“Who are you?” “I’m Kurt Cobain!”. All’inizio del film si vede una giovane mamma in un filmato a colori chiedere ad un paffutello bambino biondo: “Chi sei?” “Io sono Kurt Cobain!“ risponde il bambino ridendo, mentre spegne la candelina del suo secondo compleanno. E’ uno dei video privati proposti in “Kurt Cobain: Montage of Heck” documentario diretto da Brett Morgen sulla vita di Kurt Cobain, il leader dei Nirvana morto suicida nell’aprile del 1994 a 27 anni. Italia è stato possibile vederlo solo il 28 e 29 aprile 2015. Peccato, perché è bellissimo. 



Chi era Kurt Cobain? I 132 minuti del film volano tra video amatoriali di concerti, di vita privata, foto, articoli e scene realizzate sotto forma di cartoni animati che raccontano vicende e stati d’animo narrati da Kurt nel suo diario personale. Il titolo del film prende il nome da un collage musicale del leader dei Nirvana effettuato con un registratore a 4 piste nel 1988. E’ possibile ascoltare qualcosa di questo collage in sottofondo ad alcune scene e rende l’idea di quanto Kurt concepisse la musica come ricerca e sperimentazione. Ci sono anche interviste, oltre alla madre e al padre di Kurt, alla sua prima fidanzata e a Courtney Love quella che diventerà poi sua moglie. Bella l’intervista a Krist Novoselic, bassista dei Nirvana. Dave Grohl, il batterista del gruppo, ha invece preferito non partecipare al progetto. 



Nel film c’è la musica dei Nirvana, come l’unica vera compagnia di un percorso personale di Kurt Cobain e non come la celebrazione del suo talento. Sia chiaro che il documentario non celebra Kurt come un mito del rock, anzi. 

Chi era dunque Kurt Cobain? Quell’autore che in un video intimo nella doccia la moglie Courtney paragona a Leonard Cohen e a Bob Dylan? Oppure altro? Dal film esce un profilo di una personalità difficile, che soffriva di lancinanti dolori allo stomaco e per il quale la musica “live” era l’unica cosa che lo faceva stare veramente bene. Kurt iniziò a fumare marijuana a partire dai 13 anni e poi a farsi di eroina a partire dai 21 per arginare le fitte di dolore nelle budella, ma dopo qualche anno anche l’eroina non bastava più per coprire il dolore allo stomaco. Dal film emerge che il dolore era si legato ad una alimentazione disordinata ma anche e soprattutto alle delusioni e alle umiliazioni. 



La prima e la più grande di queste fu il divorzio dei genitori quando Kurt aveva 9 anni. “In quel periodo” – racconta la madre – “nessuno divorziava” e per Kurt fu un trauma. Racconterà poi lo stesso Kurt in un’intervista del 1993 a John Savage: “Mi ricordo che per qualche ragione provavo vergogna. Mi vergognavo dei miei genitori. Non potevo più guardare in faccia alcuni dei miei amici di scuola, perché volevo disperatamente avere la classica, tipica famiglia americana. Una madre ed un padre. Volevo quella sicurezza, così per parecchi anni ho provato del risentimento nei confronti dei miei genitori”. l

Da lì in avanti, e passando per la nuova famiglia che il padre si costruirà in seguito, incominciò a sentirsi un disadattato senza casa. Sintomatico a questo proposito, il racconto di quando adolescente va a visitare una amica ritardata per cercare il suo primo rapporto sessuale, per non sentirsi più preso in giro dagli amici che per desiderio, ma scappa via dopo i primi impacciati approcci. 

Delusioni ma anche umiliazioni. E’ uno dei tratti su cui insistono nelle interviste sia la madre che Novoselic quando spiegano in modo deciso quanto Cobain odiasse essere umiliato. Probabilmente si è sentito profondamente umiliato, oltre che tradito, quando ha tentato il primo suicidio la notte tra il 3 ed il 4 marzo 1994, dopo aver sospettato di un tradimento di Courtney Love. Su questa vicenda nel film la vedova dice che  Kurt era ipersensibile ed aveva capito che lei voleva tradirlo e per questo avrebbe tentato di togliersi la vita. “Del resto  – dice – io sono poligama, lui invece era monogamo anche se io non l’ho mai tradito”.  

Quella notte Kurt ingerirà pillole di Rohypnol, un potente sedativo. Si tenga conto che il film è stato voluto da Courtney Love e che la produttrice esecutiva del film è Frances Bean Cobain, l’unica figlia di Kurt e Courtney. Magari Courtney non avrà mai tradito Kurt, ma agli occhi di chi scrive questo articolo l’intervista di Courtney ha tutto l’amaro sapore di un ormai superato senso di colpa e di una confessione a 20 anni dalla morte di Kurt. Il che spiegherebbe anche il perché di questo film. Edil film è bello proprio perché scava con crudezza nell’origine del talento di Cobain e, forse, nell’origine del grido del rock e di una generazione.  

Uno dei luoghi comuni sulle rock star è quello che richiama a sesso, droga e rock’n’roll. Già. Da questo punto di vista pare che Kurt col sesso non avesse un grande rapporto e che anzi cercasse una stabilità affettiva che i genitori non avevano saputo dargli. La droga, poi, era per lui diventata il più potente antidolorifico per i cronici problemi di stomaco diagnosticati più volte dai medici. La vita, con le sue complicazioni e le sue umiliazioni, ha fatto il resto nella mente e nel cuore di un genio ipersensibile per il quale suonare era l’unico momento in cui stava bene. 

Se c’è una cosa che esce chiara dal lavoro di Morgen è che il genio musicale di Kurt Cobain nasce da questa necessità di stare bene, di trovare una felicità ed un equilibrio che tutte le persone che gli stavano attorno hanno contribuito, volenti o nolenti, a disilludere. Fatemi solo aggiungere, anche se non emerge dal film, che senza quella rara quanto straordinaria contingenza storica che ha portato Seattle al centro del mondo della musica tra i primi anni ’80 e quel 5 aprile 1994 non ci sarebbero stati i Nirvana e magari Kurt Cobain sarebbe stato solo uno dei tanti disadattati della generazione X. Mi piace pensare che, con o senza il successo planetario dei Nirvana, il mistero attorno alla vita ed alla morte di Kurt Cobain ben rappresenti il mistero di una intera generazione, sospesa a metà tra le promesse non mantenute dei propri genitori e la ricerca di una irraggiungibile normalità che ha trovato nella musica la migliore espressione di una nostalgia di una felicità difficile anche solo da desiderare.  “Who are you Kurt Cobain?”. 

(Francesco D’Acri)