Artisti emergenti: i Perimetro Cubo, un duo romano che ha appena pubblicato il primo album “L’Ultima Ovvietà”. Otto brani che raccontano storie di incontri, desideri e rimpianti, curiosità e disincanto di una vita, in un viaggio musicale che passa dal country al pop, ma anche dal rock alle melodie più acustiche. Loro sono Luigi Santilli (cantautore e voce dell’intervista) e Andrea Orsini (polistrumentista e arrangiatore) ed ecco cosa ci hanno raccontato…



Come si sono conosciuti e come sono nati i Perimetro Cubo?

Ci siamo conosciuti diversi anni fa. Volevo che Andrea mi aiutasse ad evolvermi nel mio rapporto con la chitarra. Sfida difficilissima, direi quasi apparentemente impossibile. Invece, poi, dopo un po’, abbiamo iniziato a riarrangiare insieme dei pezzi che avevo scritto o a cui stavo lavorando da tempo. In realtà Andrea ti direbbe che i pezzi li ha riarrangiati da solo, ma sai come sono i musicisti… Un pochino egocentrici! (scherza, ndr) Poi abbiamo iniziato a scrivere a quattro mani. Ed è nata una alchimia molto divertente.  



Come mai vi chiamate Perimetro Cubo?

È un ossimoro, un concetto matematico che di fatto non esiste. Io ho una grande passione per i numeri e per la matematica, ma anche il gusto di giocare con le parole. Alla fine questo “paradosso” geometrico ci sembrava rappresentare piuttosto bene l’intesa tra due caratteri e storie molto diversi, anche e soprattutto musicalmente, come i nostri.

Dopo qualche lavoro quasi “in sordina”, esordite stavolta con un album davvero interessante. Otto brani e un titolo particolare come “L’Ultima Ovvietà”. Come nasce questo progetto?



Nasce dal desiderio di dare voce a dei pezzi a cui ero e sono molto legato, ma che, devo ammettere, solo con l’incontro musicale con Andrea, e con i suoi arrangiamenti (beh si, diciamo i “suoi”…), sono riusciti ad avere quel senso compiuto che cercavo. E poi da lì è venuto spontaneo continuare a scrivere insieme. Quando si è trattato di pensare alla realizzazione dell’album, abbiamo voluto coinvolgere altri musicisti che ci hanno davvero arricchito con la loro esperienza ed hanno reso il progetto molto più che “cantautorale”. Si tratta di Pierpaolo Ranieri, al basso, Pasquale Angelini, batterista e percussionista, Alessandro Forte al piano ed alle tastiere, e Stefano Semprini, un violinista classico che si è divertito a giocare con noi.

Come vi dividete i compiti, tu e Andrea? Chi scrive i test e chi la musica, ad esempio?

Non c’è una scrittura separata. Io scrivo sia i testi che le linee melodiche, anche se in alcuni casi queste le abbiamo scritte a quattro mani come nel caso di “10 (Dieci)”, che è il singolo che ha anticipato in radio l’uscita dell’album. Andrea cura soprattutto gli arrangiamenti e la parte strumentale. Ma, in realtà, soprattutto nelle cose più recenti, spesso le idee nascono lavorando insieme. 

 

In “L’Ultima Ovvietà” raccontate storie di incontri, desideri e rimpianti. In particolar modo nel brano dite “come il peso dell’età, cambiano le regole”. Proprio collegandomi ai testi delle vostre canzoni, vi domando allora se avete vissuto anche voi un incontro particolare che vi ha cambiato la vita.

Mah, a parte gli incontri con le persone più importanti della nostra vita, in realtà ci sono poi tanti incontri che, per motivi diversi, ed in modi diversi, lasciano il segno. 

 

Qual è, in quanto Perimetro Cubo, il vostro attuale più grande desiderio?

Ovviamente, dopo aver fatto tanta musica, da sempre, e dopo aver finalmente realizzato questo album insieme, il desiderio è che tanti nuovi amici possano avere la voglia e la curiosità di conoscerci ed ascoltarci. Siamo molto contenti dei primi “piccoli” riscontri che stiamo avendo, ma ci piace l’idea di continuare a giocare e a metterci in gioco. È una esperienza stimolante, difficile, ma divertente. E vogliamo continuare a scrivere. Vorremmo essere legati ed affezionati al prossimo album almeno quanto lo siamo a questo.   

 

E di rimpianti ne avete? Scelte che magari se aveste la macchina del tempo decidereste di non replicare?

Andrea dice “no”, e la fa semplice, lui… Per me è una domanda difficilissima. Io cerco di non guardare mai al passato, ma poi in realtà, se osservo quello che scrivo, molte cose nascono proprio da rimpianti e rimorsi. Le canzoni sono spesso una nuova opportunità ed un modo diverso di dare voce o vita a cose che nella realtà sono andate diversamente da come avremmo voluto… E chissà, sono forse anche un modo per esorcizzarli, i rimpianti…    

 

C’è un brano fra gli otto che potreste considerare “il vostro preferito”?

Per Andrea “L’ultima Ovvietà”,  che è un pezzo dall’animo un po’ più rock, o “le Onde”, che ha un arrangiamento particolare. Per me tutti i pezzi hanno un significato speciale, ma credo di essere giustificato, visto che i testi sono tutti nati in situazioni  e momenti particolari. Se devo sceglierne uno, sono molto legato a “L’ora del Tè” (non un pezzo autobiografico, ma sulla insensatezza della guerra), che ho scritto un po’ di tempo fa.  

 

“L’Ultima Ovvietà” spazia dal country al pop, dal rock alle melodiche acustiche. In quale genere vi rispecchiate maggiormente?

Credo nel rock. Con sfumature diverse. Più duro o ritmico Andrea, più acustico io. Ma ci piace l’idea di spaziare tra generi diversi .

 

Progetti futuri ne avete? Magari un tour fra la gente?

Per ora ci godiamo l’album: dal momento della scrittura dei pezzi all’uscita c’è stato davvero tanto lavoro nel mezzo. Stiamo lavorando a dei video, con l’obiettivo di raccontare anche in modo diverso le nostre storie. E continuare a scrivere, magari per lavorare presto ad un secondo album. Suonare dal vivo resta sempre il massimo ovviamente, vedremo!