“Primavera is fifteen” era lo slogan che si poteva intravedere dovunque in questa edizione del festival. Già, il famoso Primavera Sound ha compiuto quindici anni e da allora si è trasformato in uno dei più importanti appuntamenti europei per la musica rock dal vivo. 

Non proprio tutta la musica rock, a dir la verità: il Primavera ha da sempre avuto la nomea di un festival “indie” (lo ripeto, questa parola per me ha poco senso ma la si continua ad usare in questi contesti quindi, per capirci, usiamola anche noi). Nel senso che il cast è sempre composto da band di piccole-medie dimensioni, in termini di notorietà. Tanti esordienti, tanti nomi di culto, alcuni alle prese con qualche reunion, qualche next big thing e alcune celebrità. Per intenderci, quest’anno le attrazioni principali erano gli Strokes, i Black Keys e gli Alt J, oltre ad una clamorosa partecipazione dei riformati Ride. Ecco, non esattamente gente che riempie gli stadi ma comunque sufficientemente grandi da far parlare di sé.



Per tanti italiani il Primavera, come anche altri happening di questo tipo in giro per l’Europa (Glastonbury ed End of the Road in Inghilterra, Pitchfork in Francia, giusto per citare i più conosciuti) sono da anni diventati una meta di pellegrinaggio. Troppo arretrato il nostro paese, anche musicalmente parlando, per poter organizzare manifestazioni di questo tipo: dai tre ai cinque giorni in una location isolata, piacevole e tranquilla, dove poter assistere ai concerti di centinaia di band di qualunque genere e provenienza, in modo da poter soddisfare anche le orecchie più esigenti e raffinate.  



Quest’anno sono finalmente riuscito ad andarci anch’io. Quello che segue è dunque un racconto, per forza di cose sintetico, di quello che ho visto e fatto in questi cinque giorni complessivi nel capoluogo catalano. 

La location

Giusto partire da qui. Il Primavera Sound si svolge al Parc del Forum, nella zona della Diagonal Mar. Si tratta di una tranquilla zona residenziale a poche fermate di metro dal centro della città, affacciata sul mare (le spiagge sono a meno di un chilometro) e nel complesso ampia e tranquilla. In questa area enorme, la cui capienza è stata limitata a 50mila persone per renderne possibile la vivibilità (quest’anno comunque c’era meno gente del previsto, a detta degli organizzatori) è stato collocato tutto ciò di cui c’è bisogno per un festival di questo tipo: sei palchi principali, altri tre di dimensioni ridotte per gli eventi minori, stand gastronomici e commerciali, servizi igienici, ecc. 



Uno spazio ideale, sufficientemente vario e dispersivo, che fa sì che code, resse e affollamenti siano limitati al minimo. A meno che non ci sia qualche nome davvero importanti su uno dei due palchi più grandi (denominanti Heineken e Primavera), le condizioni di fruibilità dei concerti si mantengono sempre in una fascia che va dal “comodo” all'”accettabile”. E la stessa cosa la si può dire tranquillamente per quanto riguarda il mangiare, il bere o il fare i propri bisogni. 

I servizi

Come dicevamo sopra, è proprio impossibile lamentarsi. Appena entrati si viene accolti da un gigantesco stand sponsorizzato dalla famosa label britannica Rough Trade, nel quale è possibile acquistare tutto il merchandising collegato al festival: dalle magliette alle borse col logo Primavera Sound, ai cd e alle maglie di tutti i gruppi presenti. I prezzi non sono propriamente economici (specialmente per i capi d’abbigliamento) ma in qualche caso è possibile portare a casa cd ad un prezzo minore di quanto venga venduto da Amazon. In ogni caso, non si sta parlando di un luogo da shopping selvaggio. 

C’è poi una via interamente dedicata ai vinili e alle magliette. Non ci ho dedicato troppo tempo, intento com’ero a correre da un palco all’altro per i vari concerti, ma abbastanza da poter dire che anche qui, era difficile fare l’affare della vita. 

Mangiare e bere non è un problema: c’è un’intera via dedicata al cibo, con panini, hamburger, kebab, patatine, pizze e stand di prodotti a chilometro zero ma tanti altri punti di ristorazione sono disponibili quasi in ogni angolo del Forum. Prezzi variabili ma in ogni caso mai troppo alti, con un’offerta davvero per tutti i gusti. Quest’ampia disponibilità di scelta garantisce poi che non ci siano quasi mai code: a meno di contingenze sfortunate, nutrirsi all’interno del festival non richiede mai più di mezz’ora. 

Bere è un po’ più complicato: cominciamo col dire che non è previsto portare alcun tipo di bevanda all’interno. Niente spedizioni al supermercato alla ricerca di bottiglioni d’acqua da un litro e mezzo, dunque. Se si ha sete, si è costretti ad acquistare le bottigliette d’acqua naturale in vendita a due euro l’una. Fortunatamente sono stati tre giorni non particolarmente caldi (alla sera la felpa era d’obbligo) e quindi non si è rischiato di andare sul lastrico. 

Vero che c’è anche la birra: stand della Heineken sono sistemati in grandi quantità presso ogni palco ma qui la ressa è spesso notevole, complice anche delle “bariste” non sempre molto efficienti (abbiamo provato a stare quaranta minuti fermi al bancone, poco prima del concerto degli Strokes, con solo una manciata di persone in attesa davanti a noi) e poi i prezzi non sono popolarissimi (5 euro una birra media, una cifra onesta ma comunque non bassa). Molto meglio allora ripiegare sulla imprescindibile RedBull, consigliatissima soprattutto a chi non volesse perdersi i live dalle due del mattino in avanti. 

 

Il planning

Ecco, questa è la nota dolente. Perché se state pensando: “Ottimo, un festival con un sacco di gruppi, me ne starò qui seduto sull’erba ad aspettare che passino tutti e mi guarderò bene quelli che mi interessano.” siete già fuori strada. In un evento del genere, con nove palchi in totale (dieci, se contiamo anche l’auditorium) e più di cinquanta band a giornata, tante band suonano in simultanea ed è quindi assurdo poter pensare di vedere tutto. Si verifica dunque un fenomeno che anch’io ho capito a mie spese: il vero giorno atteso da tutti non è quello in cui viene comunicata la line up del festival (di solito tra gennaio e febbraio) bensì quando vengono resi noti i giorni, gli orari e i palchi in cui si esibiranno i vari artisti (tra fine aprile e inizio maggio). È qui infatti che si assiste a tanti piccoli drammi: “I miei due artisti preferiti suonano lo stesso giorno allo stesso orario. Adesso che faccio?”. 

Cose del genere sono all’ordine del giorno. Naturale dunque che serva un minimo di pianificazione strategica: una piantina dell’area con l’orario e il luogo di esibizione di ogni singola band è disponibile all’ingresso, ma è bene pensarci qualche giorno prima, per evitare sbattimenti inutili. C’è un’app molto bella e funzionale, scaricabile gratuitamente da iPad o smartphone, che aiuta e rende molto agevole questa operazione. 

I criteri di decisione, poi, ciascuno se li da da sè: normalmente, in caso di sovrapposizioni, sarebbe conveniente optare per l’artista o la band che si è vista meno dal vivo, o quella che non si vedrà mai in Italia, rinunciando magari volentieri a qualcuno che si sa che suonerà a pochi chilometri da casa nostra la settimana dopo. 

Nel mio caso, giusto per fare un esempio, ho lasciato andare Sun Kil Moon e Damien Rice, ma avevo la sicurezza che li avrei visti a breve in Italia. Non si poteva dire la stessa cosa per i The Replacements, che hanno in programma solo tre date in Europa. 

Per non parlare poi del fatto di poter usufruire di un’altra splendida iniziativa: mercoledì e domenica (il giorno prima e il giorno dopo del festival), alcuni famosi locali del centro ospitano concerti di alcune delle band presenti alla rassegna, che sono riservati a chi è in possesso dell’abbonamento di tre giorni. Un’ottima occasione per recuperare qualcuno che altrimenti non si sarebbe potuto vedere, come a me è accaduto con Viet Cong e Torres. 

E poi bisogna anche considerare le pause: i trasferimenti da un palco all’altro possono anche essere lunghi (anche quindici minuti, se gli stage sono situati in punti opposti del Forum e la gente è tanta) e poi bisogna anche mangiare, bere, andare in bagno e riposarsi. Si suona ininterrottamente dalle 17 alle 5 del mattino e se uno volesse sempre per forza di cose vedere qualcosa ad ogni fascia oraria, riuscirebbe a malapena a cenare (mi è accaduto, per eccesso di zelo, il secondo giorno). 

Tutto questo per dire che sarebbe meglio non andare lì a caso, ma decidere bene come si vuole utilizzare il proprio tempo. 

 

Il pubblico

Date le dimensioni e l’importanza dell’evento, la gente arriva da tutta Europa, qualcuno anche da fuori. Tanti gli spagnoli, che sono probabilmente la maggioranza, ma anche tantissimi inglesi, francesi e tedeschi, oltre e a svedesi, norvegesi, olandesi, ecc. Gli italiani sono circa un migliaio, o forse di più, non ho dati precisi alla mano. Sta di fatto che è praticamente impossibile non sentire parlare almeno una volta nella nostra lingua, assistendo ad uno show o semplicemente passeggiando per il Forum. 

Età media tra i 35 e i 40 anni ma anche tantissimi ventenni e qualche signore più attempato. Molte le carrozzine e tanti bambini piccoli con le cuffione in testa, portati in spalla da mamma e papà. Ce n’è per tutti i gusti, insomma, come del resto dice il programma musicale che ogni anno viene messo in piedi. 

Ovviamente, non tutti sono uguali: si tratta di un festival e questo forse per noi è difficile capirlo, ma ad un festival le band sono importanti fino a un certo punto: si va per l’atmosfera, per la celebrità dell’evento, per stare con gli amici. I concerti si guardano, ma non per forza dall’inizio alla fine, non per forza in silenzio. Ecco, quella parte del pubblico che ragiona così è la più fastidiosa per chi vuole godersi i concerti: parleranno con l’amico a due centimetri da voi e vi distrarranno inevitabilmente da quel che sta accadendo sul palco. Ragion per cui i palchi più grandi, alle ore in cui si esibiscono gli artisti più famosi, sono da evitare. Se proprio non si può rinunciare ai propri idoli, occorre arrivare prima e prendere posto nelle prime file. Più avanti si va, più è raro farsi disturbare da gente che è lì per caso. 

C’è comunque anche una larga fetta di pubblico che è sinceramente appassionata e interessata, che pianifica con cura i live set da vedere e che inganna l’attesa dissertando della performance di quello, dell’ultimo disco di quell’altro, di come quelli stavolta non li vedrà perché sono diventati troppo famosi, ecc. 

Insomma, è anche un bell’universo umano e chi fosse appassionato e curioso dell’altro potrebbe trovare davvero materiale interessante con cui intrattenersi. 

 

(Fine prima parte)