Tosca di Giacomo Puccini è una delle opere più rappresentate al mondo; grazie all’ottimo libretto di Giacosa ed Illica (che sfrondarono il drammone di Sardou di numerosi elementi non necessari) e alla innovativa scrittura orchestrale e vocale di Puccini, segnò, il 14 gennaio 1900 al Teatro Reale dell’Opera di Roma, l’inizio del ‘Novecento storico’ per il teatro in musica italiana. Venne immediatamente ripresa dai maggiori teatri in Italia e all’estero e funziona ancora perfettamente sia come dramma scenico sia come partitura.



Se ne sono viste regie di ogni natura: da quelle che mantenevano rigorosamente l’ambientazione a14 giugno 1800, giorno della battaglia di Marengo (non esistevano né telegrafo né tanto meno telematica; quindi la mattina giunse a Roma la notizia della vittoria della coalizione anti-francese per essere smentita la sera da quella del successo di Napoleone) mentre altre edizioni  la hanno collocata in altre epoche. Ad esempio Jonathan Miller, Peter Sellars, Robert Carsen e Pierluigi Pizzi hanno situato Tosca in epoca fascista; i primi tre hanno scelto gli ‘anni dello squadrismo’, quelli del ‘delitto Matteotti’, mentre nella versione di Pier Luigi Pizzi i costumi, soprattutto femminili, fanno intendere che si è nel 1935-37, quelli chiamati da De Felice, da Parlato e da tutta una scuola di storici gli anni del consenso quando l’Italietta pensava di essere diventata un Impero.



Nell’edizione in scena a Roma sino a fine giugno (in due tornate di repliche), Tosca viene presentata così come lo fu il 14 gennaio 1900. Sulla base di bozzetti delle scene e dei costumi (di Adolf Hohenstein) e di foto dell’epoca, i laboratori e la sartoria hanno fatto un attento lavoro di ricostruzione. Le scene, ispirate in gran misura ai paesaggisti francesi di fine Ottocento sono una gioia per gli occhi. I costumi di Floria Tosca, specialmente quello del primo atto, incantarono la Regina Margherita; ed è facile capire perché.

Anche la regia del giovano italo-sudafricano Alessandro Talevi (che ha spesso mostrato grande fantasia) si attiene scrupolosamente alle indicazione sceniche di Puccini, Giacosa ed Illica. All’epoca il ‘regie theater’ (teatro di regia) stava appena facendo i primi passi in Germania e se ne era distantissimi in Italia dove sarebbe giunto unicamente verso gli Anni Cinquanta, ben dopo la seconda guerra mondiale. Oggi le indicazioni sceniche di allora, pur filologiche, lasciano poco spazio alla recitazione quale ci siamo abituati: ad esempio, la protagonista Oksana Dyka ha mostrato grande disinvoltura alcuni anni fa in una Tosca con la regia di Franco Zeffirelli mentre risultava impacciata la sera della prima, il primo marzo, anche alla chiusura del sipario ed alle ovazioni a lei dirette. Roberto Frontali è uno Scarpia di grande esperienza. Stefano La Colla, chiamato a sostituire un collega ammalato, è stato il vero coup de théâtre della serata.



Andiamo alla parte musicale. Renato Renzetti è un concertatore molto esperto e si è meritato applausi (anche se ha ‘coperto’ alcune voci al momento della ‘cantata a Palazzo Farnese’) all’inizio del secondo atto. La ucraina Oksana Dyka è una Floria Tosca di riferimento nei maggiori teatri internazionali. Lo sorpresa è stato Stefano La Colla, in programma per il terzo cast e giunto alla ‘prima’. Nel primo atto Recondite Armonie ha lasciato il pubblico un po’ indifferente, ma si tratta di romanza cantata ‘a freddo’, tutta sul registro di centro e con il rischio continuo di ingolarsi . Per La Colla il resto dello spettacolo è stato un crescendo sino al magnifico e magnificamente cantato E Lucevan Le Stelle seguito ad applausi scroscianti e insistenti richieste di bis. E’ nata una stella.