buio della sera, bucato dall’insegna di un supermercato. Da lontano, attaccate alla collina, le luci tremule della città e sopra, oltre il profilo delle case, i bagliori freddi dei neon. Per strada, in silenzio, nessuno. Solo i fari delle automobili e dell’ultimo autobus. Gente in viaggio verso casa.
Fece le scale a piedi. Ad ogni pianerottolo sentiva le risa dei vicini in festa e il profumo delle pietanze che passava da sotto la porta. Mentre saliva face l’inventario della sua vita, la lista di quelli che mancavano. Entrò in casa con questo pensiero, poi si chiuse la porta alle spalle. Fuori era la vigilia di Natale. Gli corse incontro il suo gatto che si girò a pancia in su. Faceva sempre così, aspettando che lui gliela grattasse. Giocarono un po’, dopo lui entrò in bagno a togliersi le scarpe. Si guardò allo specchio. A parte qualche chilo di troppo, non stava male. Il desiderio di una donna viva, da stringere realmente, tutto sommato poteva essere ancora esaudito. Poi vide il tubetto del dentifricio e si ricordò che lei lo aveva lasciato così, accanto al suo. Lui non l’aveva toccato, nonostante fosse passato tanto tempo. Lo osservò con attenzione e lo vide piegato su due lati. Dentro alle pieghe c’erano ancora le dita di quella donna che aveva tanto amato. Sentì dentro un rombo di tristezza, un tiro incrociato di nostalgie.
Lo sapevano, lo avevano sempre saputo: quella storia, la loro, era nata come certi esseri umani: segnata da una malattia incurabile. Ma non si erano arresi, esattamente come fanno gli esseri umani segnati dal destino e dalla malasorte. Si lasciarono un giorno a pranzo, seduti al ristorante, uno difronte all’altro. Si salutarono con un bacio alla stazione della metropolitana. Poi lui corse a prendere un treno, e con gli occhi appannati vide la città sparire dentro le luci della sera. Non mancava molto a Natale.
Il tempo, uno alla volta, gli aveva portato via tutti. Tutto quello che amava era svanito. Adesso pensava questo. Passò in rassegna il dorso allineato dei suoi libri, in cerca di qualcuno o qualcosa che potesse tenergli compagnia: Carver, Cheever, Pavese, Marai, Cortàzar, Benedetti, Milosz, Masters, Checov. Ma erano tutti morti. Poi, nascosto tra le pagine di un libro, trovò un fiore di lana cotta e rivide la dolcezza del suo viso. Lo aveva lascito lei, come fosse un ex voto. Accanto c’era scritto: “Resterò qui per cent’anni”.
Senza saperlo, quella sera aveva trovato la risposta. Non era solo, pensò. Quelli che mancavano, tutti quanti, si erano alzati dalla tavola e si erano seduti nel suo cuore. E lì sarebbero restati, per cent’anni. Accese le luci dell’albero di Natale che aveva montato fuori in cortile e pensò ancora: “Si resteranno qui cent’anni”. Andò a letto con questo pensiero. Sul comodino, accanto al posto dove lei un tempo dormiva, adesso c’era un piccolo presepe. Prima di coricarsi, accese una candela. Quella luce fu l’ultima cosa che vide. Poi chiuse gli occhi. Appoggiò la testa sul cuscino e pensò alla sua donna. “Mi resterà negli occhi per cent’anni”, disse. Poi si addormentò. Era la vigilia di Natale, e per lui non ce ne sarebbe stata un’altra.