Nel 1995 avevo 17 anni e assieme al mio compagno di banco di allora concepii il progetto folle e alquanto ambizioso di creare una fanzine dedicata al metal. Non avevo nessuna esperienza ma ascoltavo già parecchie cose e presi rapidamente i contatti di tutte le band i cui demotape venivano recensiti su Metal Hammer, la mia rivista di riferimento, per farmi mandare il materiale da recensire. Trovai un ambiente vivace ed enormemente ricettivo, scrissi diversi articoli e realizzai un vero e proprio scoop quando, privo di contatti stampa e ignorando completamente l’inglese, riuscii ad intervistare i Blind Guardian, che erano alla loro seconda calata in assoluto in territorio italiano. 



Era un bel periodo, eravamo entusiasti e pieni di energie, riuscimmo a fare solo un numero (i computer non erano ancora così diffusi e i limiti tecnici ancora insormontabili) ma da lì capii che scrivere di musica sarebbe potuta diventare un’occupazione da considerare, seppure già ai tempi fosse difficile guadagnarci qualcosa. 



Tra i gruppi con cui presi contatto in quei mesi di febbrile attività, ci furono anche i Movida. Li avevano messo in piedi il batterista Mario Riso e il chitarrista Gianluca Battaglion, che negli anni ’80 avevano riscosso un certo successo con i Royal Air Force, uno dei primi gruppi Heavy Metal della scena italiana, che aveva vissuto un momento di gloria quando si era esibito al Monsters of Rock di Modena, in compagnia di mostri sacri come Iron Maiden, Helloween e Kiss. 

Reclutati il chitarrista Giovanni Frigo, il bassista Ivan Lodini e il cantante Alessandro Ranzani, i Movida realizzarono nel 1995 “Contro ogni tempo”, un lavoro superlativo che mescolava il rock melodico ed epico dei Timoria con sonorità molto più dure, tipiche di un certo heavy metal. Il tutto con un songwriting di livello eccelso e un’abilità strumentale fuori dal comune da parte di tutti e cinque, con le punte più caratteristiche nel drumming a la Neil Peart di Mario e la voce caldissima e venata di blues di Alessandro. 



Comprai l’album in quello che era all’epoca uno dei miei negozi di riferimento, lo storico Riff Raff di Gallarate, purtroppo scomparso da tempo. Fu amore a prima vista: io e i miei amici andavamo spesso a vederli quando suonavano dalle nostre parti, intervistati Mario per telefono, che mi conquistò con la sua gentilezza e disponibilità. Fu l’inizio di un rapporto decisamente piacevole, che si interruppe improvvisamente con la fine del tour di “Contro ogni tempo”. 

Tre anni dopo, quando ero già impegnato nei miei studi universitari e avevo momentaneamente accantonato la scrittura musicale, uscì il secondo disco, “Frammenti simili”. Un ottimo lavoro, con belle canzoni e una produzione sempre superlativa. La magia però, non si ripetè. Non andai a vederli a quel giro e poco dopo sparirono dalla circolazione. 

Il solo Mario Riso continuò a frequentare l’ambiente musicale, entrando nello staff di Rock TV e fondando successivamente i Rezophonic, una band itinerante e dalla composizione sempre varia che suona in lungo e in largo per il nostro paese. Proprio grazie a loro c’era stato un timido ritorno dei Movida, con il brano nuovo “Sono un acrobata” ma si trattò di un’iniziativa estemporanea che non ebbe seguito. 

Fino a pochi mesi fa, perlomeno. Vent’anni dopo “Contro ogni tempo”, la band ha deciso di riunirsi nella formazione originale (l’unica per altro che abbiano mai avuto, dato che non ci sono mai stati cambi) e ha registrato “Il ricamo della farfalla”, un brano nuovo di zecca che ha fatto da colonna sonora alla ristampa di quel primo, storico album. Da qui a tornare on the road il passo è stato breve e così i Movida da qualche settimana stanno nuovamente girando l’Italia, per la gioia di chi c’era allora e per dare la possibilità ai più giovani di capire finalmente chi fosse questa band straordinaria. 

Io stesso non ho potuto farmi scappare l’occasione: quando sono venuti a suonare al Circolone di Legnano, mi sono recato ad intervistare la band prima del concerto per vivere anch’io il mio personale anniversario di “Contro ogni tempo”. 

E così, nel backstage del locale a poche ore dall’inizio, ho ritrovato una band invecchiata nel corpo ma non certo nello spirito, cordiale e disponibile come sempre. Non diventeranno più delle star, quel successo commerciale che avrebbero potuto ottenere anni fa è forse definitivamente sfuggito ma non è questo l’importante. È bello che siano ancora qui con noi, a regalarci emozioni come se davvero non fosse passato tutto questo tempo… 

 

Ciao Mario, tu ovviamente non ti ricordi di me ma io ai tempi venivo spesso a vedervi dal vivo. La prima volta è stata al New Rock Café di Capolago, un locale che purtroppo oggi non esiste più… 

 

 

Mario: Il New Rock Cafè? Grandissimo! Allora ti ricorderai di sicuro questa cosa: a un certo punto durante “Anni luce” non sento più Alessandro, mi guardo attorno e vedo che è volato giù dal palco! Sai che lui quando canta è sempre in equilibrio precario? Eh, a un certo punto lo vediamo risalire e capiamo che cosa era successo! Assurdo (ride NDA)! 

 

In realtà, non me lo ricordo proprio, probabilmente ho rimosso… Comunque, la prima cosa che ti chiederei può essere scontata ma vale la pena lo stesso, secondo me. Da dove arriva questa reunion? Dopo il secondo disco siete spariti, non ho più saputo nulla fino a poche settimane fa, quando ho visto il nuovo singolo… 

 

Mario: Il tutto nasce dall’esigenza di rivivere un’amicizia che si è un po’ dispersa per l’Italia, per l’Inghilterra. Le vicissitudini personali, le scelte diverse, ci hanno portato a fare percorsi differenti. Adesso invece, vivere i vent’anni del primo disco mi ha portato a fare una riflessione profonda sulla nostra amicizia, su quel lavoro, ma è anche un discorso più ampio. Parliamo infatti della situazione della musica in generale nel nostro paese: nel 1995 uscendo di casa potevi vedere dal vivo Marlene Kuntz, Africa unite, Subsonica, i primi Negrita, Verdena, i Litfiba ancora nei tempi d’oro. La scena era molto forte, insomma. Dopo vent’anni, cosa è cambiato? Tutto! Ci sono questi nuovi cantautori che in realtà fanno Hip pop, dj che ti dicono che suonano, gente che scrive quattro rime e ti dice che canta… Cose così. Da parte nostra c’è dunque un po’ questa volontà di dire: visto che questo è quello che ci stiamo ritrovando ai giorni nostri, tanto vale che ritorniamo in pista, riproponendo qualcosa che ci piaceva ai tempi, qualcosa che ci ha sempre dato gioia fare. È così, nient’altro che questo. Sai, un tempo suonare ti rendeva figo, oggi è da sfigati, una volta per una band fare concerti era anche un modo per guadagnare qualcosa, invece adesso significa avere un’azienda in perdita che va avanti senza soddisfazioni. Tutto il sistema è stato penalizzato anche per colpa di quelli come noi, che si sono fermati quando avrebbero invece potuto andare avanti. Quindi, tornare insieme significa semplicemente riportare una storia fatta di gioia di vivere, di stare insieme, di amicizia e di senso di appartenenza. Tutto questo è stata lasciato da parte ed è stato preso dall’hip pop. Oggi chi fa quel genere lo riconosci da lontano, perché si veste in un certo modo, ha senso di appartenenza e anche certi valori li hanno presi loro: le belle ragazze, il benessere, la voglia di divertirsi… Queste cose invece sono sempre state nostra prerogativa e ce le dobbiamo riprendere. 

 

Ma che cosa è andato storto secondo te? Me lo ricordo bene, ero un ragazzino all’epoca, venivo sempre a vedervi e coi miei amici me lo dicevo: “Quando diventeranno famosi potrò dire che c’ero sin dall’inizio…” 

 

Mario: La colpa è solo nostra. Così come la colpa di com’è la musica adesso è di chi ha fatto musica e ha vissuto di musica. Abbiamo sempre vissuto l’arte come una possibilità di tirar fuori quello che avevamo dentro. Nel primo disco avevamo dentro tantissima rabbia, e infatti questo è venuto fuori. Nel secondo invece ci sono stati dei cambiamenti, abbiamo vissuto un’evoluzione anche nelle nostre vite e questo ha influito sul nostro modo di comporre, perché quella cattiveria non è venuta fuori. Nessuna colpa da parte di nessuno, quindi. Non è successo nulla perché noi non ci siamo messi nella condizione di far succedere nulla. All’epoca, senza etichetta, senza agenzia di concerti, perché li organizzavo io, facevamo cento concerti l’anno e vendevamo molto. Poi nel nostro percorso ci siamo imbattuti nei soliti problemi che i ragazzi della nostra età possono avere, sono cose normali. Questo tra una cosa e l’altra ci ha portato a fermarci. C’era ora la necessità di condividere di nuovo certi bei momenti e quindi abbiamo deciso di farlo… 

 

(Nel frattempo entra Alessandro, che saluta e da questo momento sarà parte attiva della conversazione) 

 

Ecco Alessandro, magari, raccontami anche tu come vi è venuta l’idea di questa reunion… 

 

Alessandro: Ti racconto un bell’aneddoto, che è solo la seconda volta che racconto: Mario mi manda un messaggio e mi dice: “Sai, stavo pensando che tra poco saranno vent’anni che è uscito “Contro ogni tempo”. Cosa facciamo, andiamo in tour per festeggiarlo?” E praticamente, prima ancora che lui finisse di scrivere, gli avevo già risposto di sì. Quindi, c’è stata un’adesione rapida ed entusiasta da parte di tutti, la cosa bella era che il ventennale è stato il motivo scatenante ma assieme a quello è nato proprio il desiderio di suonare dal vivo, di far sentire ai ragazzi che ci sarebbero venuti a vedere che vogliamo loro ancora bene. Oggi faremo lo stesso e anche nelle altre date che seguiranno. E per l’occasione ci siamo detti che volevamo fare un pezzo nuovo e quindi ecco che l’abbiamo scritto… 

 

Mario: Sì, in verità io volevo fare solo la ristampa. Poi però gli altri hanno iniziato a farsi prendere la mano e mi sono ritrovato dentro una chat dove si continuavano a tirare fuori idee vecchie di anni che chissà da quanto tempo aspettavano di essere recuperate! 

Chiaramente, una volta provavamo tanto, anche tre quattro volte alla settimana, per cui le cose uscivano più facili. Oggi proviamo saltuariamente, era molto più difficile pensare a un nuovo album. Però questo pezzo nuovo lo abbiamo fatto ed è stato un bel punto di partenza per ricominciare. 

 

(A questo punto gli altri tre hanno fatto il loro ingresso nel backstage e quindi da questo momento l’intervista verrà condotta con la band al completo.)  

 

Com’è stato riprendere in mano i vecchi pezzi dopo tutto questo tempo? 

 

Alessandro: Per me facilissimo! Una cosa normale, come se non fossero passati così tanti anni..

 

Mario: No ragazzi, per me il contrario! Non suonavo più quel genere da vent’anni, riprendere in mano il disco è stato assurdo: ma che diavolo di cose ci avevo messo dentro (ride NDA)? Ma chi me l’ha fatto fare? Eppure… Dopo la terza data… Direi che sono peggiorato (ride NDA)! Pensa che ancora oggi c’è gente che mi dice: ma tutti ‘sti pezzi di batteria? E io rispondo sempre: tranquillo che alla fine della canzone li ho già usati tutti (risate NDA)! 

 

Giovanni: È pensa che è esattamente la stessa cosa che mi ha detto vent’anni fa! (Risate NDA) 

 

Qualche giorno fa ho rimesso su “Contro ogni tempo” ed erano davvero anni che non lo ascoltavo. Ho scoperto che me lo ricordavo ancora tutto a memoria, nota per nota. È una cosa che avviene per tutti i dischi che ho ascoltato quando ero ragazzo, è una magia particolare che oggi, pur ascoltando ancora un sacco di musica, forse anche più di prima, non riesco più a ritrovare. È così anche per voi, immagino… 

 

Alessandro: sì, un po sì. Una volta c’era un sano entusiasmo nell’ascolto di un disco che aspettavi per mesi e che poi ascoltavi per sei mesi di fila! Non so cosa sia successo dopo, forse l’ascolto si è velocizzato e non c’è nemmeno più quella meticolosità di ascoltare un disco per intero. Chi oggi lo fa più? Io lo faccio ancora ma è una cosa più dilazionata… 

 

Mario: Dove la trovi oggi un’ora per ascoltare un disco nuovo? Del resto noi siamo cresciuti in un’epoca in cui c’era il Carosello che durava cinque minuti per vendere un prodotto. Oggi in cinque secondi ti passa il Tir con la pubblicità. È tutto molto più veloce. Però c’è una cosa che tengo a ribadire, rispetto a questa reunion: noi non ci siamo mai persi di vista ma la cosa sorprendente è il rapporto con quelli che ci vengono a vedere. I ragazzi che avevano vent’anni all’epoca oggi vengono e ne hanno quaranta, vengono magari con moglie e figli e per due ore viviamo insieme dei momenti bellissimi e ci accorgiamo che non è cambiato nulla! E questo, credimi, è il motivo per cui vale la pena fare arte, per dare un senso al fatto che siamo qui su questa terra, senza averlo chiesto. Ci sono poche cose che ti danno un motivo per rendersi conto che è bello stare qui. Incontrare tutte queste persone, incontrare uno come te, oppure gente che si è incisa sul braccio una frase di “Contro ogni tempo”, addirittura uno che ha aperto un porno shop e l’ha chiamato Movida… Sono tutte cose bellissime! È come se fosse un eterno picnic in cui nessuno muore di fame perché ognuno porta qualcosa. 

 

In effetti è proprio quello che mi aveva colpito all’epoca: io ero un ragazzino che provava a fare la sua fanzine e ti aveva chiamato a casa e aveva chiacchierato tranquillamente con te. E anche quando venivo a vedervi con i miei amici, vi incontravamo sempre e parlavamo tanto. Non so, è una cosa che mi ha sempre fatto molto piacere ed è uno dei motivi per cui poi ci ho tenuto a venire ad incontrarvi adesso… 

 

Alessandro: sì, siamo sempre stati così, da che io ricordo, incontrare il nostro pubblico è sempre stata per noi una cosa importante. 

 

Mario: Ma certo, perché noi in fondo ci sentiamo dei miracolati! Sai cos’è un’altra cosa bella? Che la vittoria di uno equivale alla vittoria dell’altro, tra di noi è così. Ognuno di noi gioirebbe della vittoria di uno di noi, anche se questo comportasse, paradossalmente, il distacco e la fine del gruppo. Lo dico sempre: i Movida non sono un gruppo musicale nato per ottenere consensi. Vogliamo semplicemente condividere con gli altri quello che ci piace di più fare. L’arte, secondo me è questo. Sono troppi gli artisti che si rovinano la vita facendosi condizionare troppo dai consensi, riponendo troppe aspettative nel loro lavoro. Mi piace sempre ricordare che molti dei più grandi artisti sono morti poveri e soli. Ma questo non vuol dire che non avessero un valore! Anzi! 

Comunque dico sempre che il pubblico non ha gli elementi per giudicare il tuo successo. Dal momento in cui io suono la batteria e provo a migliorarmi, se uno che non suona mi dice “bravo”, sono contento ma so che non ha capito davvero di che cosa si tratta. Allo stesso modo, uno che mi dice che non gli è piaciuto quello che faccio, non mi condiziona perché lui non può capire davvero il tentativo che sto facendo. Quindi, tornando al discorso di prima, tanti artisti non hanno avuto successo in vita, non sono stati capiti ma sono comunque grandi, oppure altri sono stati riscoperti dopo. 

 

Come lo vedete oggi, “Contro ogni tempo”? Io personalmente lo trovo un disco ancora molto attuale, forse un pelino datato solo per quanto riguarda il suono, molto anni ’90 e per certe scelte di produzione. Per il resto, penso che si possa parlare davvero di uno dei dischi italiani più belli di sempre. C’è questa commistione tra rock e metal che era davvero avanti per i tempi… 

 

Alessandro: A livello poetico c’è molto da dire, è ancora molto attuale. Quando l’ho riascoltato per rivedere i testi, mi sono accorto che tante cose sono al passo coi tempi e tante soluzioni sono ancora attuali. Mi fa piacere, perché vuol dire che le cose che abbiamo scritte erano molto valide. Vero che a livello di suono riflette un po’ quei tempi lì, però sì, è un disco decisamente valido. 

 

Mario: per troppi anni non l’ho più ripreso, ascoltato, suonato. Oggi posso dire che sono felice di averlo fatto. Sono contento perché oggi, ti dico, non so se saremmo stati in grado di farlo. Una volta il disco era un punto di arrivo, ci si arrivava dopo anni di sacrifici, di investimenti. Oggi è molto diverso, non so quanti abbiano la capacità di estraniarsi dalla vita di tutti i giorni per comporre qualcosa che sia davvero senza tempo. 

 

Gianluca: vero, il songwriting è bello, ci emoziona ancora. Sono d’accordo con Mario, oggi è difficile esplorare nuove situazioni, che prevedono una maturazione che oggi forse non saremmo in grado di raggiungere. Oggi non hai nemmeno il tempo mentale per tirare fuori certe idee. 

 

Ivan: detto da chi l’ha fatto, suona un po’ brutto sai, si dice che chi si loda s’imbroda, però, con tutta l’obiettività che riesco ad avere, penso che sia un disco eccezionale per quello che era l’Italia del 1995. Avevamo tanto da dire, davvero. 

 

Giovanni: ogni tanto uscivamo dalla sala prove e andavamo in qualche locale. I gestori ci dicevano: “Ragazzi non vi fate mai vedere, siete sempre da altri!” Invece no, eravamo sempre in sala a provare! Mica c’era la possibilità di registrare le idee e di farle sentire agli altri della band! Il nostro processo creativo presupponeva che ci vedessimo sempre tutti insieme, che lavorassimo in diretta e tutti insieme alle idee che ci venivano. È vero quello che si dice, che in una band, se ci sono cinque persone e ognuno porta il venti percento, il totale è sempre di più della somma delle parti. 

 

Mario: sai, poi la comunicazione non era così facile. Gianluca è stato sempre quello con la mente verso il futuro, un giorno arriva in sala prove e ci dice: “Ragazzi, dobbiamo aprire un indirizzo internet, sul disco dobbiamo scrivere una cosa come http/…” E noi: “cos’è sta roba? E giù a prenderlo in giro” (risate NDA)! Però aveva ragione lui! E quindi abbiamo anticipato i tempi. Siamo stati forse il primo gruppo ad avere una casella mail. Mi ricordo ancora la dicitura: “Per insulti e complimenti scrivere a …” 

 

Gianluca: E ci mandavano ancora le lettere cartacee… 

 

Mario: sì arrivavano un sacco di lettere, di buste… era bello! Oggi sono contento che abbiamo la fortuna e la possibilità di goderci questo anche vent’anni dopo. Siamo una delle poche band che ancora suona con la stessa identica line up e poi, soprattutto, godiamo ancora di ottima salute, cosa che non è lo stesso per tutti gli artisti, ne ho vista di gente invecchiare male… 

 

Ma sentite, adesso te lo devo proprio chiedere: ci sarà o no un nuovo album? 

 

(A questo punto c’è un gioco di sguardi divertito da parte di tutti e ammiccamenti vari, da cui si capisce perfettamente che la cosa è già stata discussa più volte e che i pareri sono discordanti NDA) 

 

Mario: continueremo a fare canzoni, produzioni, ma oggi fare un album è un investimento davvero grosso, di tempo e di soldi. Le cose vanno fatte con un criterio e quando hanno senso. Se riusciremo a scrivere dodici canzoni veramente belle, che ci soddisferanno in pieno, ti assicuro che il disco lo faremo. In caso contrario, ti dico che io non voglio riempire il silenzio nella mia vita. Se le canzoni ci saranno, la nostra missione sarà di realizzarle nel modo migliore possibile, secondo le nostre possibilità e in maniera autoprodotta. Oggi bisogna fare così, affidarsi ad altri adesso non ha senso. 

 

Gianluca: sì, diciamo poi che la logistica non ci aiuta… 

 

Anche perché tu Alessandro vivi a Londra, voi altri invece siete tutti ancora in zona milano? 

 

Ivan: no, io adesso sto a Cuneo. 

 

Ah beh, in effetti anche tu sei scomodo… 

 

Gianluca: certo, oggi andare a Cuneo è molto più scomodo che andare a Londra… (Risate) 

 

Giovanni: Poi devi sapere che se diamo un appuntamento per le prove Alessandro arriva un’ora prima,  Gianluca è capace di arrivare un’ora dopo (risate)! 

 

Nel panorama musicale contemporaneo, c’è qualcosa di interessante che avete scoperto di recente? Vero che c’è troppa roba, che si fa fatica a star dietro a tutto, però di cose belle ce ne sono un bel po’… Cosa dite voi? 

 

Mario: io sono molto dentro la scena italiana, ti potrei fare anche un nome per genere. In campo metal mi piacciono molto i The Strange, poi in campo rock amo molto i Blastema, che hanno un frontman pazzesco e sono una di quelle realtà che non ci fanno vergognare di essere musicisti e di essere italiani. In ambito “indie elettronico”, diciamo così, recentemente abbiamo fatto il compleanno di Rock TV e sono venuti a suonare Lo Stato Sociale. Forse sono un po’ politicizzati, poi hanno la batteria elettronica, quindi in teoria a me non dovrebbero interessare, però sono una realtà nuova, attuale, tra i pochi che possono realmente costituire una risposta alla scena pop imperante. Nel mondo non so se chiamarlo emergente, mi piacciono molto i Two Fingerz, e credo che siano dei grandissimi autori, insieme a Caparezza. Sai, occupandomi da dodici anni di contest, sono piuttosto preparato sulla musica italiana emergente. Trovo che ci siano tanti artisti validi che poi però magari si perdono per strada, per problemi personali o anche per la difficoltà di portare avanti un’attività che oggi, lo ripeto, viene fatta soprattutto in perdita. Ah, e poi amo tantissimo gli Io?Drama! Fabrizio Pollio è un grande, sia come frontman che come songwriter, e poi è una persona meravigliosa… il loro primo disco è qualcosa di straordinario, ma anche gli altri non sono da meno… Ci tengo veramente tanto a loro! 

 

Gianluca: Adesso come adesso l’unico nome nuovo che mi viene in mente sono i Royal Blood. Diciamo che il problema principale è quello che dici tu, c’è troppa roba in giro e quindi alla fine non si ascolta più niente. Ai tempi si prendeva un vinile e si ascoltava quello per un mese, oggi c’è molta più roba e tutto è molto più dispersivo. La ragione è questa, e poi c’è da dire che siamo vecchi, di cose ne abbiamo sentite veramente tantissimo ed è difficile farsi colpire ancora da qualcosa. 

 

Ivan: a me piacciono nomi mainstream, Foo Fighters, cose così. Diciamo che l’ultima cosa veramente alternativa che ho ascoltato sono i Damned Crooked Vulture, quelli formati da Dave Grohol e John Paul Jones… 

 

Mario: Beh dai, sei uno che spazia! Dai Foo Fighters a Dave Grohol… (Risate NDA) Una volta a Rock TV mi è arrivata la lettera di un tizio che mi scrive: “Ragazzi, il canale mi ha veramente rotto le scatole! Io sono uno che spazia, ascolto dai Megadeth ai Metallica (risate NDA)… “

 

Giovanni: no beh, io ascolto cose abbastanza nuove, Black Sabbath, Police, Loudness… (Risate NDA) 

 

Gianluca: oh, io loro li ho visti nel 1983 in Germania, assieme ai Saxon… Gran concerto! 

 

Beh, su questa, mi sa che è meglio che vi lasci… Non vorrei iniziare a rimpiangere di non essere più vecchio… Grazie di tutto ragazzi! 

 

Mario: grazie tanto a te! Speriamo di farti divertire stasera! 

 

E in effetti le promesse sono state mantenute. Aperto da “Sono un acrobata”, il concerto è stata una grande festa di quasi due ore, dove sono stati riproposti quasi tutti i brani di “Contro ogni tempo” e una bella fetta del secondo disco “Frammenti simili”. 

La band è ancora un’unità potente e compatta come allora e i miei ricordi di adolescenza non sono stati per niente rovinati da quello che ho visto sul palco del Circolone. 

A risentire tutto dal vivo, bisogna dire che “Contro ogni tempo” vince ogni confronto con il suo successore e potere ascoltare e cantare nuovamente quei pezzi dopo così tanti anni, me li ha fatti scoprire più vicini che mai ed è stata un’esperienza molto più intensa e vera di certi concerti degli ultimi anni, vissuti più che altro per curiosità e velleità di presenzialismo. 

Da “Immaginare” a “Puro incanto”, da “Mondo di carta” alla mazzata di “Svegliami”, arrivano tutte le gemme che hanno fatto di questo disco uno dei grandi capolavori del rock italiano. La voce di Alessandro è calda e intensa come una volta, Mario è il solito metronomo dietro le pelli e gli altri tre fanno anch’essi il loro lavoro a meraviglia, facendo vedere a tutti che, se volessero restare, ne avrebbero tutto il diritto. 

Stupisce, e forse un po’ delude, per noi che avremmo voluto scatenarci, che “Anni luce” sia stata proposta in una (pur bella) versione acustica. 

La nuova “Il ricamo della farfalla in sede live risulta molto più carica e, pur inferiore ai brani del passato, coinvolge parecchio il pubblico. 

In chiusura, ovviamente, una “Contro ogni tempo” tirata allo spasimo e cantata da tutti. Attendiamo un nuovo album e speriamo decidano di rimanere stabilmente a calcare le scene. Per quanto mi riguarda, ho scoperto che a volte ricordare la giovinezza non è poi così male…