Grazie ai finanziamenti straordinari ed alle ristrutturazioni organizzative e finanziarie, previste dalla Legge Bray, numerosi teatri che sembravano disarcionati si stanno rimettendo in sella. Il caso più clamoroso è quello del Teatro dell’Opera di Roma alla cui svolta la Rivista Musica dedica diverse pagine e di cui si è interessata anche la stampa estera. Un miliardario malese di etnia cinese ha donato un milione di euro al  Teatro dell’Opera  come segno tangibile della propria partecipazione al riassetto. Per la settimana entrante, il Teatro Massimo di Palermo ha annunciato la presentazione alla stampa delle specifiche del proprio risanamento in corso.



L’attenzione ai ‘grandi teatri’ in risanamento non deve , però, distrarci da esaminare i ‘piccoli’ teatri che funzionano bene grazie ad un oculata strategia manageriale. Uno di questi è il Teatro Pergolesi di Jesi (che ha ricevuto il ‘Premio Abbiati’) per avere presentato, in occasione dei trecento anni dalla nascita del compositore jesino, l’opera omnia del musicista (con la collaborazione dello stesso Claudio Abbado) ; i lavori sono stati registrati dalla Unitel e si vedono , oltre che su DvD, sulle maggiori televisioni di tutto il mondo. Da nove anni chiude i bilanci con un leggero attivo per ciascun esercizio.



Il fulcro della strategia è la coproduzioni con teatri italiani e stranieri. Ad esempio la prossima stagione lirica comprende sette titoli (due al Teatro delle Muse di Ancona – ad appena trentotto chilometri collegati con navette) tutti in coproduzione. La più importante è il Don Pasquale di Donizetti (con scene costruiti nei laboratori del Teatro Pergolesi) e co-prodotto con i quattro teatri del circuito lombardo (Bergamo, Como, Cremona, Pavia) e ben sei teatri francesi (Clermont-Auvergne, Saint-Etienne,Limoges, Avignon, Massy, Reins, Rouen, Vichy). Inoltre, Nabucco di Verdi è una joint venture con Tenerife, Modena e Reggio Emilia, Le nozze di Figaro di Mozart con la ‘Bottega Maag’ di Pesaro e La vedova allegra di Léhar uno sforzo comune con Salerno. Un modo intelligente per avare buona qualità a costi contenuti per ciascun teatro.



La Fondazione Pergolesi Spontini di Jesin riversa nella sola provincia di Ancona circa il quadruplo di ogni euro di finanziamento pubblico ricevuto; solo nel 2012, a fronte di finanziamenti pubblici pari a circa 2,1 milioni di euro, si stima che il complesso delle attività dell’azienda culturale di produzione e servizi per il territorio ha generato un impatto di 3,65 volte superiore al valore iniziale, per un impatto economico generato totale di € 7.702.290. Un risultato che colloca la Fondazione tra gli esempi più virtuosi in termini di rapporto tra finanziamenti pubblici e reddito autogenerato.

E’ quanto emerge dal Rapporto di ricerca “Analisi dell’impatto economico e occupazionale delle attività della Fondazione Pergolesi Spontini,  2013” curato dal prof. Guido Guerzoni, docente di economia e management dei beni culturali presso l’Università “L. Bocconi” di Milano. I dati raccolti (relativi alle attività nell’anno 2012) sono stati analizzati e rielaborati attraverso un software appositamente implementato adattando al caso specifico della Fondazione il modello americano definito Money Generation Money.

La valutazione degli impatti e del ruolo economico, occupazionale e sociale è al centro inoltre del Bilancio Sociale una preziosa banca dati che nella sua ottava edizione conferma lo stile gestionale dell’ente culturale, caratterizzato da un assetto organizzativo aziendale, sostenibilità economica, concreta attenzione ai bisogni del territorio, internazionalizzazione. 

Il Bilancio Sociale fotografa 12 mesi di attività teatrale ed organizzativa ininterrotta, sia nel territorio di riferimento che in ambito internazionale, ed un risultato economico per l’ottavo anno consecutivo in pareggio nonostante la netta contrazione delle risorse pubbliche e private a disposizione.