I Burlap to Cashmere sono una folk rock band di New York salita alla ribalta nel 1998 con l’uscita del primo album Anybody Out There? a cui è seguita, per alcuni anni, un’intensa attività concertistica. All’apice del loro successo, quando ci si attendeva l’album della consacrazione, sono spariti, scomparsi, svaniti nel nulla. Andando a spulciare nella biografia della band scopriamo che alla loro uscita di scena certamente ha pesato il terribile incidente stradale che ha coinvolto il chitarrista John Philippidis e che lo ha costretto ad una lunga riabilitazione. Steven Delopoulos, cantante, chitarrista e songwriter, nonché cugino di John, invece ha continuato nel mondo della musica e ha pubblicato un paio di dischi solisti, mentre il batterista Theodore Pagano ha “ingannato il tempo” come interior designer.



Poi con grande sorpresa nel 2011 i Burlap sono tornati. A quanto sembra per rimanere visto che, dopo l’album Burlap to Cashmere di quattro anni fa, proprio in questi giorni è in uscita il nuovo Freedom Souls, già disponibile da qualche settimana  in esclusiva ai soli Pledgers (ovvero i fan della band) della piattaforma musicale PledgeMusic (una sorta di fundraising simile al ben più noto Kickstarter) che hanno potuto beneficiare dell’ascolto in anteprima.



Il loro sound raccoglie aspetti folk e acustici sapientemente mischiati con il flamenco e i suoni popolari della Grecia, terra dei loro padri. Un’ampia diversità di stili che richiamano in parte a Simon & Garfunkel, James Taylor e Cat Stevens e in cui si ritrovano in parte i suoni di quello che sarebbe diventato poi lo stile distintivo dei Fleet Foxes e soprattutto dei Mumford & Sons. Ma in questo caso i B2C sono arrivati prima.

Un’altra particolarità è che i Burlap to Cashmere sono una band che non ha paura di dichiararsi cristiana. In Freedom Souls i testi di molte canzoni sono ricchi di riferimenti biblici e di tematiche legate alla fede: in Passover si parla dei timori legati alla spiritualità e di speranza; in 16 Miles si descrive un cammino di fede; in Brain Fog si invoca e si prega il Pradreterno e in Agape Mou l’amore di Dio.



Ho avuto l’opportunità di intervistare il leader della band Steven Delopoulos per parlare del nuovo album, della loro storia e della fede cristiana che ha caratterizzato il loro modo di fare musica in tutti questi anni.

Ad inizio duemila siete spariti per una decina d’anni. Che cosa avete fatto nel frattempo? Volendo citare “C’era una volta in America” siete andati a letto presto?

Ping Pong. Il Ping Pong è diventato la mia passione e ho lasciato la band per andare a giocare in Cina. Nel frattempo ho fatto anche un paio di dischi da solo.

Dopo tredici anni è uscito Burlap to Cashmere. Ora dopo soli quattro un nuovo album. Siete di passaggio o siete tornati per starci?

Sì certo. Fintanto che i nostri fan lo vorranno, noi ci saremo.

 

Raccontaci qualcosa del nuovo Freedom Souls. Com’è nato?

I momenti creativi non sono così frequenti. Bisogna fare in modo che si ripetano il più possibile prima che muoiano. Avevo scritto parecchie canzoni pertanto abbiamo pensato che fosse giunto il momento di fare un nuovo album. Alla fine abbiamo trovato anche il modo giusto per farlo.

 

Freedom Souls mi piace. Personalmente preferisco le canzoni più veloci, quasi Country, come I Will Follow, The Great I Am e The River in my head ma ho apprezzato anche le canzoni più riflessive come Passover e Dialing God… senza dimenticare poi Agape Mou che è una delle mie preferite… Come avete fatto a combinarle insieme?

Il nostro processo è stato molto semplice. Ho scritto una manciata di canzoni che erano già pronte per essere incise e questa combinazione già suonava bene. Tendiamo a procedere sulla base del nostro intuito e anche per questo album non ci sono state eccezioni. 

 

Chi sono le Freedom Souls del titolo?

Ogni anima del creato.

 

Cosa rappresenta la copertina dell’album?

Un nostro caro amico, Peter Zaharatos, ha creato la cover. Ci piace dire che ha una profondo significato mitologico derivante da una antica architettura Greca.

 

Siete nati come trio? Per esempio in I Will follow in quanti suonate? Sembra una band di parecchi elementi!

Abbiamo avuto diversi grandi musicisti che hanno lavorato con noi in questo album. Oltre al sottoscritto, Johnny Philippidis, Theodore Pagano, Roby Guarnera e molti altri. Inoltre Johnny ha suonato molti altri strumenti che si possono cogliere nell’ascolto.

 

Sei un Cristiano Greco Ortodosso, non hai mai nascosto la tua fede. Non temi di essere “discriminato” o di essere confinato ad una musica di genere?

Onestamente non credo che molta gente presti attenzione ai testi. E poi ogni individuo interpreta i testi a proprio piacimento. Se la melodia è valida come cantautore puoi dire quello che vuoi.

 

Nei vostri dischi precedenti i testi sono pieni di riferimenti biblici. È lo stesso in Freedom Souls?

Oh certamente, sono dappertutto in questo disco. Persino di più che nei nostri due precedenti. In passato c’erano parecchie persone al di fuori della band che avevano voce in capitolo su cosa dovesse andare nei dischi. Questa volta c’ero solo io, pertanto non ci sono stati filtri esterni che mi dicevano cosa dire o cosa non dire. È stato davvero liberante.

 

In che maniera la tua fede influisce nel modo di scrivere e suonare la tua musica?

La mia fede si intreccia in ogni cosa. È parte integrante di quello che sono: la mia ispirazione e il mio intelletto si fondono molto naturalmente nel processo creativo.

 

Suonerete al Christian Music day a Charlotte il 26 settembre. Di cosa si tratta?

È un festival che si tiene nel Nord Carolina. Condivideremo il palco con diversi artisti come Toby Mac, LeCrae e molti altri ancora. Non vediamo l’ora di andarci.

 

Come vi è venuto in mente di utilizzare PledgeMusic per realizzare il nuovo album? 

Non avevamo voglia di andare con un’altra etichetta questa volta. Abbiamo avuto davvero tante brutte esperienze con le etichette prima della realizzazione del disco. Fare un album con i fan è stato così affascinante, davvero una bella esperienza.

 

Siete rimasti sorpresi dal successo di band come i Mumford & Sons? Eppure voi siete arrivati prima…

Siamo spesso paragonati ai Mumford & Sons ma in realtà siamo band completamente diverse. I Mumford and Sons fanno una musica molto particolare e tra l’altro lo fanno molto bene. I Burlap to Cashmere invece sperimentano diversi stili molto differenti tra loro e credo che lo facciano comunque bene!

 

Che musica stai ascoltando e qual è stata la tua fonte di ispirazione?

Johann Sebastian Bach è una fonte costante di ispirazione per me. E lo è sempre stato.

 

Avete in previsione di venire anche in Italia a promuove il nuovo album?

Vorremmo suonare in Italia. È in assoluto uno dei nostri posti preferiti al mondo dove suonare. Comunque al momento non c’è nulla di fissato. Anzi se qualcuno fosse interessato a farci suonare ben venga, è possibile contattare il nostro agente. Ci farebbe davvero piacere tornare.