Appuntamento da non mancare a Londra dove gli Who recuperavano le due date saltate a dicembre causa un malanno di Roger Daltrey. I concerti tenutisi il 22 e 23 marzo alla 02 Arena e il 26 alla Royal Albert Hall saranno ricordati probabilmente come gli ultimi di una folgorante e splendida carriera. Lo stesso Roger Daltrey ha precisato che sono “l’inizio dell’ultima parte della loro storia”. Con 70 anni sulle spalle non è che si possano fare chissà quale progetti anche se Daltrey e Pete Townshend, unici sopravvissuti della band di My Generation, hanno dimostrato vitalità e immutata bravura. Teatro dell’avvenimento la 02 Arena con i suoi 20.000 posti totalmente gremiti con larga rappresentanza della generazione che dei Who fece una bandiera.
Sin dal primo pezzo la voce di Daltrey è apparsa all’altezza della situazione e lo stesso Townshend, anima della band, ha confermato la sua bravura di chitarrista ritmico, mantenendo la botta e il suono dei tempi migliori. Qualche espediente per prendere fiato, cambio di chitarre fra un brano e l’altro, scambio di battute tra i due, hanno in qualche modo spezzato un po’ il ritmo , ma alla fine il viaggio intrapreso è stato comunque affascinante attraverso gli hit della band che festeggia i cinquanta anni di carriera con un cd ed un tour intitolati appunto The Who Hits 50!, cinquant’anni cioè di incredibile carriera cominciata appunto nel 1965.
Ad accompagnare Townshend e Daltrey sono Zak Starkey (batteria, figlio di Ringo Starr), Pino Palladino (basso), Simon Townshend (chitarra, fratello di Pete) oltre ai tre tastieristi Frank Simes, Loren Gold, John Corey. La band ha eseguito rigorosamente dal vivo tute le parti con la sola eccezione dell’intro di storici pezzi come Baba o Riley o Won’t Get Fooled Again.
La prima parte del concerto si è aperta con I Can’t Explain primo singolo pubblicato cinquanta anni fa. Nel secondo brano in scaletta Substitute, Townshend ha sbagliato un giro di chitarra e a fine brano ha spiegato scherzandoci sopra che stava per fermarsi poi ha pensato che fosse giusto andare avanti. Un passo alla volta la leggendaria band ha ripercorso la gran parte dei propri hit. Ecco scorrere Who are You, The Kids Are Alright, I can See for Miles, Pictures of Lily, My Generation, Magic Bus, Behind Blue Eyes, brani che hanno segnato un epoca irripetibile. Gli Who siedono di diritto accanto alle altre due celebri band inglesi, Beatles e Rolling Stones anche se, come precisa Townshend “Agli inizi eravamo una semplice band pop, poi siamo diventati una grande rock band”.
Una storia quella degli Who segnata dalla perdita del batterista Keith Moon avvenuta nel 1978 a soli 32 anni sfiancato da alcol e droga a cui ha fatto seguito quella di John Entwistle, morto per infarto alla vigilia di un tour americano nel 2002. Due formidabili strumentisti motore ritmico della band che da allora, pur avvalendosi di eccellenti turnisti come Kenny Jones, Simon Phillips, Zak Starkey e Pino Palladino non è stata in grado di colmare a pieno la grave perdita.
Proprio dalla sezione ritmica nel concerto della 02 Arena è mancata la giusta propulsione con un Zak Starkey in ombra probabilmente anche a causa dell’uso di una batteria trasparente (priva delle sonorità date dai fusti del legno).
Ottima produzione e stupendo l’apparato multimediale che ha accompagnato l’intero concerto proiettando sul megaschermo alle spalle degli Who diapositive liquide missate a storiche immagini. Quasi commovente l’apparire dei volti dei compagni scomparsi, ritratti in primo piano, quasi a sottolineare l’importante ruolo svolto nella storia della band. Uno spettacolo nello spettacolo curato da una attenta regia che ha intervallato i filmati con dei primi piano dei musicisti sul palco. Decine e decine di foto d’epoca, disegni, i vecchi mod e le loro Vespa e Lambretta, un riuscito tuffo nel passato .
Dopo Join Together è la volta di I’m one cantata da Pete Townshend, la voce è brunita, ruvida ma va alla grande con Daltrey impegnato all’armonica; è poi la volta di Love Reign O’er me uno dei brani più toccanti del celeberrimo “Quadrophoenia”, si avverte la mancanza del sostegno adeguato dei synth (all’epoca i rivoluzionari ARP), nonostante l’impegno dei tre tastieristi la voce di Daltrey supera la prova di quello che vocalmente è il brano più impegnativo della serata.
Dal grande schermo spariscono le immagini d’epoca, la proiezione diventa ipertecnologica quasi a voler sottolineare l’attualità della loro musica. In effetti ascoltandoli ci siamo chiesti se esistono degni sostituti o si intravedono band capaci di essere ricordate dopo cinquanta anni così come loro. Il panorama musicale londinese nonostante la illimitata e dispersiva proposta appare in una fasi di stallo, come confermatoci da alcuni addetti ai lavori. Probabilmente la musica oramai viene realizzata e pensata semplicemente come prodotto da consumare rapidamente e non come forma d’arte, anche perché non sostenuta da quegli aneliti sociali, culturali e politici di quell’epoca.
La band viaggia a mille verso il gran finale, arrivano i brani da “Tommy”: Amazing Journey seguita da Pinball Wizard, unitamente alla celeberrima See Me, Feel Me, la botta della chitarra di Townshend (doppiato per tutto il concerto dal fratello Simon) è vigorosa, la mano è ancora salda e nelle parti ritmiche si fa sempre valere. Atmosfera r&b con la intrigante Eminence Front contenuto nell’album “It’s Hard”, pezzo che avrebbe meritato una versione più allargata.
Il finale è in crescendo con due colonne della produzione dei Who : Baba O’Riley e Won’t Get Fooled Againsuonate alla grande. Dopo quasi due ore e mezzo di grande musica le luci si accendono, il pubblico non ha nemmeno il tempo di richiedere il bis, la band ringrazia e saluta. Se avete l’occasione non perdeteli. Di Roger Daltrey le ultime parole: “We Are happy,We are healty and most of all… We Rock it !!!”.
Per chi volesse approfondire la storia degli Who segnaliamo la autobiografia Who I Am scritta da Pete Townshend ed edita da Rizzoli.