L’Istituzione Universitaria dei Concerti (IUC) dell’Università la Sapienza di Roma è una dei principali istituti musicali della capitale. Non è antica come l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia o frutto di un cenacolo nobile della prima metà dell’ottocento come l’Accademia Filarmonica Roma, ma nasce nel fervore del secondo dopoguerra con l’obiettivo di portare ad un pubblico ‘colto’ – docenti e studenti universitari –  musica ‘colta’ italiana e straniera nella bellissima aula magna dell’ateneo dove sfoggia uno dei migliori ‘murales’ di Sironi. 



Dopo una prima, breve stagione “di assaggio”, nel 1945-46 l’IUC aveva già una struttura basata su tre piloni solidissimi, tre pianisti: Magaloff, Backhaus, Fischer. Negli anni successivi tornano Magaloff, Backhaus, Fischer, arrivò Cortot, arrivarono Kulenkampff, Menuhin, la De Vito, Busch, Fournier, Kempff nonché concertisti “nuovi” ma destinati a grandi carriere, come Géza Anda o Ciccolini. Con un bilancio molto modesto (e con prezzi dei biglietti alla portata di docenti e studenti) presenta ogni anno un cartellone ricco principalmente di cameristica internazionale.



Tra le anticipazioni per la stagione 2015-16, ci sono complessi ed artisti come l’Akademie für Alte Musik di Berlino , Jordi Sarvall & Hespérion XXI, Sara Mingardo con l’Accademia degli Astrusi, i London Brass, Ian Bostridge, Julius Drake, Yundi Li, l’Estonian Philarmonic Chamber Chorus. L’elenco potrebbe continuare, questa è solo un’indicazione dell’alta qualità dello IUC.

E’ in questo quadro, in un’Aula Magna occupata in ogni ordine di posti che la stagione 2014-15 è terminata il 26 maggio con un concerto/spettacolo di Peppe Barra e del complesso che dirige. Per molti aspetti Vurria Addeventare è una ripresa di uno spettacolo presentato a La Fenice di Venezia che Barra porta in tournée in numerosi teatri italiani e stranieri. Figlio d’arte, cresciuto sui palcoscenici, Barra appartiene a pieno titolo alla musica ‘colta’ per le sue attività, con Roberto De Simone e con la Compagnia di Canto Popolare, di riscoperta della ‘vera’ opera napoletana del Seicento e del Settecento. Un’opera napoletana molto differente dalla ‘scuola napoletana’ del settecento (ed inizio ottocento) quella presentata dal 2007 al 2012 da Riccardo Muti a Salisburgo dl Festival di Pentecoste (e successivamente proposta in circuiti italiani di ‘teatri di tradizione’. 



La ‘scuola’ proposta da Muti era composta principalmente da compositori pugliesi e calabresi, accumunati dal fatto di avere studiato nel maggior conservatorio napoletano; seguivano gli stilemi dei ‘drammi giocosi’ o delle ‘opere semiserie’ dell’epoca e guardavano alle opportunità fuori da Napoli e dall’Italia. 

Le riscoperte di De Simone e Barra riguardano l’opera per il grande pubblico che frequentava non il San Carla ma l’equivalente del viennese Theater am der Wien e voleva al temo stesso divertirsi e riflettere. Si pensi a La Gatta Cenerentola.Teatro in musica modernissimo tanto che un regista americano di grande raffinatezza come Lorenzo Mariani ed un direttore d’orchestra di spessore come Heinz Karl Gruber lo scelsero tra i protagonisti de L’Opera da Tre Soldi di Bertold Brecht e Kurt Weill quando ne allestì una produzione per la paludatissima Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

Ma veniamo a Vurria Addeventare. E’ un concerto in cui Peppe Barra e il suo complesso spaziano dallapulcinellate, a Cimarosa, a intermezzi di Cimarosa e di Piccini, a filastrocche popolari ed anche a songs di Bob Marley ed omaggi a Fabrizio dè Andre e a Peter Gabriel, nonché al Cunto de li Cunti di Giambattista Basile. Musica molto più sanguigna e molto più appassionante di quella della ‘scuola napoletana’ di Muti.

Ciò spiega l’entusiasmo, gli applausi e le vere e proprie ovazioni durante lo spettacolo ed al suo termine.