“Voce” è la canzone di Lara Fabian presentata al Festival di Sanremo 2015, la cantante italo-belga che ha scelto per proprio pseudonimo il nome della protagonista del Dottor Zivago. Come si sa, solo alcuni, non tutti i parolieri sono poeti. La musica può fare molto per rendere bella e degna di essere ricordata una canzone, ma certo il testo deve sorreggerla.



“Voce per chi voce non ne ha / per dare un senso a questo tempo… / voce che è rumori di città / mi entra dentro come il vento… / io canto tutto il silenzio che / sta gridando intorno a me, intorno a me…”

La lettura di questo testo è un buon preludio all’ascolto integrale della canzone, perché sembra che le parole qui abbiano un significato non banale, ricco invece di suggestioni. Il tema della voce ha mille echi nella letteratura, a cominciare dalla Sacra Scrittura per finire alla poesia, e basterà citare i primi che vengono alla mente a questo proposito, Leopardi e Pascoli.



Echi, appunto. Non si tratta di fare paragoni. In ogni modo la voce di cui si canta è misteriosa e segreta come il vento, ma è dentro i rumori della città, anzi, si confonde con essi. Non è fuori dalla vita, caso mai è nel fondo della vita, là dove ha sede l’anima.

“Dimmi chi sei, voce nell’aria / voglio confondermi dentro di te / canto per te dal fondo dell’anima… / con la forza di vincere… che resta in me…”

D’altra parte non è una voce così misteriosa e segreta alla quale non si possa chiedere il nome. E questo è molto importante, perché quella voce riempie il silenzio che grida, il silenzio in attesa di essere riempito di significato, e canta con tutta la forza di chi non vuole rassegnarsi al non senso. Allora la parola, il canto danno voce a chi non ne ha, a chi ha deposto la speranza del rinnovarsi della vita; forse questo dono è per chi non vive “il potere della serenità”, espressione così inusuale nella musica leggera:



“Per vivere ancora, per sognare ancora / fino a raggiungerti… / questa voce che non smette mai / di dare un senso a questo tempo… / io canto, il potere profondo che / la serenità racchiude in sé, racchiude in sé…”

La serenità non è assenza di passione, neppure qui. E’ piuttosto la certezza di poter chiedere ed ottenere ciò che si spera importante per sé:

Dimmi chi sei, voce che vai nel vento

il mio canto limpido lo dedico a te… a te…

ovunque sei… il tuo respiro intenso…

per vincere ancora, per scoprire ancora

la felicità chiusa in noi

Un’altra canzone, non nuova, anzi conosciuta da molti, cantata in innumerevoli occasioni ha lo stesso titolo, con un aggettivo:

Povera voce,

di un uomo che non c’è,

la nostra voce se non ha più un perché.

Deve gridare, deve implorare

che il respiro della vita non abbia fine.

Poi deve cantare perché la vita c’è.

E’ solo un’eco, un diverso uso della stessa parola, ma la suggestione di un legame resta.