I tentativi di imitazione sono stati (e saranno) infiniti. Anche a casa nostra dove un comico poi sparito per motivi vari dalla tv aveva copiato in ogni particolare – anche la tazza del caffè – lo studio televisivo di David Letterman, Dave per amici e fan, pensando che in Italia nessuno avesse mai visto l’originale. Quello che non gli riuscì di copiare, lui e nessun altro che ci abbia provato, era lo stile unico e irripetibile di Letterman. Umorismo, talvolta anche cinico, ma mai volgare, di classe altissima, umanità, capacità di commuoversi e commuovere, rispetto per gli ospiti, ironia e auto ironia. E anche una cosa che in Italia per forza di cose non si potrà mai fare, a parte il tentativo di Renzo Arbore con la trasmissione Doc: portare in televisione la musica che si ama, non quella che si deve portare perché imposta per interessi economici, di connivenze varie o di share. 



In trentatré anni e 6mila e 28 puntate Letterman ha portato tutti, dai più grandi ai più sconosciuti. Tutti rigorosamente live, senza trucchi e pagliacciate. Ci ha fatto piangere quando ha dedicato una puntata a un musicista morente per un tumore inguaribile portandolo in studio per l’ultima volta (quando Letterman chiese a Warren Zevon se la malattia gli avesse “insegnato” qualcosa che noi non sapessimo, questi rispose: “Non molto eccetto sapere adesso quanto vale gustare ogni sandwich che mangio”); ci ha fatto sussultare presentando le ultimissime novità, the next big thing, prima che diventassero di successo. Ha tirato letteralmente fuori di casa star restie a esibirsi in tv come Bob Dylan per alcune apparizioni memorabili. 



Dave amava la musica, era il momento spesso più atteso del suo show,un aspetto che diceva tutto della sua americanità, un paese dove la musica rock non è un contorno ma un elemento essenziale della vita. Ha anche fatto esibire Paul McCartney dalla tettoia del teatro che ospitava lo show, lo stesso che negli anni sessanta ospitava il mitico Ed Sullivan Show dove si esibirono per la prima volta alla tv americana i Beatles chiudendo così il cerchio in modo memorabile.

Ho una immagine di me stesso sul divano a notte fonda con in mano un biberon e mia figlia di pochi mesi, la televisione accesa sul Letterman Show, l’unico modo che avevo per non sclerale per le notti bianche imposte dalla figlia. E sono sicuro che anche lei seppure di pochi mesi amasse quei momenti. Perché Dave Letterman è davvero entrato nelle case di tutto il mondo in modo discreto, da gentleman, facendoci ridere di noi stessi e facendoci compagnia. E aprendo il suo grande cuore di appassionato di musica e comunicandoci quella sua grande passione.



Su Internet in queste ore dopo l’ultima puntata andata in onda, impazzano le classifiche e il meglio delle varie esibizioni musicali trasmesse nel suo show nel corso degli anni. Le sto guardando a bocca aperta: i Sonic Youth nel 1992 durante l’esplosione del grunge che fanno a pezzi microfoni e batteria e lui, sempre giacca e cravatta inappuntabili, che stringe loro la mano: tutto ok ragazzi? chiede. Al Green, il reverendo della musica soul fresco di medaglia del Kennedy Center appuntata sul petto che manda in visibilio il pubblico scendendo in mezzo a loro a cantare e Dave che incapace di trattenersi, rilascia una serie di entusiasti “Oh God! Oh God!”.

Ma ditemi, dove avete mai visto alla televisione italiana una tale spontaneità e divertimento e una tale capacità di comunicare e proporre il bello?

Delle tante esibizioni che sto guardando in queste ore ce n’è una che lascia il segno più di altre, non necessariamente la migliore, qualcosa che poteva succedere solo al Letterman Show. E’ il 1987 e in studio ci sono Sonny e Cher, non più una coppia musicale da quasi vent’anni e neppure più coppia sposata da più di dieci anni. Dave è riuscito a rimetterli insieme per una serata. I due inizialmente sono un po’ imbarazzati dal ritrovarsi seduti accanto. Poi vengono invitati a cantare di nuovo insieme. Cher è alquanto turbata dall’idea. E’ una star mondiale, non ha provato, non canta con l’ex marito da anni e anni. Ma non si può dire di no a Letterman, I due vanno ai microfoni. Lei perfettamente accessoriata da super star, lui che sembra un pensionato uscito da un campo di golf. Lei sempre affascinante, lui che dimostra più anni di quanti ne ha. Negli anni sessanta le loro canzoni raccontavano l’America giovane che stava cambiando l’America stessa. Cantano il loro vecchio successo I Got You Babe. E’ la dichiarazione d’amore di due giovani che vogliono prendere la vita, tutta intera, nelle loro mani. Ma loro adesso non sono più giovani e non si amano neanche più e nella vita, specialmente lei, ne hanno combinate tante, nel senso degli eccessi: “They say we’re young and we don’t know We won’t find out until we grow  Well I don’t know if all that’s true  ‘Cause you got me, and baby I got you”. Dicono che siamo giovani e che ne sappiamo della vita, ma non mi importa perché io ho te, babe. Dicono che il nostro amore non pagherà l’affitto, che prima che guadagniamo avremo speso tutto. Può darsi, non abbiamo progetti ma sono sicuro di cosa ho, ho te babe. Non lasciare che dicano che i tuoi capelli sono lunghi perché non mi importa con te non posso sbagliare, metti la tua mano nella mia non c’è collina o montagna che non possiamo scalare. Voglio che tu prenda il mio anello e quando sarò triste, tu sarai un clown per me.

Be’, c’è tutto un sogno qua dentro che come tutti i sogni non è durato a lungo neanche per Sonny e Cher (a parte magari i soldi). Adesso, mentre stanno cantando, dimenticano qualche verso, sbagliano, ma si guardano e sorridono, stanno ritrovando quello che erano. A un certo punto Sonny prende la mano di Cher e la bacia, lei gli sorride e finalmente si lascia andare. La canzone ha fatto ritrovare i loro veri se stessi, sono tutti e due evidentemente commossi. Niente è cambiato davvero, ti voglio ancora bene nonostante tutto e il nostro sogno possiamo adesso darlo ai giovani di oggi, che lo sognino loro. 

Cose che succedevano solo al Letterman Show. Per questo, per la tua onestà di andartene da vincitore invece di tenere la poltrona e con umiltà e dignità, per la compagnia simpatica che ci hai fatto e per tutto il resto, #ThanksDave.