In questi giorni che precedono la Pasqua un forte vento spazza e imperversa su gran parte della penisola italiana, il centro nord in particolare. Il cielo sopra Milano non è mai apparso così lucido e sfolgorante come in questi giorni. E’ come se la primavera volesse a forza cacciare ogni ultima presenza dell’inverno. Il turbinare dell’aria pulitissima mentre cammini per i marciapiedi sporchi del capoluogo lombardo ha un effetto quasi inebriante, vertiginoso. Il vento confonde anche i pensieri che si accumulano, mischiando attimi e ricordi, sensazioni e convinzioni. Nel giro di un minuto ti senti il bambino che eri a 5 anni, poi il ragazzo pieno di sogni e desideri di quando avevi vent’anni. Non capisci neanche dove ti trovi, se durante quella gita in alta montagna, in spiaggia al calore estivo, o il giorno in cui è morto tuo padre. Il vento frantuma il tuo Io sempre così sicuro e dominatore, sei altrove. Sei in un tempo immemorabile che tutto contiene e di tutto è annuncio e profezia. Non importa che sia già accaduto. 



Il venerdì santo è il tempo sospeso nel tempo per eccellenza. Il filosofo americano Daniel C. Dennett si chiedeva “quanto tempo c’è voluto perché Johann Sebastian Bach creasse La Passione Secondo San Matteo? Una prima versione fu eseguita nel 1727 o 1729, ma quella che si ascolta oggi risale a dieci anni più tardi e incorpora molte revisioni. Quanto tempo c’è voluto per creare Johann Sebastian Bach? Bach godeva della vita da quarantadue anni quando fu suonata la prima versione e da più di mezzo secolo quando terminò la versione successiva. Quanto tempo c’è voluto per creare il cristianesimo, senza il quale La Passione Secondo San Matteo sarebbe stata letteralmente inconcepibile, da parte di Bach come di chiunque altro?”. 



Dennett, ateo convinto, si immerge in un tempo immemorabile, quel tempo in cui la morte del Cristo celebrata da Bach parla al cuore di ogni uomo, quel tempo che è in continua trasformazione nel progetto di un Altro, e senza rendersene conto sottintende di esserne parte anche lui. 

In questi giorni che precedono la Pasqua in cui il vento spazza il cielo e le strade di Milano, nel Duomo della città è stata rappresentata La Passione di Bach secondo San Matteo. In questa Passione non c’è alcuna menzione alla Resurrezione in nessun momento. Per Bach la crocifissione è come il punto di arrivo, la sorgente stessa della redenzione. Se questo può suggerire una visione tipicamente protestante, nella quale la fede è una faccenda personale nel chiuso del cuore di ogni uomo, questa è anche la forza della Passione di Bach, quella di comunicare da cuore a cuore di ogni uomo. 



A circa quaranta minuti dall’inizio di questa opera, lunghissima, quasi tre ore, c’è un momento di insostenibile malinconia che sembra proprio sottolineare la malinconia di un cuore che vorrebbe uscire dalla propria solitudine per farsi abbracciare da un altro cuore. Il problema con il cuore è che vuole il mondo intero, non si accontenta mai. E’ in questo passaggio che la Passione di Bach è vittoriosa. Come il vento su Milano, questa musica contiene un tempo immemorabile.

Quel tempo sospeso nel tempo che accade in maniera così concreta solo in questo giorno, il Venerdì Santo. Quando gli occhi sono fissi sulla Croce. E in silenzio aspettano che accada. Il momento in cui il tempo sarà vinto dal tempo stesso e il cuore abbracciato dal Cuore.