Le pagelle di Sanremo 2015 tornano per la terza serata, la serata speciale, di cover e fuori gara. Maria Elisa Buccella prosegue dopo la prima e la seconda serata di voti in diretta live. Sanremo 2015 sta per ricominciare…
Colpo di scena! Arisa non va in scena. Sembra si sia fatta male e comunque non ci sarà. Continua l’effetto “Migliori anni” che tanto seguito ha garantito a Carlo Conti che continua a macinare ascolti. Stasera il primo premio quella per la migliore cover e, per adesso, questa è la prima vera notivà. Vedremo
Bella faccia scolpita e una canzone che funziona. Siciliano di Modica, nel ragusano, Giovanni Caccamo arriva a Sanremo con alle spalle molta esperienza nel mondo dello spettacolo e grandi guru della musica, come Franco Battiato e Caterina Caselli, che scommettono su di lui. Scrive e interpreta musica ma fa anche il conduttore in tv (Rai Gulp, Musica Planet, Music Gate, lo Zecchino d’Oro e altro) anche grazie una certa prestanza fisica. Tra le altre cose, s’inventa un tour stravagante, “Live at Home”, che lo vede esibirsi, in giro per l’Europa, in case private di gente comune ma anche di artisti vari. Quel può rendere interessante Caccamo più che la sua voce, che non ci fa strappare i capelli, è tutto il contorno compresa la scrittura. Il pubblico apprezza e va in semifinale.
Barese, figlia d’arte, in famiglia sono tutti musicisti, e lei studia violino. Ci prova con XFactor (nel 2009) ma la Simona Ventura le dice no, gran fiuto come sempre. Pensiamo che il pop non abbia bisogno di un’altra cantante così, intonata sì, con una certa tecnica sì, con una voce che non si distingue e uguale a tante altre. La canzone, sua, è ovviamente costruita per mettere in evidenza virtuosismi vocali. Passione smisurata per la musica e per il jazz in particolare nel quale possiamo credere possa avere spazio. Il pubblico giudica e la elimina.
Grinta e convinzione per questa cantautrice di Prato, nella vita comune Erika Mineo classe ’84, sceglie il suo nome d’arte per esorcizzare le molte amarezze che dice di avere avuto nella vita. Ha partecipato più volte ad Area Sanremo che ha vinto per quattro edizioni consecutive (dal 2008 al 2011) e dieci anni fa ha partecipato ad “Amici”. Il brano che presenta lo ha scritto lei insieme a Salvatore Mineo. Il suo brano è intenso e sincero. Il pubblico capisce e la fa andare in semifinale.
Una canzone come tante, lei, napoletana di 20 anni, una delle molte giovani cantanti che non lasciano il segno e cantano canzoni che durano poco e che dimentichiamo subito. Non c’è carattere, non vediamo personalità. Forse deve continuare a crescere. Fuori dalla gara. E arriva la pop-lirica o la rock-lirica (come preferite) con Federico Paciotti che canta (si fa per dire) Puccini. Siamo alla fenomenologia della diversità a tutti costi con la quale si tenta di raggiungere una certa notorietà anche se non si è (come in questo caso) veri cantanti lirici e veri chitarristi rock.
Abito perfettamente intonato al titolo della canzone cosa che non si può dire della voce. Certo è impietoso il confronto tra la voce di Massimo Ranieri e quella di Raf. Giovanni Calone, questo il vero nome di Ranieri, è intonatissimo e ha una voce calda e potente e capacità interpretative non comuni che lo porteranno ed essere anche un ottimo attore. Con “Rose rosse per te” partecipa al Cantagiro del 1969 e diventa il lato B del 45 giti “Il mio amore resta sempra Teresa” che diventerà uno dei dischi più venduti di quell’anno. Arrangiamento essenziale e e sonorità etniche per la versione firmata Raf che ha scelto questo brano perché pare sia la canzone preferita da sua moglie.
Lo sente questo brano Irene e lo fa suo e vi trasferisce la sua anima rock. Un grande successo di Patty Pravo ma non un brano originale bensì una cover di “The Time Has Come” scritto da Paul Korda e portato al successo da P.P.Arnold. Il testo italiano è di Sergio Bardotti e la versione italiana è molto più lenta dell’originale. Patty Pravo la inserisce nel suo terzo 45 giri. La grandi ha scelto di tornare alle origini, dunque, con questa versione più ritmata. E invece no! Arisa, caduta veramente, torna in scena a piccoli passi e rischia la definita rottura del ginocchio per non rinunciare ai tacchi vertiginosi.
A tempo reggae una delle più belle canzoni di Celentano la cui bellezza non viene scalfitta dal tempo. Moreno dice di aver scelto di interpretare Celentano perché è stato il primo rapper italiano. A pensarci bene non ha tutti i torti. Versione scanzonate e divertente. La canzone dà il titolo, insieme ad “Azzurro”, all’ottavo 33 giri (oggi album) che Celentano pubblica. Questo piccolo capolavoro è stato scritto Nando De Luca e Santercole su liriche di Beretta e Del Prete e fece discutere per un errore grammaticale contenuto nel testo (…Ma non vorrei che tu a mezzanotte e tre stai già pensando a un altro uomo…).
Versione classica eseguita dignitosamente, niente di più. Modugno la presenta in coppia con Gigliola Cinquetti al Festival di Sanremo del ’66 che vincono. Il brano piace ma non resiste in classifica per che per una sola settimana scalzato da “Nessuno mi può giudicare” di Caterina Caselli. Con questa canzone, nello stesso anno, Modugno partecipa all’Eurovision Song Contest finendo all’ultimo posto con zero punti. Mina ne ha fatto una bellissima versione dalle sfumature jazz. Arriva il collegamento con la deliziosa, fantastica Samantha Cristoforetti che come sempre trasferisce a chi l’ascolta il suo entusiasmo per l’esperienza che sta vivendo e che ha a lungo sognato. La Cristoforetti sta conquistando l’Italia anche grazie ai messaggi twitt con i quali constantemente ci informa sulla sua esperienza anche attraverso splendide foto della Terra. Niente canzone sanremese per AstroSamantha ma domani si sveglierà con “Luce” di Elisa. Grande. La prima manche delle cover è vinta da Moreno.
No! Biggio e Mandelli che salutano i figli. Non c’è più religione, loro che hanno dissacrato il dissacrabile ovvero tutto. Vabbe’. Non rendono merito alla canzone che dà il titolo a un album che la formidabile coppia di comici (Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto) realizzata con la collaborazione di Dario Fo, Enzo Jannacci e Paolo Poli. La loro musica viene definita “demenziale” al tempo ma la loro rande ironia è sempre intelligente e non prescinde da poetica surreale.
Conosciuta anche come “Casco d’oro” (per il taglio di capelli che per lei realizza Vergottini un’originale interpretazione dell’allora dilagante moda dei capelli alla Beatles) la Caselli vince il Cantagiro con “Il volto della vita” cover di “Days of Pearly Spencer” portata al successo dall’irlandese David McWilliams. Chiara per ricordare l’oro della Caselli si cosparge polvere dorata le mani, ma non basta per raggiungere l’appeal della Caselli che di voce ne aveva meno di lei. E non è riuscita neanche a fare completamente sua la canzone.
Ma perché ha lo scotch nero su due dita? No, non ci siamo ha ammazzato questa gradevolissima canzone che fa guadagnare la cantautore bolognese il grande successo di pubblico che già si va delineando con “Ci vuole un fisico bestiale”. Sbaraglia tutti al Festivalbar e viene poi premiato come migliore artista maschile a “Vota la voce”. “Mare mare” è una canzone che canta l’estate in modo del tutto atipico all’insegna della malinconia.
Missione compiuta per Nek che conquista e morde questo brano per niente facile. Non perde nel confronto con Mina che ha portato al successo questa incredibile canzone il cui testo è di Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara e la musica di Ennio Morricone. Questo brano ha una potenza sinfonica che raramente si trova nella cosiddetta musica leggera. E non poteva che essere Nek il vincitore della seconda quaterna in gara delle cover.
I Dear Jack hanno “irrobustito” con il suono elettrico di chitarre rock, ma preservando il valore della melodia rispettata, questa canzone che è pietra miliare della produzione del cantautore triestino. Una canzone che per il suo perfetto equilibrio tra melodia e parole, una canzone d’amore non scontata, è stata banco di prova per numerosi artisti che l’hanno riproposta in svariate versioni.
Torna nei panni di Platinette il Coruzzi che con la Di Michele, accomodati alla guida di una finta Cadillac anni ’50, ricordano, a giusto dieci anni dalla morte, Giuni Russo una cantautrice fuori dagli schemi che ha usato la voce in modo del tutto inconsueto e innovativo. La sua canzone più conosciuta resta “Un’estate al mare” scritta con Franco battiato. “Alghero” è parte dell’album “Giuni” che ha una gestione difficile per le difficoltà di rapporto tra la Russo l’ambiente della discografia del tempo.
Massacrata, l’ha massacrata la canzone di Tenco che sembra facile da cantare ma non lo è. Era una scelta ad alto rischio quella della Atzei anche perchè il brano è legato indissolubilmente al suicidio (dunque praticamente intoccabile) di Tenco avvenuto proprio a Sanremo dopo l’esecuzione al Festival della canzone presentata insieme a Dalida ma in versioni separate. Il pezzo non piace e ottiene solo 38 voti su 900 disponibili. Tenco, che è l’autore, propone un tema che forse anticipa troppo i tempi visto che esprime una critica verso la società moderna.
Insomma, l’ha un po’ sbrindellata Britti la canzone che i Dik Dik presentano a Sanremo non vincono ma è un successo. Salviamo solo il suo contributo alla chiatarra. Dik Dik (il loro nome è quello di una gazzella africana) hanno lasciato in segno nella storia della nostra musica con brani del duo Mogo-Battisti e centrate cover internazionali (come “Sognando la California” successone dell’estate ’66 e versione italiana di “California Dreamin” dei Mamas and Papas). Massimo Ferrero il presidente della Sampdoria, personaggio a dir poco stravagante, irrompe letteralemte sul palcoscinco dell’Ariston e fa un numero dei suoi in un italiano improbabile che lascia il passo al una romanesco “strascicato” e canta pure “Una vita spericolata”. Talmente sopra le righe che viene il dubbio che in scena ci sia un suo imitatore (di lui Crozza fa un’imitazione sublime). E Conti fatica a congedarlo, non vuole andarsene. Un pazzo vero. Troppo simpatico. I Dear Jack sbaragliano tutti nel loro gruppo come previsto. Ancora grande voce quella di Tony Hadley e il loro smalto musicale brilla ancora. Gli Spandau Ballet uno dei gruppi-simbolo degli anni ’80, nascono verso la fine degli anni ’70 con una formazione che non è mai cambiata. Il grande successo internazionale arriva dopo album “True”, il loro terzo. Sono gli alfieri nella new wave e del new romantic che trova nella voce di Tony Hadley interprete ideale. Producono moltissimo fino alla fine degli anni ’80. Poi la band di fatto si scioglie e i suoi componenti fanno esperienze diverse musicali e non. La reunion avviene nel 2009 anno in cui pubblico un nuovo album che ha un titolo emblematico:”Once More”. A Sanremo festeggiano il 30 dalla loro prima apparizione sul palco dell’Ariston, era l’85, quando interpretano la loro celeberrima “I’ll Fly For You”. In marzo fa tappa in Italia il loro tour “Soul Boys Of The Western World” (Milano, Torino, Padova, Firenze e Roma ). Per tutto quello che ci hanno dato
Molte bene per Lorenzo che entra nello spirito del brano e riesce anche a personalizzarlo. Ancora una cover d’antan che Ron realizza e che dà il titolo al suo quarto album. Il titolo originale del brano è “The Road” scritto e inciso nel ’72 dal cantautore americano Danny O’Keefe. Il testo italiano è di Lucio Dalla. Alla realizzazione del disco di Ron partecipano, oltre Dalla, Francesco De Gregori, Ricky Portera degli Stadio e la Premiata Forneria Marconi al completo.
Liscio come l’olio. Gioco facile per i tenorini che non escono dal solco tracciato da De Crescenzo anche dal punto di vista interpretativo. Forse un po’ meno di enfasi? Canzone travolgente e sicuramente il successo più grande del cantante napoletano che la presenta, praticamente sconosciuto, al Festival che non vince. De Crescenzo viene premiato dalla supergiuria per la migliore interpretazione. “Ancora” è diventato un evergreen ed è ancora uno dei brani italiani che continua a fruttare i maggiori proventi da diritti d’autore a Franco Migliacci (autore del testo) e a Claudio Mattone (autore della musica). De Crescenzo non ha mai più replicato il successo di “Ancora”. Le autopromozioni-Rai continuano senza sosta e senza pietà per gli spettatori Vittoria Puccini ci parla della sua interpretazione in “Oriana Fallaci” mini serie che a breve sarà in onda su Raiuno. Uffa. Arisa è fuori…Svela che un medico, il cui nome fa in diretta tv, le ha somministrato un “fantastico anestetico”, poi su suggerimento di Conti corregge in “antidolorifico”, per il dolore al ginocchio. Ma non c’è alcun dubbio che sia su di giri…
Se la cava Annalisa, la sua interpretazione non dà i brividi ma è dentro al pezzo, diremmo, scolasticamente. “Ti sento” con “Fiumi di parole” è il 17mo 45 giri dei Matia Bazar (estratto dall’album “Melancholia”) resta ai primi posti della classifica per settimane e settimane tra l’85 e l’86. Un successo esportato con versioni in spagnolo e inglese e poi vola anche nelle classifiche olandesi e tedesche. In questo brano Antonella Ruggiero riesce, con la sua inarrivabile voce, a raggiungere e tenere con precisione (per lunghi 10 secondi) acuti che hanno dell’incredibile. Resta sicuramente una delle hit che connotano gli anni ’80.
Ma quanto è enfatica questa fabian. E non ha fatto una gran fatica a preparare questo brano visto che lo frequenta da tempo. Lara Fabian ha inserito questa canzone in suo album, “Carpe diem”, pubblicato nel ’94. Ornella Vanoni lancia la versione italiana, adattata da Giorgio Calabrese, di “Je suis malade” di Serge Lama e Alice Dona. Luca (Bizzarri) e Paolo (Kessisoglu) coppia ormai super collaudata dello spettacolo italiano che attraversano in tutte le sue forme, dalla televisione al cinema passando per il teatro. Al Festival sono di casa visto che hanno affiancato Gianni Morandi nell’edizione del 2011. E finalmente la satira fa il suo lavoro e le suona alle commemorazioni e alla normalità (presunta) del Festival. Sono in gran spolvero Luca e Paolo cativissimi sul conformismo gay e il finto antirazzismo
Ci è piaciuto come Grignani è entrato nel pezzo, con misura. Ma perché quel contorno di meduse svolazzanti? Può essere considerata la canzone-manifesto dell’arte di Luigi Tenco. Struggente e tenera a un tempo, un testo scarno ma profondo che racconta di una speranza di cambiamento che, in fondo, non sembra possibile. In questa canzone si percepisce l’inquietudine dell’uomo che chiede molto a se stesso.
Sdrammatizza la Zilli che s’infila nella canzone con ironia. E sempre grande personalità. Nell’edizione di Canzonissima del ’69 Massimo Ranieri canta “Rose rosse” “O’ sole mio” e arriva terzo con “Se bruciasse la città” brano che gli cuciono addosso Giancarlo Bigazzi, Enrico Polito e Totò Savio.
Anche per Malika grande misura. Sicuramente una scelta azzeccata che le permette di mettere in evidenza tutte le sua qualità vocali non comuni. E’ una delle più belle canzoni di Vasco Rossi, tra le sue più intime e, come ha raccontato lui stesso, nata quasi per caso su un accordo strimpellato dal compianto e talentuosissimo Massimo Riva e ripetuto a voce da Tullio Ferro.
Sicuramente un dichiarazione di grande affetto per un collega sfortunato. E Nuti avrebbe potuto scriverla proprio per Masini. Delicatissimo brano che Francesco Nuti presenta al Festival nell’88 ma non conquista molta attenzione. Atto di giustizia per questa canzone lo compie Mina che lo inserisce nel suo album “Uiallalla” con un’interpretazione molto intensa come quella resa oggi da Masini. E a grandissima sorpresa è Masini ad essere il più votato del suo gruppo. Doppio cambio di microfono che non funzionano per i Saint Motel che non si scompongono. Americani di Los Angeles fanno un bel indie pop e rock alternativo. Attualmente il loro pezzo “My Type”, l’esecuzione del quale è stata rovinata per l’incoveniente tecnico, ha scalato le classifiche in ogni dove. E c’è da giurare che anche il nuovo singolo “Cold Cold Man”, che fila liscio e ci diverte, sarà una super hit. Da Sanremo inizia il loro tour europeo. Per fortuna che c’è Rocco Tanica improbabile giornalista dell’assurdo che dalla sala stampa ci rende sopportabile l’attesa per sapere quale cover vince. Nek vince la gara delle cover e giustamente ringrazia la magnifica Orchestra del Festival. Al quinto posto si piazzano i Dear Jack, Moreno al quarto, Marco Masini al terzo e Il Volo al secondo. Un risultato più che equo. VOTO 8 quello che abbiamo dato a Nek. Una grande galoppata (scaletta super, extra large) la terza serata del Festival che doppia l’una del mattino. Le vallette sfoggiano abiti, come di prammatica, ma parlano un po’ di più tra un intoppo lessicale e l’altro e la lettura del gobbo che va troppo veloce o troppo lento. Carlo Conti continua a calcare indomito il palcoscenico con disinvoltura a volte esagerata e che qualche sfondone glielo fa fare. E le battute non sono il suo mestiere perché sono il festival dell’ovvio.