Solo chi è nato in una città di mare può capire quanto il mare sia importante per chi ci vive o ci ha vissuto accanto. Diventa un elemento costante, una compagnia, una presenza muta che apre il cuore di chi lo osserva e di chi ci nuota dentro. Pure oggi, che come tutto il resto, anche il mare è diventato un fenomeno di massa, di maleducazione,  e che viene brutalmente maltrattato.



Il mare ha abbracciato Adriano nei suoi ultimi momenti e lo ha preso con sé, lo ha tenuto nei suoi ultimi istanti e lo ha portato al Mare dell’eternità. Quella mattina aveva fatto uno spettacolo per bambini, uno dei tantissimi fatti in quasi quarant’anni di passione per il mondo dei clown. Poi era andato a fare la colletta alimentare per i meno fortunati e quindi aveva deciso di fare un tuffo nel suo mare. 



Adriano, Drai come lo chiamavano i suoi amici più cari oppure quando entrava in scena, si era dedicato incessantemente al mondo dei clown, declinato soprattutto per i bambini. Forse perché anche lui era rimasto sempre un bambino, con lo sguardo pieno di stupore e la voglia di ridere, proprio come i bambini. 

Era cominciato tutto in quartiere disagiato alla periferia di Lavagna, a pochi chilometri dalla sua città, Chiavari, nel 1976. Insieme a lui l’amico di una vita intera, Maurizio, detto Miro. Lo spettacolino si chiamava “Il mago Mirompi e l’ipnosi”. Da lì Drai e Miro non si sarebbero più fermati, fondando una compagnia di spettacolo, i Menditanti, che si sarebbe esibita su e giù per tutta Italia. Insieme a loro tanti amici che condividevano questa bellezza.



Perché, come ricorda Miro, Adriano aveva dato il cuore alla bellezza: “Era un agente della bellezza, un appassionato della bellezza, un testimone della bellezza: amava le cose belle, amava far le cose bene, amava raccontarle e invitare tutti a conoscerle (e riconoscerle)”.

Ed era un artista. Clown per passione, artista della ceramica per professione (ma anche musicista, bravissimo suonatore di armonica a bocca). Non si accontentava mai di quello che faceva: “Nel suo lavoro era preciso, fantasioso, quasi maniacale nel cercare la perfezione. Recentemente aveva ricevuto un ordine consistente per i regali di Natale, e mentre tutti noi cercavamo di impacchettare il tutto per consegnarli per tempo, lui guardava i suoi pezzi, trovava delle imperfezioni, dovute al fatto che erano tutti pezzi fatti a mano e li avrebbe voluti rifare anche se non c’era tempo. Faceva sempre a “botte” con i tempi di consegna, qualche bomboniera di matrimonio l’ha consegnata al battesimo del primo figlio (quasi). Non era mai contento del pezzo, lo rifiniva in continuazione finché non raggiungeva la “sua” bellezza” racconta Miro. Il tornio era la sua vera passione:  vederlo lavorare sembrava di partecipare alla creazione. La terra si modellava sotto le sue mani e se aveva del pubblico, bambini o adulti, spiegava che spostando le dita il pezzo si modificava e tutti rimanevano affascinati. 

Poi lui dava dei colpi con le dita per svirgolare i pezzi, farli uscire dalla perfezione, come se fosse un errore e  il pezzo bello diventava bello in modo diverso, unico, “difettoso” come ognuno di noi e quindi bello perché guardato con un occhio che esaltava la vera bellezza, perché plasmato con una volontà di bellezza. Tra le sue tante opere, vale la pena ricordare un bassorilievo con il volto di don Luigi Giussani che si trova oggi nella città di Rapallo.

Non era stato tutto facile nella sua vita: l’impossibilità di avere dei figli soprattutto. Forse per quello amava tanto stare con i bambini, come quell’ultima mattina. I bambini lo sentivano simile a loro, non perché lui li scimmiottasse, ma perché era pieno di stupore e aveva un cuore aperto come loro. 

Nelle ultime settimane Adriano e Miro avevano portato un loro spettacolo al Teatro Rosetum di Milano, dove avevano lasciato a bocca aperti tutti, frati compresi. Al Meeting di Rimini se lo ricordano ancora sfrecciare tra i padiglioni con i pattini e il naso rosso da clown e un paio di ali piccine sulla schiena, un angelo clown. L’amico Carlo lo ricorda così: “L’uomo più sereno del mondo ora suona l’armonica in Cielo. E vola con le sue piccole ali. Perché, come gli angeli, si è sempre preso alla leggera”.

Quel pomeriggio di fine giugno si è infine lasciato abbracciare dal mare. Forse era stanco anche lui, dopo una vita così intensa. Forse era semplicemente pronto a incontrare definitivamente  quel Gesù che aveva incontrato da ragazzo nella compagnia di amici di CL. Forse il mare lo stava chiamando. Per quelle incredibili svolte del Mistero che nessuno sa prevedere proprio perché non le disponiamo noi, due mesi prima in quello stesso angolo di mare se n’era andato anche il fratello maggiore. Forse quel pomeriggio sugli scogli c’era lui che gli sorrideva e lo invitava ad andare insieme da Gesù. La vita non ci appartiene, ci è donata e poi richiesta indietro. Adriano ha detto semplicemente di sì come sempre nella sua vita e si è lasciato abbracciare dal mare. Sicuramente stava sorridendo, pensando a qualche nuova gesta clownesca.

Dice Miro: “Adesso tenere dietro a questa sua nuova improvvisazione sarà arduo. Ma vorrei imparare a dire sì come lo ha fatto sempre lui e a dire a tutti perché il cuore anche in questo lancinante dolore vede la letizia. Ho fatto 39 anni di storia con lui e la storia non finisce qui”.