Non sono mai stato un esperto di quella che viene chiamata ‘musica leggera’ e ho ascoltato Il Volo, cha ha vinto il Festival di San Remo, unicamente su YouTube e su suggerimento di un collega.

In primo luogo, alcune notazioni sulla canzone vincitrice del Festival. E’ una ‘canzone d’amore’ che, forse con un pizzico di furbizia, ha sfruttato la sera di San Valentino – tradizionalmente la notte degli innamorati – per essere trascinata alla vittoria dal voto popolare. Per quanto riesco ad individuare da YouTube, la tonalità di base è il ‘Re’ , prevalentemente minore con qualche momento nel maggiore (nei passi che vogliono essere drammatici). Astuta la scelta dei tre giovani tenori: tutti e tre appartengono alla categoria di quelli che possono essere definiti ‘tenori lirici’, ma dei tre uno ha un timbro particolarmente chiaro e alto (con molto studio e fatica potrebbe tentare la transizione a contro-tenore) e un altro ha invece una voce brunita e una notevole agilità (tra qualche anno potrebbe transitare a ruoli di ‘baritono leggero). Quindi, tre tenori, ma ben distinti, al fine di dare maggiore varietà ad una scrittura musicale di estrema semplicità. E’ un artificio utilizzato spesso nella ‘musica alta’: ad esempio, Gioacchino Rossini impiega ben sette tenori in Armida e sei in Otello – ciascuno, però, con differenti vocalità al fine di distinguere le personalità. Jago e Rodrigo, ad esempio, sono ben differenti da Otello – pur se sono tutti e tre tenori.



Occorre tenere presente che la differenziazione tra musica ‘alta’ e ‘popolare’ è recente ed appartiene quasi interamente all’Europa occidentale. Negli ultimi anni, a New York, a Broadway,si è messa  in scena  con enorme successo una Bohème (opera tra le più difficili di Puccini sotto il profilo  vocale) non solo ambientata negli Stati Uniti ai giorni d’oggi ma con cantanti in gran parte presi dal repertorio ‘leggero’; ha fatto il ‘tutto esaurito’ per diciotto mesi. Sempre con riferimento all’esperienza americana, non mi chiedo se A Little Night Music di Stephen Sondheim o Les Misérables di Claude-Michel Schoenberg siano musical o opere liriche: sono ottimo teatro in musica ed hanno appassionato milioni di spettatori (il secondo è stato visto dal vivo da 80 milioni di spettatori paganti , il primo tratto da un film di Igmar Bergman è diventato un film di grande successo per contro proprio).



Di recente (il 10 frebbraio) a Veneria sono stato alla prima assoluta  de Le Ventre de Paris, prodotto dal Centre de musique romantique française in cui in omaggio all’Expo viene esaltato il nesso tra gastronomia e musica utilizzando arie, duetti, terzetti e quartetti di opere, operette e musica popolare dai tempi della Rivoluzione francese all’inizio del Novecento. La ‘contaminatio’ o fusione funziona alla perfezione . Lo spettacolo sarà a Parigi al Théâtre des Bouffes du Nord in maggio ed a Milano al Teatro Paolo Grassi in giugno. Verrà poi ripreso in autunno al Théâtre des Bouffes du Nord e successivamente andrà in una lunga tournée.



In un saggio in uscita in aprile su La Nuova Antologia documento come i muri tra le differenti scuole musicali si siano abbattuti nell’ultimo quarto di secolo. Quelli tra i generi non ci sono mai stati: un esempio tra i tanti, nel suo capolavoro ‘Die tote Stadt’, tema lugubre come dice il titolo (‘La Città Morta’) Erich W. Korngold, uno dei maggiori compositori del Novecento storico, inserì una canzone popolare cantata in ciascuno dei tre atti.

E poi rcordiamoci che un cantante lirico come Bocelli ha cominciato la sua carriera da star proprio grazie al Festival di Sanremo.