Che il più grande disco rock di tutti i tempi sia stato registrato nella capitale della musica country, considerata fino ad allora la musica dei bianchi reazionari del sud degli States, i cosiddetti rednecks, stupisce non poco. Nashville, fino a quei primi mesi del 1966 quando vi arrivò Bob Dylan con la sua corte di hipster, rocker e spacciatori per registrarvi appunto “Blonde on Blonde”, era stata la città della musica dei bianchi per bene, i difensori dei valori tradizionali, quei valori casa-famiglia-chiesa espressi appunto nella musica country. 



In realtà questa musica era nata per esprimere il disagio esistenziale di chi cercava di sottrarsi a questi elementi, come dimostravano le canzoni di Hank Williams, ma negli ultimi decenni questa musica un tempo vitale e appassionante si era sclerotizzata in una formula di successo per un mercato di persone di mezza età che cercavano solo distrazione. 



A Nashville però vivevano alcuni dei migliori musicisti da studio d’America e per questo motivo il produttore di Dylan, Bob Johnston, davanti all’impasse che aveva colto il cantautore, lo consigliò di affidarsi a loro. Dylan aveva già registrato con il chitarrista Charlie McCoy nel brano Desolation Row dell’album precedente, e accettò di buon grado. Il risultato fu uno dei dischi capolavoro della storia del rock, il primo doppio lp della storia, un esempio di collaborazione musicale di livello eccelso e soprattutto per niente country, anche se quel sentimento sonico si riesce a cogliere qua e là. Kenny Buttrey, Charlie Daniels, Wayne Moss, Charlie McCoy, Pig Robbins e altri ancora si dimostrarono così adattabili da permettere a Dylan di ottenere la giusta visione sonica per le canzoni straordinarie che stava componendo.



Da quel momento Nashville cambiò. Con lo sviluppo sempre più veloce e inarrestabile della musica rock, non fu più solo country, ma divenne country rock, anche se gli inizi non furono facili. I Byrds ad esempio, inventori del rock psichedelico, provarono a registrare anche loro qui, l’album “Sweetheart of the Rodeo”, ma finirono per essere considerati troppo hippie dal pubblico di Nashville e troppo reazionari per i frickettoni. Ma intanto qualcosa si era messo in moto: nuovi aspiranti cantautori che erano parte del movimento alternativo cominciarono a bussare alle porte della cosiddetta Music City, che insieme a New York, San Francisco e Los Angeles sarebbe diventata ben presto una delle capitali della nuova musica americana. 

Il crossover era cominciato e nomi come Kris Kristofferson, Johnny Cash, Merle Haggard avrebbero dato vita a una nuova Nashville, alternativa ma sempre fortemente legata alle sue radici. Qui sarebbero venuti a registrare anche rock star come Neil Young, Leonard Cohen, George Harrison, Joan Baez, Paul McCartney e tanti altri. Fino a quasi la fine degli anni 70 Nashville sarebbe stata terreno fertilissimo per una nuova entusiasmante musica. Con il passare degli anni purtroppo l’aspetto commerciale avrebbe di nuovo ripreso il sopravvento, generando star di cartapesta per palati facili, ma intanto la storia era stata fatta.

Un doppio splendido cd racconta tutto questo: “Dylan, Cash and the Nashville Cats; A New Music City” uscito in questi giorni, è la colona sonora di una mostra multimediale che è stata inaugurata a Nashville lo scorso marzo e che resterà aperta fino al 31 dicembre 2016. Esposta al Country Music Hal of Fame & Museum, godrà di eventi particolari come un concerto il prossimo 7 luglio.

Il disco è un compendio riuscitissimo pieno di chicche e rarità (ad esempio una versione inedita di If Not for You di Dylan), si apre giustamente con un brano da “Blonde on Blonde”, Absolutely Sweet Marie e si conclude con un estratto dallo show televisivo di Johnny Cash, Matchbox, eseguita da Eric Clapton, Cash e Carl Perkins. In mezzo i Byrds, Gordon Lightfoot, i Monkees, Kris Kristofferson, Cohen, Country Joe, George Harrison, Steve Miller, Neil Young, Joan Baez, Leon Russell e altri ancora. Un disco che è una pagina (doppia) di storia tra le più belle di quel grande libro del rock. Brani rari, in gran parte, oggi dispersi in discografie difficilmente rintracciabili specialmente in Italia, che permettono grazie alla pubblicazione nel nostro Paese a cura di Sony Legacy un compendio egregio di un grande momento della storia della musica moderna, ben 36 brani su due dischetti, perfetti per la colonna sonora di un viaggio estivo in automobile, e non solo.