Per tutti coloro che hanno amato quelle poderose bordate chitarristiche, tra le più innovative ed emozionanti della scena musicale degli anni sessanta, che facevano capolino nei solchi dei dischi di una delle band che più hanno segnato la storia del rock, i Jefferson Airplane, non sarà facile immergersi in questo disco. 



“Ain’t No Hurry” in realtà non è una novità nel percorso musicale di Jorma Kaukonen. A partire dagli anni 70 infatti, a parte una manciata di straordinari dischi elettrici con il gruppo da lui fondato una volta abbandonato l’aeroplano Jefferson, e cioè gli Hot Tuna, il musicista americano si è buttato a capofitto nel mondo della musica tradizionale del suo paese. In fondo, come racconta lui stesso nelle note incluse in questo disco, è stato tornare alle sue stesse radici, quando giovane universitario frequentava i festival bluegrass e old time e si esibiva da solo nelle coffee house. Il periodo psichedelico dei sessanta e quello hard rock dei 70 diventano così in realtà la vera eccezione in una carriera ormai cinquantennale.



“Ain’t No Hurry” è un disco diviso in due parti uguali: sei cover, quattro brani originali e un pezzo che fa da trait d’union, a firma Woody Guthrie. Con lui oltre all’amico di mille battagli musicali, Jack Casady ospite in un brano, accompagnatori stellari quali Larry Campbell e Barry Mitterhoff. 

Kaukonen celebra a modo suo, e cioè superbo, il mondo rurale nordamericano, in un incrocio di corde d’acciaio piene di buon umore e divertimento, ma anc he profonda riflessione. Due brani risalenti all’epoca della Grande depressione, “Nobody Knows You When You’re Down and Out” (che un giovanissimo Kaukonen incise con una altrettanto giovanissima Janis Joplin nel 1964) e “Brother Can You Spare a Dime”, collegano quei tempi difficili a quelli altrettanto difficili dell’attuale crisi economica. 



“Sweet Fern”, dal grande songbook della Carter Family, e la title track che arriva invece da quello del violinista irlandese Jim Eagen, esaltano il cuore pulsante e antico di un’America scomparsa ma lo fanno con gioiosa credibilità. Tra i pezzi a sua firma spicca la bellissima (circa sette minuti di durata) “Bar Room Crystal Ball”, incantevole e ricca di sentimento country gospel come sempre nei suoi momenti migliori. Bella anche la ballata d’amore  “In My Dreams” mentre “Season in the Field” mette in primo piano il suo sempre strepitoso stile chitarristico. Con diversi punti di contatto con quel capolavoro che fu il primo disco in studio degli Hot Tuna, “Burgers”, questo album è una festa del cuore da conservare a lungo. Senza fretta, come dice lo stesso Kaukonen: “ain’t no hurry”. Le cose che valgono d’altro canto non passano mai.

(Paolo Vites)